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Portico

Messaggioda Tisifone » 29/08/2013, 9:49

Sempre pronta a difendere la propria famiglia, Tisifone non ci avrebbe pensato due volte a schiantare chiunque avesse avuto la malaugurata idea di parlar male di uno dei suoi padrini, anche e forse soprattutto di Demetri che era quello, dal suo punto di vista, che andava maggiormente difeso dalle cattiverie del mondo. Questo perché, alla luce della vita riservata che tutti e tre conducevano e delle inclinazioni oscure di quest’ultimo, solitamente i commenti velenosi provenivano da perfetti sconosciuti o quasi che si divertivano a sputare veleno solo per il gusto di farlo. Lucas però non era uno sconosciuto, era stato il suo compagno, l’uomo con cui aveva condiviso molti se non proprio tutti i suoi segreti, tra cui le luci e le ombre della sua famiglia. I suoi commenti sul Pozionista quindi, anche se non proprio gratificanti, erano frutto di una attenta riflessione, maturata nel corso del tempo ed espressi non con l’intenzione di ferire ma di proteggere e questo li rendeva preziosi perché difficilmente la donna riusciva a essere completamente obiettiva quando si parlava dei suoi padrini.

Credo mi sarebbe molto difficile farne a meno. So che può suonare... ipocrita, detto da me, ma non voglio che qualcuno ti faccia del male, e sai come la penso sugli "interventi" di Demetri, perciò...

Ondeggiò leggermente la testa, gli occhi che roteavano e le labbra atteggiate a una piccola smorfia, espressione quella che indicava come non solo comprendeva esattamente cosa l’altro volesse intendere ma anche che non poteva, neanche volendo, dargli torto. Sorvolò sul suo autodefinirsi ipocrita perché quello era un terreno pieno di incantesimi oscuri che non sapeva come affrontare. Ma poi il suo desiderio di proteggerla davvero contrastava con il dolore che le aveva inflitto lasciandola? Alcune settimane prima avrebbe risposto di si senza remore, ma adesso che riusciva a vedere le cose con più chiarezza non aveva alcuna risposta secca e sicura da darsi. L’unica certezza che aveva era che Turner doveva stare il più lontano possibile da Demetri.

In realtà mi stupisce molto che lui e Asher non siano venuti personalmente da me per incenerirmi, trasfigurarmi in uno struzzo o qualcosa del genere... me lo meriterei.

Fossi in te non canterei vittoria così facilmente – confessò Tisifone pacata, con il tono di voce di chi si aspettava una qualche catastrofe che non poteva in alcun modo impedire – Per adesso sono entrambi concentrati sullo studiare a fondo le modalità con cui è avvenuto… l’incidente e poi uno dei motti della mia famiglia è “la vendetta è un piatto che va servito freddo”.

Un avvertimento chiaro quello della donna ma non minaccioso e dalla luce di determinazione che le brillava negli occhi era facilmente intuibile che se uno dei due uomini avesse superato il segno se la sarebbe dovuta vedere con lei. Da tutta l’autoanalisi che aveva fatto in quelle settimane era infatti giunta alla conclusione che se non erano riusciti a superare il primo vero ostacolo che il Fato aveva posto sul loro cammino allora il sentimento che li legava, per quanto vero, non era così forte e puro quanto credevano, a discapito di quello che le urlava il suo cuore ferito. E di questo non poteva farne una colpa all’ex compagno che anzi si era dimostrato più forte e lucido di lei ponendo fine alla loro storia prima che essa si trasfigurasse in una grottesca imitazione della perfezione che avevano vissuto fino a quel momento. Passati il dolore, la rabbia, l’angoscia, quello che era rimasto erano solo i bei ricordi, il senso di sicurezza e protezione che la presenza dell’uomo le dava e che la stavano spingendo a tentare di recuperare un qualche rapporto con lui, oltre ovviamente all’attrazione fisica basata non solo sulla bellezza innegabile di Lucas ma anche sulla conoscenza reciproca dei loro corpi che sembravano ancora rispondere agli stimoli esterni come se fossero una coppia. E a riprova di questo il cuore di Tisifone prese a battere molto più velocemente quando vide comparire sul viso dell’altro quel sorriso sghembo che aveva fatto capitolare il suo cuore e che tanto l’aveva fatta soffrire quando era stato rivolto ad altre. Istintivamente gli angoli della sua bocca si inarcarono all’insù e per un secondo fu come se nulla fosse cambiato e quella sensazione generò in lei non un’ondata di rabbia o tristezza bensì di dolce malinconia che sparì poco dopo quando si ritrovò a parlare per sommi capi di Noah. Sconvolta dal tumulto di sensazioni nuove e impreviste che stava provando in presenza di Lucas, Tisifone non collegò gli amici americani del docente con il suo Master Teacher, e questo forse fu un bene perché quello non era decisamente il momento più adatto – se mai ce ne fosse stato uno – in cui scoprire che il proprio ex era molto amico dell’uomo con cui aveva una “non relazione”. Anche se i due in alcune cose si somigliavano, come l’apprezzare l’abbigliamento babbano e informale che lei indossava e non il non avere peli sulla lingua, dote quest’ultima che finiva ancora per prenderla alla sprovvista.

Perché, avrei forse qualche chance, signorina Samyliak?

Hummm… mi faccia pensare… - mormorò divertita e spontanea, ignorando il suo cuore che, dopo aver ripreso a battere normalmente, sembrava aver deciso di fare un’altra corsa all’interno del suo petto. Probabilmente quella reazione, come altre, non sarebbero sparite così semplicemente, e lei non aveva alcuna intenzione di perdersi quei momenti spensierati solo per cercare di comprenderne il perché o il cosa avrebbe implicato. Fece quindi un passo indietro, posando la guancia destra sul palmo della mano e sostenendo il gomito con il braccio sinistro, rivolgendo uno sguardo critico alla figura dell’uomo – La sua aria da bravo ragazzo induce pensieri cattivi e non sembra messo per niente male … peccato per quei rotolini lì…

Indicò con un cenno del capo le pieghe della camicia sotto cui sapeva perfettamente si nascondesse un ventre piatto e dei fianchi appetitosi. Stava per allungare la mano per tentare di fargli il solletico, in una delle tante variante delle schermaglie amorose che li aveva visti in passato protagonisti, quando si ricordò che ormai non stavano più insieme e quindi non poteva prendersi certe libertà, soprattutto quando non sapevano ancora cosa fossero. Amici, conoscenti, semplici colleghi? Lasciò immediatamente cadere le braccia lungo i fianchi, il viso in fiamme e gli occhi bassi, il labbro inferiore martoriato tra i denti, a nascondere un’espressione colpevole. L’aveva provocato, spontaneamente ma non intenzionalmente, e temeva di aver esagerato, di avergli dato l’impressione sbagliata. Per quanto una parte di lei non disdegnasse un contatto più approfondito con il docente di Trasfigurazione sedurlo intenzionalmente non era più una sua priorità. Fu per quel motivo che gli propose una via di fuga, la possibilità di svolgere la ronda insieme a qualcun altro e quando lui rifiutò, offrendole la sua giaccia, Tisifone tirò un profondo sospiro di sollievo. Tutto quello che era accaduto tra loro in quei minuti però l’avevano scombussolata non poco, dandole la speranza che fosse possibile per loro creare qualcosa dalle ceneri del loro rapporto. Così mentre si immergevano nel silenzio confortante della notte la donna tentò di mettere ordine nei propri pensieri per poter articolare un discorso chiaro e sensato, ma alla fine fu costretta ad arrendersi, decidendo di lasciarli fluire liberamente. Poteva essere un azzardo, certo, e per quello strinse con maggior forza il braccio di Lucas, rimanendo in tensione fino a quando non lo avvertì ricambiare la sua stretta, confermando il suo desiderio di restare lì con lei e ascoltare quello che aveva da dire, anche se di senso ne aveva poco.

Non ti so rispondere.
Ero preparato a sentirmi strano, a disagio, nel rivederti, ero preparato ad essere distaccato per come ci eravamo salutati, ero preparato persino a sentire il desiderio di te, perché certi istinti non sono semplici da reprimere... ma non ero preparato a poter parlare, sorridere e scherzare con te in modo così naturale, come se fosse così da sempre.


La confusione, il desiderio, il non sapere cosa stava accadendo né perché erano le stesse sensazioni che Lucas avrebbe potuto facilmente leggere negli occhi di Tisifone, fissi nei suoi. D’altronde le parole di lui erano state la sintesi perfette del caos che albergava in lei.

