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Messaggioda Alexis » 27/02/2014, 13:47

[Stanza di Alexis Parker - Villaggio Acuan - Sabato 28 Dicembre 2107 - ore 09.12]


Non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato, ormai: erano 5, 6 mesi? O di più?
Da quando Typhon l'aveva lasciata, il tempo aveva iniziato a scorrere ad un ritmo tutto suo: alcuni giorni scorreva normalmente, altri pareva quasi dilatarsi all'infinito, altri ancora aveva la sensazione che ore intere fossero passate in un battito di ciglia.
Il lavoro era inizialmente stato, e non aveva remore nel dirlo, la sua salvezza: nel laboratiorio la chiamavano "formichina", perché nessun Assistente Ricercatore si era mai impegnato tanto quanto lei. Passava dalle 8 alle 10 ore consecutive all'interno del laboratorio, con sporadiche punte di 12: rimetteva in ordine gli enormi schedari dell'archivio in modo che ogni fascicolo fosse al suo posto, si occupava della catalogazione delle provette in sequenza alfabetica a seconda del composto che contenevano; si rendeva anche utile all'intera struttura con le sue conoscenze babbane. Da quando, infatti, il Congresso di Scienze Sperimentali di Oslo aveva riconosciuto la validità dei computer, macchine tecnologiche del mondo dei non-maghi con cui si poteva fare di tutto o quasi, ed aveva deciso d'installarli all'interno di ogni laboratorio, i Purosangue avevano cominciato a dare di matto.
Nessuno di loro si azzardava a metterne in dubbio, l'utilità, perché effettivamente lo studio dei composti, la loro analisi approfondita particella per particella, la registrazione dei passaggi volti a formarli, tutto diventava più semplice con quelle macchine, più preciso e dettagliato... ma che fatica per capirne il funzionamento!
Era stato quello il momento di "gloria" di Alexis, che aveva passato un'intera settimana a correre da un ufficio all'altro per insegnare ai Purosangue come si usassero - compito che l'aveva fatta sentire particolarmente utile.
Ma poiché non poteva viverci nel laboratorio - e non perché non l'avesse chiesto - doveva pur tornare a casa, a fine giornata: peccato che "casa" fosse il luogo in cui aveva convissuto con Typhon per anni; dalla notte in cui l'aveva lasciata non era più riuscita a metterci piede, al punto da chiedere ad una collega, Acuan come lei, di passarvi a prendere le sue cose, dopo che Seal si era già occupato di portarsi via le proprie.
Era stata grata al Mana, in quel momento, poiché scegliendola le aveva permesso di avere un posto dove vivere: il Villaggio Acuan le aveva aperto le sue porte, e l'Oceano aveva assegnato a ciascuno, lei compresa, una stanza nella quale risiedere. Era un po' come sostare nelle taverne medievali, quelle dove gli ospiti avevano una stanza privata per dormire, e poi bagno e cucina comuni: ogni casa conteneva fino a sei persone, per un totale di sei stanze, una cucina, un salottino e due bagni - cosicché ci si potesse lavare e fare i propri bisogni con calma.
Naturalmente il Villaggio era anche provvisto di una mensa comune, di palestre, biblioteche, aule studio, ecc.,ma per Alexis era confortante sapere di potersi chiudere nella propria stanza dopo essersi cucinata qualcosa, senza dover essere costretta a parlare coi propri Confratelli; e l'aveva fatto spesso, soprattutto nelle prime settimane dopo la rottura, quando anche alzarsi la mattina era faticoso a seguito di una nottata passata a piangere.
Ed altrettanto faticoso era stato dirlo ai suoi genitori: convinti che andasse tutto a gonfie vele tra lei e Typhon, era stato un vero shock per loro rendersi conto che non solo c'erano problemi, ma che addirittura il ragazzo aveva lasciato la loro bambina - tale sempre e comunque. Poiché l'indole buona Alexis da qualcuno doveva averla pur presa, nessuno dei due aveva speso brutte parole nei confronti dell'Olandese, limitandosi a proporre alla ragazza di tornare a vivere a casa loro, visto che non avevano toccato la sua vecchia stanza da quando si era trasferita nel bilocale insieme a Seal.