Non so dirti se abbia senso, ma posso dirti che non mi dispiace affatto... mi sei mancata, Tissi.
Sento di avere bisogno di te, a prescindere dal tipo di rapporto che c'è tra noi e per quanto sia egoista da parte mia affermare una cosa del genere.
Sono proprio uno stronzo, vero?


Si.

Secca e lapidaria fu la risposta di Tisifone, atona persino perché da una semplice sillaba mormorata era impossibile comprendere il carico emotivo che vi stava dietro. Non poteva dire qualcosa di diverso senza apparire a se stessa buonista o patetica perché il desiderio da parte di Turner di averla con sé nonostante le avesse spezzato il cuore rasentava davvero l’egoismo e la stronzaggine. E nonostante fosse esattamente quello che voleva anche lei non poteva negare l’evidenza. Gli posò una mano sul mento, delicata, e se lui non si fosse sottratto avrebbe esercitato una lieve pressione per costringerlo a voltare di nuovo la testa verso di lei, perché certi discorsi dovevano essere fatti guardandosi negli occhi senza barriere.

Ma non riesco a odiarti per questo semplicemente perché anche tu mi sei mancato Lucas. Quando sei entrato nella mia vita hai riempito un vuoto che non sapevo di avere e quando ne sei uscito la voragine si è riaperta. All’inizio credevo che fosse il mio cuore ma poi piano piano ho compreso che era qualcosa di diverso, di più complesso. Ti ho amato moltissimo e una parte di me credo lo farà per sempre, ma quello che mi è mancata è la tua presenza nella mia vita, il tuo sostegno, i tuoi consigli, le battute e le risate di fronte a un calice di vino e una fetta di torta. Non sono un esperta in rapporti sociali ma da quello che vedo sbirciando nella vita degli altri è questo che fanno gli amici, è questo che faccio con Monique. – un sospiro profondo, lo sguardo rivolto lontano, verso un punto indefinito alle sue spalle per prendere il coraggio e andare fino in fondo, prima di tornare fissi sul viso di lui. – Io rivoglio tutto questo. Voglio potermi ancora confrontare con te, sapere di poter contare sul tuo aiuto, non dovermi sentire in imbarazzo o sbagliata solo perché voglio passare del tempo insieme ridendo e scherzando. Voglio tornare a sentirmi normale con te…

Un altro sospiro e la mano che fino a quel momento era rimasta – se lui non l’avesse scostata – posata a mò di carezza sul viso di Lucas scivolò lungo il fianco. Chiuse gli occhi per un attimo e quando li riaprì erano velati da una patina luccicante di lacrime.

Sono patetica, vero?
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Messaggioda Lucas » 29/08/2013, 12:42

Fossi in te non canterei vittoria così facilmente.
Per adesso sono entrambi concentrati sullo studiare a fondo le modalità con cui è avvenuto… l’incidente e poi uno dei motti della mia famiglia è “la vendetta è un piatto che va servito freddo”.


Mi guarderò le spalle quando uscirò di casa, da adesso in poi...

Commentò Lucas con un piccolo sospiro che gli sfuggì dalle labbra, a sottolineare non che ce l'avesse con lei o non comprendesse i padrini della donna per la volontà di fargliela pagare - aveva ferito Tisifone e loro avrebbero voluto pareggiare i conti, prima o poi - ma che si stava semplicemente preparando al peggio, e se con Asher poteva quasi sperare di avere un dialogo distaccato e civile, probabilmente Demetri avrebbe voluto trasfigurarlo in un procione o qualcosa di simile, e allora meglio alzare la guardia e non smettere di stare attento fino a che non fosse stata la stessa Divinante a rassicurarlo sulla fine del progetto "facciamola pagare cara a Lucas Turner".

Per quanto riguarda "l'incidente" - riprese poi, appena più serio in volto - ci sono novità? Hanno scoperto qualcosa d'interessante?

S'informò, leggermente in apprensione: a prescindere dall'incidente stesso, dal suo contenuto e dalle sue conseguenze, non si poteva comunque negare che il modo in cui esso era avvenuto, ciò che aveva spinto Tisifone a comportarsi in quel modo, era ancora del tutto oscuro, e la cosa portava tutti a preoccuparsi, com'era ragionevole che avvenisse; qualcuno aveva manipolato lei, anzi, probabilmente entrambi, costringendoli a fare determinate cose per poi avere dei vuoti assurdi, incolmabili nemmeno tramite Veritaserum o revisionando i ricordi in un Pensatoio... come potevano non essere preoccupati alla luce di tutto questo?
Ovviamente Lucas non sarebbe mai potuto andare direttamente dai padrini a chiedere informazioni, ma nulla gli impediva di farsi aggiornare dalla Divinante, qualora questa avesse deciso di renderlo partecipe delle novità.
Ma al di là di tutto, delle perplessità e delle preoccupazioni, la vera novità quella sera sembrava essere la ritrovata capacità di entrambi di parlare, di sorridere come una coppia, senza però esserlo effettivamente: come se nonostante la loro storia fosse finita, ci fosse ancora un sentimento che li legava, e che forse col tempo si sarebbe potuto tramutare in affetto sincero ed amichevole; già il fatto di riuscire a scherzare tra loro era un bel passo avanti, perché non avrebbero mai potuto permetterselo se non fossero stati spontanei tra loro.

Hummm… mi faccia pensare…

Non poté non ridacchiare di fronte a quell'aria pensierosa, ed anzi girò lentamente su se stesso, con le braccia a mezz'aria così da darle una maggiore panoramica del proprio corpo prima di tornare fermo di fronte a lei con le mani ora nelle tasche ed un'espressione a metà tra il curioso ed il divertito sul volto.

La sua aria da bravo ragazzo induce pensieri cattivi e non sembra messo per niente male … peccato per quei rotolini lì…

Finse un'espressione offesa, ed era quasi pronto a difendersi dal suo solletico, intuendo (Intuito/Perspicacia 17) che fosse quello l'intento della donna, essendo stato con lei per diverso tempo ed avendo imparato a riconoscere certi gesti, quando l'espressione di finto fastidio cedette il posto ad una sincera perplessità e preoccupazione, visto che le mani di Tisifone si ritrassero improvvisamente come se si fosse scottate; forse semplicemente era troppo presto per essere così spontanei, o forse la donna temeva di prendersi troppa libertà, con lui.
Ma erano stati insieme, ed ora forse sarebbero potuti diventare buoni amici, perché farsi tante paranoie per un po' di solletico che non aveva alcun secondo fine se non quello di ridere insieme? Turner non aveva dimenticato le parole di Indigo, la sua filosofia di vita sugli attimi da cogliere, ed aveva intenzione di metterla in atto proprio in quel momento: per questo fu lui ad avvicinarsi al corpo dell'altra e fu lui, forse prendendola di sorpresa, a cominciare a solleticarle i fianchi con le dita, così da farla ridere, così da poter sentire quel suono bello e confortante per le sue orecchie.

Chi sarebbe quello coi rotolini, mh?

Le domandò, ridendo a sua volta come un ragazzino, ma era così bello potersi divertire ancora con lei - qualcosa che non sperava più di poter vivere in prima persona - che gli sarebbe sembrato quasi un delitto non approfittarne.
Anche i momenti di svago però finivano prima o poi, lasciando il posto a quelli più seri: a loro successe quando iniziarono a muoversi per la ronda, ed entrambi espressero la confusione che albergava nei loro animi, un'incertezza dovuta alla consapevolezza di non stare più insieme e al tempo stesso al desiderio di fare comunque parte l'uno della vita dell'altro.

Si.

Sorrise ironico a quella risposta secca, alla conferma che era veramente uno stronzo, ma non si offese perché quella che aveva posto alla donna era più che altro una domanda retorica: sapeva di esserlo, come sapeva di essere egoista, e non aveva cercato certo in Tisifone una rettificazione di quel pensiero.
Si volse però al contatto della sua mano sulla guancia, cercando i suoi occhi per fermarsi su essi quando lei riprese a parlare.

Ma non riesco a odiarti per questo semplicemente perché anche tu mi sei mancato Lucas. Quando sei entrato nella mia vita hai riempito un vuoto che non sapevo di avere e quando ne sei uscito la voragine si è riaperta. All’inizio credevo che fosse il mio cuore ma poi piano piano ho compreso che era qualcosa di diverso, di più complesso. Ti ho amato moltissimo e una parte di me credo lo farà per sempre, ma quello che mi è mancata è la tua presenza nella mia vita, il tuo sostegno, i tuoi consigli, le battute e le risate di fronte a un calice di vino e una fetta di torta. Non sono un esperta in rapporti sociali ma da quello che vedo sbirciando nella vita degli altri è questo che fanno gli amici, è questo che faccio con Monique.

Annuì appena, sentendo qualcosa all'altezza del cuore rilassarsi, come sollevato: ciò che lei stava esprimendo era esattamente la stessa voglia che sentiva lui dentro di sé, prepotentemente, perché al di là dell'amore, della delusione, della rabbia e di tutto ciò che tra loro poteva esserci stato, Tisifone rimaneva per lui qualcuno su cui contare, da proteggere e con cui potersi confrontare, con cui poter scambiare opinioni o semplicemente scherzare, come si faceva, aveva detto bene lei, tra amici.
E lui non aveva mai avuto un'amica di sesso femminile, qualcuna da cui attingere un parere diverso dal proprio, e forse per questo più oggettivo.

Io rivoglio tutto questo. Voglio potermi ancora confrontare con te, sapere di poter contare sul tuo aiuto, non dovermi sentire in imbarazzo o sbagliata solo perché voglio passare del tempo insieme ridendo e scherzando. Voglio tornare a sentirmi normale con te…

Sentire le stesse cose nonostante tutto, quella sì che era sintonia, almeno nella sua ottica.
Forse come coppia erano andati male, ma sembrava che quel rapporto, per quanto fosse finito in modo negativo, avesse gettato le basi per qualcosa di solido, per un legame che entrambi volevano ancora, diverso da prima ma altrettanto forte, altrettanto sincero.

Sono patetica, vero?

Forse - concesse Lucas, con un mezzo sorriso sghembo - Ma allora significa che siamo patetici in due, e ti dirò di più... in questo caso non sono mai stato così felice di essere patetico in tutta la mia vita.

Aggiunse, ampliando il proprio sorriso che arrivò a contagiare anche gli occhi, allungando la mano destra per, se lei gliel'avesse permesso, accarezzarle la guancia con dolcezza, con quell'affetto che mai, mai sarebbe potuto scomparire per quella persona meravigliosa che tanto gli aveva donato e tanto l'aveva aiutato a crescere.

Sembra quasi assurdo ciò che sto per dire, ma...
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Messaggioda Tisifone » 29/08/2013, 17:06

Mi guarderò le spalle quando uscirò di casa, da adesso in poi...
Per quanto riguarda "l'incidente" ci sono novità? Hanno scoperto qualcosa d'interessante?


Ancora no, purtroppo – mormorò Tisifone con aria stanca anche se lo sguardo duro che aveva lasciava ben intendere che era lontana dall’essersi rassegnata. Sarebbe giunta a una spiegazione in un modo o in un altro. – L’unica traccia che abbiamo è che si tratta di una versione magica dell’ipnosi babbana ma come questa trasformazione sia stata possibile, come opera e quali capacità si debba avere per poter gestire un tale incantesimo è tuttora ignoto. Asher si sta informando al San Mungo e presso i suoi colleghi all’estero mentre Demetri… - e lasciò la frase in sospeso, la mano destra che si agitava in aria per lasciare intendere che ovunque stesse cercando era meglio non esserne a conoscenza – Ho parlato anche con Monique ma neanche lei ha mai sentito parlare di un incantesimo del genere. Inutile dire che si è resa disponibile a fare qualche ricerca e probabilmente avrà coinvolto anche Vastnor – il riferimento al compagno della cugina nonché docente di Difesa le fece venire un’idea improvvisa che decise di condividere con LucasForse dovrei parlarne con il mio allenatore, dopotutto è un accademico oltre che un esperto in Difesa Contro le Arti Oscure, però… - si morse il labbro inferiore spostando lo sguardo di lato con fare imbarazzato, mentre con una mano spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio - … non credo di poter condividere con lui certi dettagli.

Per quanto il suo rapporto con Noah non fosse esclusivamente professionale, non se la sentiva di dirgli che qualcuno l’aveva manipolata per avere un rapporto carnale con uno sconosciuto. Temeva il suo giudizio, che la considerasse debole, che la guardasse con occhi diversi, di biasimo forse. In una parola temeva che quella confessione avrebbe potuto incrinare il loro rapporto ed era l’ultima cosa che voleva. Probabilmente quella sua ritrosia non meravigliò più di tanto il ragazzo che ben sapeva quanto la donna tenesse alla sua privacy e con quante difficoltà si aprisse agli altri. Difficoltà quelle che sembravano sparire magicamente quando si trovava in compagnia di Turner, nonostante quello che avevano passato, almeno a giudicare dal modo spontaneo e sereno con cui stavano interagendo tra loro, arrivando persino a flirtare scherzosamente, senza alcun doppio fine. Cercando di trattenere una risata che avrebbe finito per attirare in Giardino i Prefetti che si occupavano di controllare il Piano Terra, osservò con aria fintamente critica il docente di Trasfigurazione che faceva un giro su se stesso per mostrarle ogni lato del suo corpo affascinante per poi accusarlo bonariamente di avere dei rotolini di troppo sui fianchi per poter essere giudicato perfetto e quindi avere qualche chance con lei. Gli avrebbe anche fatto il solletico se all’improvviso non si fosse ricordata che non stavano più insieme e quindi non poteva agire d’istinto senza prima chiedere il permesso. Ma quello avrebbe reso tutto artificioso e così lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, un’espressione demoralizzata a incupirle i lineamenti del viso. Troppo occupata a darsi della stupida e dell’avventata e temendo di aver rovinato l’atmosfera rilassata e gioviale che si era venuta a creare tra loro, Tisifone non si accorse che Lucas le si era avvicinato così quando avvertì le sue mani sui suoi fianchi fece un balzo indietro e lanciò un piccolo urletto di sorpresa per poi piegarsi in avanti e iniziare a divincolarsi, mentre una calda risata erompeva dalle sue labbra.

Chi sarebbe quello coi rotolini, mh?

Ahhh… tu… ahhh… ovviamente… ahhh… - ribattè testarda tra una risata e l’altra, cercando di trovare uno spazio tra le braccia dell’altro per affondare qualche colpo sui suoi fianchi per ripagarlo con la stessa moneta – Le mie… ahhhh… sono…ahhh.. maniglie dell’amore… ahhhh

Risero per un minuto abbondante per poi riprendere un certo contegno e iniziare la ronda. Avvolta nella giacca di Turner e con una mano sul suo braccio sembravano più una coppia impegnata in una passeggiata serale che due colleghi che stavano adempiendo ai loro doveri scolastici, anche se il tono della conversazione che stavano avendo non era dei più romantici. Complice forse le risate che ancora riecheggiavano nelle loro orecchie, i due avevano deciso di mettere a nudo la propria anima, confidandosi come il sentimento che li aveva uniti come coppia non era sparito il giorno in cui si erano lasciati ma semplicemente era mutato in qualcos’altro di altrettanto forte e puro. Lottando contro la sua proverbiale riservatezza, Tisifone aveva espresso ad alta voce i suoi desideri, usando il tempo presente e non il condizionale, tanto pressante era il bisogno che avvertiva di riavere Lucas nella sua vita. Non aveva mai avuto amici in passato degni di essere chiamati tali e prima di conoscere Monique neanche una migliore amica con cui confidarsi quindi non sapeva esattamente cosa facessero due amici o come ci si doveva comportare con essi, l’unica cosa di cui era certa era che voleva scoprire tutte quelle cose insieme all’ex Tassorosso. Temendo però che l’altro non fosse dello stesso avviso, concluse il suo monologo con una nota di tristezza, continuando a sostenerne lo sguardo con la paura di vederlo allontanare da sé.



Forse – un sorriso amaro si dipinse sul viso di Tisifone, e questa volta dovette fare forza su se stessa per non spostare gli occhi altrove - Ma allora significa che siamo patetici in due, e ti dirò di più... in questo caso non sono mai stato così felice di essere patetico in tutta la mia vita.

Sgranò gli occhi a quella affermazione, una gioia quasi infantile che le illuminava il viso, mentre strofinava istintiva la guancia sul palmo della mano del ragazzo, il cuore che le batteva talmente tanto forte che temeva potesse esploderle dal petto.