Inutile dire che l'ex Delfina aveva gentilmente rifiutato, adducendo come scusa il fatto che il laboratorio per cui lavorava mettesse a disposizione degli alloggi per i dipendenti a poca distanza da esso - e a lei faceva comodo abitare a poca distanza dal posto di lavoro, per di più gratis; le dispiaceva, naturalmente, aver dovuto dire una bugia ai suoi genitori, ma ne andava della sua sanità mentale.
E, d'altronde, davvero non le costava nulla abitare tra gli Acuan, poiché nessuno le aveva mai chiesto uno zellino: era lei a donare mensilmente parte del proprio stipendio al fondo comune, ed era piuttosto sicura che tutti gli Acuan si comportassero allo stesso modo.
Le prime settimane, dunque, erano state le più difficili: non appena chiudeva gli occhi, la mente la torturava con immagini di Typhon in compagnia di lei mentre si abbracciavano, si baciavano, o semplicemente stavano insieme; il suo istinto, poi,
[Intuito (Sesto Senso) 22] le aveva sempre suggerito che i due andassero a letto insieme anche mentre Seal stava con lei, e che quindi non avessero mai smesso; per questo, la mente le proponeva mille e più situazioni nelle quali, mentre Alexis lavorava e lo pensava con amore, lui si stava dilettando con la ex, magari facendosi anche beffe di lei e della sua ingenuità - era stato in quelle occasioni che si era resa conto di quanto fosse sadico il suo cervello.
E quando non pensava a Typhon in sua - non riusciva nemmeno a pensare al suo nome - compagnia, ricordava l'amore che Seal le aveva sempre professato di provare per lei, di tutte le rassicurazioni che le faceva, di tutti i "ti amo" sussurrati guardandola negli occhi.
In quei primi giorni che sembravano non finire mai, le era davvero parso di impazzire, e più di una volta si era chiesta se fosse possibile morire di dolore, se quando sentiva il cuore contrarsi e le lacrime scenderle incessantemente lungo le guance - gocce dal sapore del sangue - quelli fossero i primi segni di un principio di pazzia che l'avrebbe spinta a spegnersi, primo o poi: qualcuno avrebbe potuto dirle che esagerava, che era assurdo stare così male solo per un ragazzo... ma Typhon non era stato solo un ragazzo qualunque; era stato il primo a farla innamorare, a darle un bacio, ad esplorare il suo corpo - anche se mai fino in fondo. Era stato colui col quale aveva condiviso il sogno dello Sheliak&Vega - nel quale ormai metteva piede solo quando era sicura che lui non ci fosse - la persona con cui era andata a convivere dopo il diploma, quella che avrebbe dovuto e voluto sposare.
Typhon Seal era stato l'unico, per lei.
Nei momenti di dolore più profondo, soprattutto la sera quando non c'era più nulla che potesse distrarla da determinati pensieri, era stata l'Acqua ad impedirle di perdere il controllo: quando Alexis sentiva di essere quasi sul punto di cedere, si concentrava sul suo Elemento e riusciva a non precipitare nel baratro più nero. Non fu semplice, inizialmente, entrare in connessione con essa: ovviamente provava molto più piacere di prima nel farsi una doccia, calda o fredda che fosse, aveva quasi raddoppiato la quantità d'Acqua bevuta giornalmente perché era indescrivibilmente bella la sensazione di quel liquido fresco che, scendendo giù per la gola, rinfrescava tutto, anche lo spirito, e poteva passare ore intere sotto la pioggia, ferma nel silenzio più assoluto. Spesso si perdeva a contemplare i grandi laghi circondati dal Ghiaccio appena fuori dal Villaggio, e che tenerezza giocare con le volpi artiche, con le foche e coi pinguini!