Sembra quasi assurdo ciò che sto per dire, ma...
Che ne dici di provare ad essere amici, Tissi?


Può anche essere assurdo ma suona così giusto… Lo sai che dovrai insegnarmi come si fa, vero? – rispose raggiante, voltando il capo in modo da tentare di posare un bacio leggero sul palmo della mano di lui – Saresti il mio primo amico in assoluto e non so se in questo campo seguire l’istinto basti o esistono regole non scritte da rispettare.

Avrebbe dovuto avere pazienza con lei, al pari di quando stavano insieme, aiutarla a non commettere errori che avrebbero potuto incrinare quello strano rapporto a cui avevano deciso di dare vita insieme. Per un attimo la sua mente riandò a quando si era risvegliata quella mattina di Settembre, alla rabbia, al dolore, all’angoscia, ai piani di vendetta, al desiderio di essere Oblivata pur di poter stare ancora insieme e inaspettatamente scoppiò a ridere, una risata cristallina e liberatoria.

Siamo due folli, ne sei consapevole vero?

Gli disse avvicinando la testa a quella di lui per, se non si fosse spostato, far cozzare delicatamente la propria fronte con quella del ragazzo ripetendo un gesto che aveva visto fare spesso da piccola ai suoi genitori e di cui non aveva mai compreso davvero il senso.
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Messaggioda Lucas » 29/08/2013, 23:00

Ancora no, purtroppo.
L’unica traccia che abbiamo è che si tratta di una versione magica dell’ipnosi babbana ma come questa trasformazione sia stata possibile, come opera e quali capacità si debba avere per poter gestire un tale incantesimo è tuttora ignoto. Asher si sta informando al San Mungo e presso i suoi colleghi all’estero mentre Demetri…


Meglio saltare tutto ciò che lo riguarda.
Tu hai fatto delle ricerche per conto tuo?


Ho parlato anche con Monique ma neanche lei ha mai sentito parlare di un incantesimo del genere. Inutile dire che si è resa disponibile a fare qualche ricerca e probabilmente avrà coinvolto anche Vastnor.
Forse dovrei parlarne con il mio allenatore, dopotutto è un accademico oltre che un esperto in Difesa Contro le Arti Oscure, però…


Uhm?

… non credo di poter condividere con lui certi dettagli.

Se non vuoi che sappia tutta la storia, elimina i dettagli più personali, no?
In fondo basterebbe chiedergli se ha mai sentito di una pratica magica che ipnotizza le persone in modo da costringerle a fare ciò si ordina loro, anche se è qualcosa che non vorrebbero mai fare.


Suggerì Lucas, ipotizzando che tanto bastasse sapere al docente del Ministero per riflettere su una possibile spiegazione di quanto fosse successo loro: a parer suo, infatti, non sarebbero stati necessari i dettagli su cosa Tisifone fosse stata obbligata a fare, perché tanto il succo della questione era sempre e comunque la manipolazione subita.
In ogni caso tutto l'aiuto in più sarebbe stato solo che positivo, anche se Turner era piuttosto convinto che chi avesse architettato tutto ciò l'aveva fatto in modo da non essere scoperto tanto facilmente; non voleva tuttavia perdere la speranza, soprattutto perché chiunque fosse stato aveva comunque giocato con le loro vite come fossero burattini.
La cosa positiva, l'unica, di tutta quella storia, era che per chissà quale motivo lui e la donna si era come... ritrovati; inizialmente convinto di non poter più nemmeno guardarla in volto, ora Lucas si era ritrovato a farle il solletico, a ridere e scherzare con lei come fosse la cosa più naturale del mondo per arrivare, alla fine, a proportle persino di rimanere amici, per quanto suonasse assurdo.
Non era mai rimasto amico delle sue ex, Julie ne era la prova vivente, ma al tempo stesso sentiva che era troppo importante per lui che Tisifone rimanesse nella sua vita, era qualcosa a cui non avrebbe rinunciato tanto facilmente soprattutto dopo aver visto uno spiraglio di luce, una possibilità che quel desiderio si realizzasse.

Può anche essere assurdo ma suona così giusto… Lo sai che dovrai insegnarmi come si fa, vero?
Saresti il mio primo amico in assoluto e non so se in questo campo seguire l’istinto basti o esistono regole non scritte da rispettare.


Ti scriverò una lista di semplici regole base da seguire, e se ci saranno situazioni particolari prometto di spiegarti di volta in volta come si superano e si affrontano.

Entrambi raggianti, entrambi felici, così parevano i due: era buffo constatare, ora, come probabilmente entrambi avessero sempre voluto la stessa cosa da quando si erano lasciati, ovvero continuare a starsi vicini, senza però avere il coraggio di ammetterlo all'altro o forse anche a se stessi.
Sorrise quando Tisifone poggiò la sua fronte sulla propria, quel sorriso sghembo che non aveva alcuna difficoltà a mostrarle perché le apparteneva, e sarebbe stato così sempre, da quel momento in poi.

Siamo due folli, ne sei consapevole vero?

Il confine tra follia e genio è talmente sottile...

Replicò lui, lasciando volutamente la frase in sospeso ma strizzandole l'occhio: che fossero folli o geniali, erano nuovamente vicini e pronti a sostenersi l'un l'altro, e onestamente al giovane uomo del resto importava proprio poco.


[FINE]
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Messaggioda Kayleen » 29/11/2013, 19:14

Nonostante le mille ipotesi che entrambe potevano configurare nella loro mente, c’era ben poco che due ragazzine di quattordici anni potessero fare. Potevano cercare di capirci qualcosa, potevano provare a ragionare su quello che era successo, dare ad esso una spiegazione logica, ma in fin dei conti tutte le loro elucubrazioni mentali non sarebbero servite a nulla.

S-sapere la v-verità n-non li rip-porterà ind-dietro...

Era vero. Anche se il Ministero avesse trovato una spiegazione all’accaduto, anche se gli Auror avessero acciuffato i colpevoli di quella strage, anche se qualcuno avesse fatto giustizia, nulla sarebbe cambiato nel mondo di Miyabi. La sua famiglia era stata distrutta e tornare indietro nel tempo era impossibile.
Quella consapevolezza le strappò un sospiro disperato, sussurrato nell’abbraccio che le due si stavano scambiando.

E’ vero. Però aiuterà a dare un senso a questa cosa senza senso.
Mi dispiace tanto, Mi.
Si sentì di ripeterglielo ancora una volta. Le dispiaceva, tanto, tantissimo, e non sapeva davvero in che modo aiutarla, visto che con le parole, in queste situazioni, non se la cavava poi così bene.
E da un lato fu sollevata nell’udire la richiesta da parte della Giapponese di non parlarne più. Non tanto perché non avrebbe avuto la pazienza di ascoltarla ancora, ma perché era sempre più convinta che lei non fosse la persona più adatta con cui discutere. Lei non era stato in grado di aiutarla ma altri.. Sì. Ne era convinta.
Ma non spinse oltre. Quello che poteva consigliarle, gliel’aveva già riferito e non aveva senso essere insistente.

G-grazie...

Annuì con il capo, anche se sul suo viso permaneva un’espressione triste, che avrebbe voluto essere comprensiva. Il pianto della compagna di stanza non era ancora terminato, ma sembrava essere meno prorompente e questo, insieme al sorriso abbozzato che lei le aveva appena rivolto, significava che in qualche modo (e non sapeva nemmeno lei come) era riuscita a tranquillizzarla, anche se per solo qualche istante.

Dovere.
Rispose, di rimando, con un sorriso stampato in volto. Aveva abbandonato la posa dispiaciuta e si era concessa un sorriso caloroso che di certo le riusciva meglio di mille altre inutili parole e probabilmente trasmetteva anche di più.
Ora doveva solo attendere una reazione a quel che aveva detto riguardo alla Gazzetta del Profeta ed al fatto che qualche loro compagno di classe avrebbe potuto sapere qualcosa riguardo ad Enoshima. Non le era sfuggito il cambio di espressione della Nipponica, ma tentò di non darci troppo peso, di sdrammatizzare, di aggiungere qualcosa che potesse rincuorarla: anche se l’articolo della Gazzetta del Profeta era stato letto praticamente da tutta la scuola, questo non significava assolutamente che tutta la scuola sapesse che riguardava lei. Tutti erano a conoscenza dei fatti accaduti sull’isola orientale, ma in quanti erano a conoscenza del fatto che Miyabi era in qualche modo coinvolta nel fattaccio? Pochi, pochissimi, o almeno così lei sperava.

Come... s-sono andate le tue v-vacanze?

Detto fatto. Non ne parlarono più e cambiarono argomento. Le vacanze erano di sicuro un argomento più piacevole e si poteva sperare che avrebbe aiutato l’amica a distrarsi un po’.

Le solite.
Andiamo, ti racconto tutto davanti a dei biscotti ed ad un bicchiere di latte.


Provò quindi a prenderla per mano ed a trascinarla all’interno del Castello.
Lì avrebbe provato a stordirla di parole, cosa che non aveva fatto finora. Nella speranza di farle dimenticare le cose brutte, almeno per qualche minuto.

[Exit per Kayleen e Miyabi]

:arrow:
Spoiler:
Purtroppo il mio ritardo è imperdonabile. E se non me l'avessero fatto notare,
probabilmente non avrei mai terminato questa role per colpa della mia scarsa memoria.
Scusami tanto.
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Messaggioda Yamato » 18/12/2013, 16:59

LUNEDÌ 10 APRILE 2107
PORTICO DI HOGWARTS
11:35


"Egregio Mr. Kusanagi,

Con la presente ci tengo ad informarla che tutto il personale scolastico è stato avvertito del suo arrivo.
Nessuno le chiederà il motivo della sua presenza ad Hogwarts e potrà girare liberamente per il castello.
Questo permesso è accordato dal giorno 10/04 al giorno 11/04 del corrente anno 2107.
Mi auguro davvero che possa tirare su di morale la nostra cara e amata studentessa, la signorina Stevens.

Cordiali saluti

Madeline Bergman"


[tahoma]Chiuse con lenta delicatezza la busta contenente la lettera di autorizzazione all'ingresso presso la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Il vento primaverile soffiava piacevolmente, il sole, per nulla invasivo, risplendeva oltre le colline lontane e l'atmosfera che si respirava era la stessa presente in ogni luogo o parte del mondo precedentemente visitata: angoscia, timore, tumulto. Nascosti ma vivi, reali ma intangibili.
Prima di presentarsi al portico, luogo di affluenza di molti degli studenti che non avevano alcun impegno di studio per quelle ore, aveva fatto visita alla Sempreverde presso le serre del castello, provando a scambiarci due parole, rimanendo sempre sulle sue per via dell'ancora eccessivo attaccamento a Pryce e al valore che aveva riconosciuto in lui, al momento non visibile nella professoressa Vilvarin.
Rispetto, per educazione, ma non stima, non per ora, e la cosa non gli importava che fosse ben vista o meno, lui non era l'Oceano, lui era il Sole.
Adesso invece, con gli abiti tipici del suo paese accompagnati da una parte inferiore del corpo fasciata da pantaloni dallo stile più casual ed occidentale di colore bianco, Yamato Kusanagi attendeva appoggiato al parapetto del portico, aspettando che i Grifondoro del quinto anno uscissero dal portone e si dirigessero possibilmente verso il giardino, oppure rimanessero lì seduti sui gradini a chiacchierare e condividere qualche sorriso.
Non gli sarebbe risultato difficile riconoscere la piccola Miyabi, gli sarebbe bastato individuare l'unico volto spento e privo di emozioni in mezzo alla folla.
Parlare preventivamente con la Vice Preside Monique chiedendole assistenza e colloquio nei giorni precedenti, gli aveva fatto intendere con adeguata attenzione la situazione interiore della bambina, chiedendo quindi alle autorità competenti scolastiche la possibilità di incontrarla in quanto parente alla lontana e quindi unico dei pochissimi ancora in vita per quanto non eccessivamente collegato alla sua stirpe familiare.
Il Capo viveva a stretto contatto continuo con persone che chiamava fratelli e loro non avevano nulla in comune con lui a livello di sangue, soltanto l'amore per un elemento o due e la presenza di essi nell'animo.
Per questo, anche una sola, singola goccia di plasma in condivisione con la giovane Stevens era di per sé una ben che valida motivazione per reputarsi vicino a lei e in dovere di aiutarla, qualora ne avesse avuto bisogno, un caso, quello, di quei tempi chiaro e lampante.
Si era fatto due domande al suo riguardo solo dopo aver assistito come ospite onorario all'amichevole con la Cyprus Magic Accademy qualche mese prima, informandosi poi sul cognome della ragazzina, scoprendone le origini ed il collegamento con la strage di Enoshima.
Il tempo era tiranno per un Ignis Elios, per quello non aveva saputo presentarsi precedentemente.
Scoprendo infine dalla signorina Vireau che la mente e lo spirito della piccola fossero ancora allo stesso stadio arido anche dopo diversi mesi dall'accadimento della tragedia lo spinse ulteriormente a muoversi con la massima accortezza e decisione.
Il vento soffiò più forte e il portone del castello si aprì, rivelando la presenza di una grande folla di allievi felici di avere del tempo libero uscire fuori scattando, saltellando, creando comitive e commentando le lezioni.
Tra essi, invece, una sola figura vagava completamente da sola, a testa bassa, con passo lento, quasi inconsistente.
Gli occhi violacei della ragazza gli fecero intendere subito che fosse lei, ivi compresa la somiglianza con la bambina vista mesi prima all'amichevole.
Rimase fermo a fissarla, prima di tutto, per comprendere bene il suo modo di fare, il suo comportamento, la sua tecnica per addomesticare il dolore e sottometterlo alla volontà di non piangere, non davanti a tutti.

Immagine

Alcuni di loro, troppo giovani per riconoscere la figura del grande produttore discografico, parlottarono chiedendosi chi fosse quello strano tipo vestito alla orientale che se ne stava lì calmo ad osservarli nel loro complesso, ridendo a volte per i vestiti che indossava, così diversi da quelli presenti della loro cultura e civiltà. Il mondo era splendido anche perché così vario ma bisognava crescere per apprezzare certe differenze.
Ad un tratto, alcune bambine, tre per la precisione, si avvicinarono a Miyabi, iniziando a parlarci, forse impensierite dalla sua solitudine.
Esattamente come si confaceva al tipico atteggiamento educativo giapponese, la cantante sorrise appena, un sorriso che non coinvolgeva gli occhi o le gote, ringraziando in parte, forse, il tentativo da parte delle amiche di tirarla su, di coinvolgerla, di renderla partecipe della loro allegria.
In realtà però, stavano contribuendo a farla stare molto male, perché insistevano, giustamente, ignare che con il loro comportamento la stavano costringendo a parlare, a incrociare lo sguardo con qualcun altro, con molti altri, quando invece il suo unico desiderio era rimanere sola, contenere nel silenzio ogni emozione, ogni sensazione negativa o positiva che fosse. Per questo Yamato comprese che era il momento di agire.
Cominciò a camminare, no, lei non lo aveva ancora notato, non stava ormai molto attenta ai dettagli, spenta in tutto e per tutto, ma le altre tre voltando gli sguardi ed inquadrandolo si zittirono perplesse e sorprese, distanziandosi appena dalla piccola Fuyutsuki, ipotizzando che lui fosse lì per lei, riconoscendone i tratti orientali in comune.

Vi spiacerebbe lasciarmi parlare qualche minuto da solo con la vostra compagna?
Grazie infinite.
Miyabi, giusto?
Seguimi... Ti spiegherò tutto.


Non le porse la mano, si limitò a fare il solito inchino alla maniera giapponese per salutarla, accennando un lieve sorriso mentre le tre ragazze annuivano mettendosi in un altro angolo a parlare e, possibilmente, chiedersi chi fosse quel tipo e cosa volesse dalla Grifondoro.
Facendosi seguire dunque, l'uomo camminò fino all'inizio del giardino, il confine sottile tra l'erba e il piastrellato.
Appena finalmente si trovarono completamente in disparte, soli, Yamato non certo per decisione voluta ma per ovvietà di uguaglianza razziale, scelse di proseguire quel discorso nella loro lingua madre, ovvero il giapponese.

Watashinonamaeha Yamato Kusanagidesu
Watashi wa anata no tōi shinseki, shi-do no oji, seikaku ni wa omoimasu.
Hajimemashite...


[ Il mio nome è Yamato Kusanagi,
Sono un tuo parente alla lontana, zio di quarto grado, per la precisione.
Piacere di conoscerti...
]
[/tahoma]
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Messaggioda Miyabi » 18/12/2013, 19:23

[Lunedì - 10 Aprile - ore 11.30]


Un'altra lezione si era conclusa per la piccola Miyabi, che ormai tanto piccola non era più: quell'anno, l'anno dei G.U.F.O., aveva segnato il suo ingresso nei 15 anni, un'età in cui una ragazzina cominciava ad essere considerata un'adolescente in piena regola; rispetto alle sue coetanee, però, la Stevens risultava sempre molto più piccola, vuoi per il carattere schivo e timido, vuoi per il fisico minuto tipico della sua nazionalità.
Il carattere poi era evidentemente peggiorato da quando, tempo prima, tutta la famiglia della Giapponesina era stata misteriosamente sterminata con la distruzione improvvisa dell'isola di Enoshima, una tragedia che la Grifondoro pareva non aver ancora minimamente superato: certo, non piangeva più di notte, seguiva le lezioni e svolgeva i compiti al meglio delle sue possibilità - anche perché voleva superare gli esami in modo soddisfacente - ma da tempo i suoi occhi si mostravano al mondo completamente spenti, privi di una qualsiasi luminosità che, una volta, rendeva quelle ametiste viola quasi ipnotiche per la loro particolarità; allo stesso modo, il sorriso che spesso la ragazza una volta esibiva, e che obbligava quasi un esser ricambiato, ora pareva essere completamente scomparso dalle sue labbra, e l'espressione del viso era quasi sempre monocorde, priva di qualsiasi forma di vita.
Solo quando giocava col gattino nero che Ethan le aveva regalato qualcosa si smuoveva nel suo animo, ma non era mai abbastanza per permetterle di considerarsi felice: ciò nonostante la Grifa si trascinava giorno dopo giorno fuori dal letto e per i corridoi del Castello, seguendo le lezioni e presenziando persino alle prove del Coro, seppur non avesse ancora nemmeno cominciato ad allenarsi con Brianna ed Elisabeth per la canzone che avrebbero dovuto cantare insieme - e nella quale comunque la sua voce non si sarebbe nemmeno sentita.
Col resto della classe, Miyabi lasciò l'aula di Divinazione e scese le numerose scale per poi sbucare oltre il portico, sotto il pallido Sole di Aprile che scaldava molto poco, specie qualcuno come la Stevens che, dentro, sentiva sempre freddo; la Giapponese stava un passo indietro rispetto al gruppo di compagni, lo sguardo perso chissà dove e il viso rivolto verso il basso, a fissare i propri passi come se si stesse muovendo solo per inerzia e non per una volontà di andare da qualche parte; i libri stretti al petto, la borsa a tracolla sulla spalla sinistra, la divisa dei rosso-oro perfettamente indossata, sarebbe sembrata una ragazzina qualsiasi se non fosse stato per quegli occhi e l'incedere quasi da automa, senza alcuna vita né emozione.

Miyabi!

Tre sue compagne le si avvicinarono, notando che era rimasta indietro, e la Stevens si sforzò di sorridere loro, abbassando la testa in un piccolo inchino in puro stile orientale prima di ascoltarle mentre tentavano di convincerla ad andare con loro nella successiva uscita ad Hogsmeade: inutile dire che la Giapponese prese subito, con un soffio di voce, a ringraziarle per la loro premura ma al tempo stesso a rifiutare categoricamente il loro invito, visto che non aveva alcuna voglia di stare in compagnia.
Le amiche provarono ad insistere, ma a nulla valsero i loro sforzi visto che Miyabi, avendo detto "no" già una volta, pareva essersi nuovamente isolata in un mondo tutto suo, in cui nessuno poteva entrare e le parole altrui giungevano come un eco lontano; non si rese conto che all'improvviso le altre avevano smesso di parlare, né fece troppo caso quando si allontanarono da lei... solo poco più tardi, quando una voce estranea sembrò cercare la sua attenzione, si costrinse ad alzare lo sguardo sulla persona che aveva parlato.

Vi spiacerebbe lasciarmi parlare qualche minuto da solo con la vostra compagna?
Grazie infinite.
Miyabi, giusto?
Seguimi... Ti spiegherò tutto.


Lo fissò con sguardo vacuo per un secondo o due, registrando la sua ignoranza su chi egli fosse, ma rispose in modo automatico al suo inchino visto che i tratti orientali in comune erano ovvi e palesi persino per lei, che ormai vedeva il mondo attraverso un velo nero e spesso.
Senza parlare, semplicemente la Grifa prese a seguire l'uomo, rimanendo un passo indietro a quest'ultimo fino a che egli non si fermò, al limitare del giardino.

Watashinonamaeha Yamato Kusanagidesu
Watashi wa anata no tōi shinseki, shi-do no oji, seikaku ni wa omoimasu.
Hajimemashite...


Ancora, lo sguardo vacuo di Miyabi percorse la figura dell'uomo, ma sembrava non riuscire nemmeno a vederlo veramente: il cervello, non abituato a "lavorare" fuori dall'orario di lezione o del tempo che lei dedicava ai compiti, ci mise un po' a registrare il senso delle sue parole.
Zio di quarto grado... un parente.
Un parente a lei sconosciuto, che mai prima aveva sentito, e che quindi poteva anche essere un bugiardo, per quanto ne sapeva, magari mandato lì dalla Preside Bergman o dalla Vice Preside Vireau per spingerla a reagire - era palese a tutti, in fondo, lo stato quasi catatonico in cui era caduta.

Watashi wa anata no koto wa kiita koto ga nai.
(Non ho mai sentito parlare di te.)

Replicò infatti la Grifondoro, con voce atona, inespressiva.

Anata wa nani ga hoshī?
(Che cosa vuoi?)

Gli chiese subito dopo, guardandolo negli occhi che però erano ancora spenti, privi di qualsivoglia emozione: scoprire di avere un possibile parente per lei non era una benedizione, al contrario, un'ulteriore possibilità di stare male, di soffrire ancora, e non voleva che accadesse.
Doveva imparare a stare da sola, perché era questo ciò che era... sola.

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Messaggioda Yamato » 19/12/2013, 20:08

[tahoma]Watashi wa anata no koto wa kiita koto ga nai.

Non gli stava dando del tu.
Estremamente maleducata nei suoi confronti, per essere la stessa ragazza che poco prima si comportava in maniera esemplare con le amiche.
Evidentemente qualcosa in lui non le stava piacendo, forse credeva si trattasse di una sorta di presa in giro.
La voce era atona, secca e completamente priva di ogni emozione od espressione, davvero impressionante.
Il fuoco nel corpo della studentessa era talmente spento da risultare quasi impercettibile anche per lui, per il Sole, per quanto, qualche traccia ancora evidente di speranza la riusciva a distinguere, nascosta, perduta, ma non per sempre.
Yamato si mise in ginocchio per arrivare alla stessa altezza della piccola giapponese, guardandola dritto negli occhi, ricambiando lo sguardo di lei molto serio e inconsistente, ricambiando con uno, il proprio, totalmente opposto e affine.
Nelle iridi dell'uomo sprizzavano il fuoco e l'elettricità, la vivida energia dell'esistenza e del Conflux, il tutto contenuto nell'oscuro taglio di quegli occhi a mandorla che fissavano vitrei e pietrificati il viso della nipote alla lontana.

Anata wa nani ga hoshī?

Watashi wa anata ga watashi no sonzai o shi~tsu te totemo manzoku shite inai shūshū.
Muzukashī anata wa watashi no koto o kiita kamo shirenai.
Daishi no teido wa tōkudeari, wareware wa hijō ni ikutsu ka no shinseki o kyōyū shite imasu.
Watashi wa Jin Fujiyoshi, daiisshin no anata no oji no itokodesu.
Jin to watashi wa, ōku no baai, sūnenmae ni tsuri ni itta.


[ Deduco tu non sia così contenta di sapere della mia esistenza.
Difficile tu possa aver sentito parlare del sottoscritto.
Il quarto grado è lontano e condividiamo ben pochi parenti.
Sono il cugino di secondo grado di Jin Fujiyoshi, tuo zio di primo grado.
Io e Jin andavamo spesso a pesca, qualche anno fa. ]


Iniziò la conversazione nel modo più tranquillo e disponibile che trovasse dentro di sé, per quanto solitamente non fosse la persona più calma e paziente del pianeta. Lei era una bambina che aveva perso tutto, che aveva dimenticato cosa significasse condividere la gioia della famiglia da più di un anno, dunque meritava che Yamato si sforzasse al meglio per capire la presenza di quel grosso e spesso muro tra loro e che il parente scegliesse accuratamente come ammorbidirlo piano piano, senza accelerare i tempi, d'altronde in questo gli veniva incontro la filosofia orientale.
Un ennesimo soffio di vento spirò da est, esattamente proveniente dalle Serre, luogo dove la Signora della Terra e dei Venti regnava indisturbata.
L'uomo si umettò le labbra, non scostando mai lo sguardo dagli occhi violacei della allieva di Hogwarts.
Era difficile abbassare la vetta di una montagna con la sola forza bruta, nemmeno il martello più grande del mondo sarebbe riuscito in tale impresa molto facilmente senza scheggiarsi o rovinare in sé la bellezza della roccia.
Il vento però, le intemperie, il tempo, loro ci sarebbero riusciti, e Miyabi adesso era esattamente come la vetta di una montagna, da levigare con accortezza, utilizzando le parole giuste e i mezzi meno invasivi, quelli più vicini al suo cuore.

Jissai, watashi wa anata kara nanika o nozonde inai.
Watashitachi wa chōdo anata ga watashi o hitsuyō to suru baai wa, kazoku no ichiin o hitsuyō to onajiyōni, watashi wa sokoda to iu koto o oshirase shitai to omoimashita.


[ In realtà non voglio nulla da te.
Ci tenevo soltanto ad informarti che qualora avessi bisogno di me, esattamente come si ha bisogno di un familiare, io ci sono. ]


Non c'era ancora nessuna traccia di un sorriso o qualcosa di lontanamente somigliante ad esso.
Lei avrebbe potuto interpretarlo come falso, quindi meglio non metterle in testa idee o pensieri inutili, fasulli.
Verità limpida e immediata, un comportamento naturale per gli Ignis, coloro che all'istinto legavano parte della loro anima.
Dalla tasca del pantalone estrasse un oggetto piccolo, pendente, con una catenella dorata molto preziosa.
Sembrava apparentemente un porta foto di quelli antichi, con sopra un motivo floreale ed al centro una pietra dello stesso colore degli occhi della giovane Fuyutsuki Stevens. Senza dire una sola parola, Yamato consegnò quel monile alla Grifondoro, lasciando che studiasse quell'oggetto per rivelarne all'interno una piccola fotografia dei suoi genitori, il giorno del loro matrimonio, in movimento, che salutavano e sorridevano felici.
Al centro tra loro, lo stesso uomo che le stava consegnando quel tesoro, sorridente anch'esso e molto più giovane, in smoking classico rosso scuro.
Sarebbe stato un duro colpo per lei, questo era indubbio e il Manager Musicale lo sapeva benissimo, ma di positivo c'era che forse, grazie ad un gesto simile, avrebbe assicurato alla giapponesina il realismo della propria identità.

Immagine

Watashi wa saikin shusseki shimashita.
Shikashi, watashi wa karera to issho ni keiken shite kita koto kara, karera wa hijō ni rippade utsukushī hitodatta.
Kore wa, karera ga arehatete iru, sorera o motte ita ie no naka de yuiitsu no shashindesu.
Hoka no subete no shashin wa higeki de ushinawa reta koto o shitte, shikashi, watashi wa anata ga sorera o sukoshi shikaku-tekina arāmu o torimodosu suki kamo shirenai to omotta.
Pendanto wa watashinokazoku no korekushon no ichibudearu dakedenaku, sore o toru. Watashi no kojin-tekina aitō no i to aijō no okurimono o kangaete imasu.


[ Li ho frequentati poco.
Ma da quel che ho vissuto con loro, erano bravissime e bellissime persone.
Questa è l'unica foto in casa che aveva di loro, sono desolato.
Sapendo però che tutte le altre foto sono andate perse nella tragedia, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere riavere un loro piccolo ricordo visivo.
Il pendente fa parte di una mia collezione di famiglia, prendilo pure.
Considerale un mio personale regalo di condoglianze ed affetto. ]
[/tahoma]
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Messaggioda Miyabi » 19/12/2013, 21:22

Watashi wa anata ga watashi no sonzai o shi~tsu te totemo manzoku shite inai shūshū.

In realtà Miyabi semplicemente non era felice di sapere che c'era un altro suo parente in vita, o meglio, che egli avesse voluto avvicinarsi a lei: se fosse vissuto per conto proprio, senza mai palesarsi alla Giapponese, sarebbe anche andato bene, ma così, dandole modo di conoscerlo, la stava esponendo nuovamente ad una possibilità che lei non voleva, ovvero quella di conoscerlo, magari di affezionarsi... e alla fine di perderlo.
Si era abituata giorno per giorno a considerarsi sola, ed ora arrivava questo sconosciuto, Yamato, che diceva di essere un suo parente... se anche fosse stato vero, come poteva accettarlo colei che aveva perso tutto e tutti?

Muzukashī anata wa watashi no koto o kiita kamo shirenai.
Daishi no teido wa tōkudeari, wareware wa hijō ni ikutsu ka no shinseki o kyōyū shite imasu.
Watashi wa Jin Fujiyoshi, daiisshin no anata no oji no itokodesu.
Jin to watashi wa, ōku no baai, sūnenmae ni tsuri ni itta.


Adorava Jin, la faceva sempre ridere quando s'incontravano - forse perché alzava spesso un po' troppo il gomito, ma era una gioia per il proprio divertimento osservarlo cantare vecchie canzoni giapponesi mentre tutti gli altri gli intimavano bonariamente di smetterla; abbassò lo sguardo mentre i ricordi la investivano, quei ricordi che Miyabi cercava tutti i giorni, ogni secondo in realtà, di affogare nel nulla arido del proprio cuore, di soffocare nei più profondi recessi del proprio animo per non stare più male.
Deglutì sonoramente ma non disse nulla, non ora, sentendo gli occhi pizzicare velatamente ma cercando con tutta se stessa di non piangere, di non fare nulla.

Jissai, watashi wa anata kara nanika o nozonde inai.
Watashitachi wa chōdo anata ga watashi o hitsuyō to suru baai wa, kazoku no ichiin o hitsuyō to onajiyōni, watashi wa sokoda to iu koto o oshirase shitai to omoimashita.


Watashihadare tayori ni koto wa dekimasen.
Anata ga aisuru dareka o ushinau sugite-sha o kizutsukemasu.

(Io non posso più contare su nessuno.
Perdere qualcuno che si ama fa troppo male.)


Replicò a bassa voce Miyabi, alzando lo sguardo sull'uomo: nonostante le parole cariche di dolore, almeno in teoria, la voce rimase atona, distaccata, come se la Giapponese stesse parlando del tempo o di qualcosa che non la riguardava minimamente.
Tuttavia, quando Yamato le consegnò quell'oggetto così particolare, carico di un ricordo per lei talmente intenso da straziarle il cuore, nessuna lacrima poté essere trattenuta dalla Stevens, nemmeno con tutta la volontà del mondo.
Sentì le gocce salate e calde solcarle le guance, arrivare fino al momento e poi cadere a terra, copiose ed incontrollabili, e tutto ciò che poté fare la ragazzina fu tirare sul col naso e stringere tra le esili dita quel pendente che dentro conteneva una delle pochissime foto rimaste a lei della sua famiglia.

Watashi wa saikin shusseki shimashita.
Shikashi, watashi wa karera to issho ni keiken shite kita koto kara, karera wa hijō ni rippade utsukushī hitodatta.
Kore wa, karera ga arehatete iru, sorera o motte ita ie no naka de yuiitsu no shashindesu.
Hoka no subete no shashin wa higeki de ushinawa reta koto o shitte, shikashi, watashi wa anata ga sorera o sukoshi shikaku-tekina arāmu o torimodosu suki kamo shirenai to omotta.


Hai...
(Sì...)

Mormorò la Grifondoro, tirando nuovamente su col naso mentre, con mani tremanti, si allacciava la collanina col pendente al collo, lasciando che il pendente stesso le poggiasse sulla pelle, anche se freddo.

Pendanto wa watashinokazoku no korekushon no ichibudearu dakedenaku, sore o toru. Watashi no kojin-tekina aitō no i to aijō no okurimono o kangaete imasu.

Arigatōgozaimasu... Oji.
(Grazie... zio.)

Per la prima volta da tempo, la voce di Miyabi si colorò di una lieve sfumatura tonale, anche se essa era intrisa di dolore, tristezza, sofferenza e rabbia; abbassò lo sguardo sul pendente e lo strinse tra le dita per diversi istanti, prima di lasciarlo andare e tornare a guardare Yamato, gli occhi appena più brillanti di prima anche se ben lontani dalla lucentezza di un tempo.

... mo anata-ka wa Enoshima ni a~tsu?
(... anche casa tua si trovava ad Enoshima?)
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Messaggioda Yamato » 21/12/2013, 21:11

[tahoma]Watashihadare tayori ni koto wa dekimasen.
Anata ga aisuru dareka o ushinau sugite-sha o kizutsukemasu.


Anata ga shinrai shitsumon suru dake de daremoga sonzai shinai koto o kakuninshitekudasai?
Anata no atarashī ie wa, kono gakkōdeatte mo, ichibu no hitobito wa, ima kara anata no seikatsu no naka de motte iru koto no jūyō-sei o kashō hyōka shinaide kudasai. Anata ga kōtei-teki ni odoroku kamo shiremasen.
Soretomo, sudeni kanmei o motte ite, mada kidzuite inai.


[ Sicura che non esista proprio più nessuno del quale ti fidi?
Anche se la tua nuova casa è questa scuola, non sottovalutare l'importanza che alcune persone possono avere nella tua vita da adesso in poi.
Potrebbero stupirti in positivo.
O magari ti hanno già stupito e non te ne sei ancora accorta. ]


Non conosceva la vita della piccolina, non sapeva se possedesse amici al di fuori della famiglia oppure se fosse completamente sola, ma l'esperienza gli aveva insegnato che solitamente vivendo a contatto con un grande insieme di persone in un modo o nell'altro qualcuno nel cuore ti entrava, così, anche se Miyabi non possedeva più uno dei parenti di Enoshima, in primis i suoi genitori, non era detto che non stesse a contatto con qualcun altro di altrettanto importante del quale si fidasse fin dai primi anni di Hogwarts.
Yamato stava ormai entrando nell'ottica dell'essere uno zio. Gli premeva che lei cominciasse ad imparare delle grandi lezioni di vita, una fra queste capire che spesso e volentieri quasi tutte le famiglie possedevano una falla, degli elementi tutt'altro che leali e dei quali potersi fidare al 100%.
Molto spesso erano proprio gli amici a diventare dei punti di riferimento ancor più affidabili e preziosi e l'occhio interiore della ragazza avrebbe dovuto cominciare a fare una piccola cernita dentro quel grande castello iniziando a fare la scrematura della sua nuova piccola famiglia speciale, non di sangue, ma altrettanto importante e fondamentale.
Chi meglio di lui poteva sapere una cosa simile? Lui che era a Capo di una Confraternita dove non c'era distinzioni di razza, filosofie di vita, caratteri o quant'altro. Sentirsi in un luogo amico e confortevole non era dato esclusivamente dalla stirpe, ma anche dall'insieme, dal sentimento, dall'affetto e dalla reciproca consapevolezza di poter contare gli uni sugli altri.

Hai...

Gli occhi della Grifondoro si tinsero di una nota umida, quella delle salate lacrime di dolore e perdita normale e doverosa in un momento simile.
La fotografia rappresentava delle persone che non c'erano più, che significavano tanto per lei, ma se non altro almeno quella c'era, Miyabi poteva stare sicura che un loro piccolo ricordo visivo era stato salvato e risparmiato dalla distruzione e dalla catastrofe di origini sconosciute.
Le fece cenno di potersi avvicinare, di non reprimere dentro di sé quel dolore, di lasciarlo andare senza freni, almeno con lui, che parte del suo sangue lo aveva nelle vene e glielo voleva dimostrare a tutti i costi.
In quel modo, se ella avesse accettato, Yamato l'avrebbe abbracciata, stringendola con tutto il calore che il Sole poteva donarle, carezzandole i capelli con assoluta dolcezza, un tocco lieve e delicato come i petali dei fiori di pesco che si depositavano sulla superficie dei laghi montani.
Anche lui era in grado di esprimere vicinanza, sentimento, molto più di quanto credessero tantissime conoscenze al mondo.
In fondo il fuoco gli viveva nell'animo tempestando le sue emozioni di calore e scintille di elettrica energia vitale, per questo non era difficile immaginarlo in quel frangente, molto raro per un comandante abituato a comandare, difficile per un uomo non più abituato ad amare.
Qualora si fossero distanziati di qualche centimetro dopo l'abbraccio, egli le avrebbe fatto un piccolo sorriso, sentendosi chiamato con quell'appellativo che gli suggerì di potere a sua volta definirla con un altro modo di dire tipicamente familiare.

Arigatōgozaimasu... Oji.

Nani mo... Magomusume.

[ Di nulla... Nipotina. ]

Gli occhi le tornarono un poco a brillare di una luce di vita più presente, anche se c'era molto ancora da lavorare.
Perdere tutte quelle persone significava un colpo così forte al cuore e al proprio "ki" interiore che risultava un'impresa già per le persone più grandi e sagge, figurarsi per una bambina in piena fase adolescenziale con gli studi e la vita di ogni giorno da portare avanti.
Nonostante questo, quando Yamato la fissò intensamente, capì che lei comunque aveva voglia di tornare a sorridere, non stava rifiutando l'aiuto, anzi, evidentemente lo stava cercando e chiamando a gran voce da molti mesi, per questo quasi si maledisse di non aver potuto rimediare il tempo per andarla a trovare molto, molto prima. Purtroppo con il lavoro da discografico, quello da insegnante di arti marziali e l'attività pressoché costante di Ignis Elios, le faccende private finivano necessariamente all'ultimo, ivi compreso il mandare un messaggio ad una conoscenza molto gradita incontrata diversi mesi prima, una Druida, ma quella era un'altra storia, per quell'istante la accantonò.

... mo anata-ka wa Enoshima ni a~tsu?

Īe, watashi wa rekōdo keiyaku o motte, shigoto no tame ni Shizuoka ni sunde imasu.
Watashi wa natsu no ato, anata wa watashi kara no janpu o tsukuru koto ga dekiru koto o kangaete ita.
Sū-shūkan taizai shi, aratana kūki o eru.
Watashi wa chōdo sore o yoi aidea o mitsuke, anata to sore o sugosu tame ni sono toki o ritaglierei?
Watashi wa sudeni fuku kōchō to hanashite iru, kyoka o shinpaishinaide kudasai.


[ No, io abito a Shizuoka per lavoro, sono un discografico.
Stavo pensando che dopo il periodo estivo avresti potuto fare un salto da me.
Stare qualche settimana, prendere una nuova aria.
Mi ritaglierei quel tempo solo per passarlo con te, la trovi una buona idea?
Non preoccuparti dei permessi, ne ho già parlato con la Vice Preside. ]


Necessitava di qualche giorno per staccare la spina, allontanarsi da tutto e tutti e non perché qualcuno le facesse del male, ma perché Yamato immaginava che vivere a stretto contatto con tutti quegli amici che ogni giorno cercavano di tirarla su con sicuro fallimento poteva risultare pesante, stressante e fastidioso, andando avanti con il tempo.
Per apprezzare la presenza nella vita di quegli amici e di quei preziosi elementi di fiducia aveva prima bisogno di un poco di balsamo lenitivo allo spirito e questo solamente la presenza di una piccola parte di ciò che aveva perso poteva darglielo, oltre a qualche piccolo insegnamento di Ai-kido e filosofia orientale, aiuti che lo zio era certo che il "ki" di Miyabi avrebbe accolto con molta positività.

Kōchō wa, anata ga shomei shita baai, watashi wa anata no hogo-sha no kazoku ni naru koto o kyoka-shi o motte imasu.
Watashi wa mainā nanjinode, watashi mo sore ni shomei suru kamo shirenaiga, watashi wa sore ga kimeru koto ga dekiru yuiitsu no hito watashi no meidearu koto ga wakatta. Watashi wa, watashi wa chikau, watashi wa nani mo oku koto wa arimasen.


[ La Preside possiede una carta che, se firmata da te, mi permetterà di diventare tuo tutore familiare.
Avrei potuto firmarla anche io in quanto tu minorenne ma ho trovato giusto che fosse mia nipote l'unica persona a poter decidere.
Io non ti imporrò mai nulla, te lo giuro. ]
[/tahoma]
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