Ma cercare intenzionalmente l'Acqua dentro di sé era tutta un'altra cosa: la prima volta che ci riuscì fu per caso, nel corso di un attacco di panico all'idea di dover tornare a casa per riprendere le proprie cose dopo la rottura con Typhon - e prima che la collega Acuan si offrisse di farlo al posto suo; allora si stava concentrando sul proprio battito cardiaco per regolare la respirazione, quando lo sentì.
Era una sorta di rumore di sottofondo: lieve, quasi impercettibile, ma costante.
Sul momento non comprese davvero di cosa si trattasse - ma le bastò concentrarsi su esso per sentirsi immediatamente meglio - e quando poté ripensarci, a mente lucida, fu quasi incredibile constatare quanto fosse semplice associare quel suono a qualcosa di familiare: il rumore dell'Acqua che scorre.
Era come udire il suono di un corso d'Acqua, e percepire il flebile rumore del suo scorrere sulle rocce, tra le alghe: era così lieve come suono da risultare quasi inesistente, ma viveva nel suo spirito e non c'erano dubbi su questo.
Da quel momento non aveva fatto altro che concentrarsi su quel suono ogni volta che poteva: a lavoro, tra una catalogazione e l'installazione di un software per i computer; e al Villaggio Acuan, naturalmente, quando si stendeva sul letto, chiudeva gli occhi e si preoccupava solo di sentirlo, per ore.
Col passare delle settimane era anche riuscita a visualizzarlo sotto le palpebre chiuse: era un ruscello, come lei, un piccolo e lento corso d'Acqua fresca che però non interrompeva mai il suo scorrere, nemmeno quando incontrava un masso più grande sul suo cammino; aveva preso quell'immagine come una metafora di se stessa, di come sarebbe dovuta essere, e ne aveva tratto forza. Come il ruscello continuava a scorrere, così lei doveva proseguire a vivere, con forza di volontà e fermezza, senza mai arrendersi.
Aveva affrontato il giorno dopo con quella consapevolezza, poi quello successivo e quello dopo ancora: focalizzarsi sull'Acqua, trarre da lei la capacità di andare avanti, le aveva permesso di alleviare progressivamente il dolore per la rottura con Typhon senza che nemmeno se ne rendesse conto.
E quella mattina, svegliandosi, si era resa conto per la prima volta di cosa albergasse nel suo cuore: non più rabbia, non più sofferenza, non più dolore, ma altri sentimenti che finalmente le si palesavano di fronte con chiarezza.
Malinconia, per un rapporto che mai sarebbe potuto rientrare sui binari dell'amicizia.
Tristezza, per un amore finito che tanto l'aveva segnata.
Rimpianto, per il tempo perso a piangersi addosso, credendo che non valesse più la pena di godersi le bellezze della vita.
Consapevolezza, quella di essere cresciuta e maturata anche se, alla fine, i suoi sogni non si erano avverati.
E l'Acqua, come sempre dentro di sé: quel corso lento e mai immobile che percepiva distintamente come fosse fosse sdraiata su di esso, e non sul proprio letto nel Villaggio Acuan.
L'Acqua, sì.
L'Acqua l'aveva salvata.


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Messaggioda Eibhlin » 27/02/2014, 15:18

Non appena ebbe messo il primo piede a terra, dopo essersi seduta sul letto, Alexis avrebbe distintamente percepito un cambiamento, dentro di sé: il ruscello che solitamente percepiva nel proprio spirito si era improvvisamente ingrossato, gonfiandosi in larghezza fino a raggiungere una dimensione più ampia ed ovale... come quella di un Lago.
L'Acqua, in lei, si era appena fatta più forte, scorreva con più impetuosità dentro il suo spirito e per la ragazza sarebbe stato più semplice controllarla rispetto a prima: la connessione con gli animali marini si era appena fatta più forte, e da quel momento in poi avrebbe potuto accedere agli Incantesimi di secondo livello all'interno della sua Gilda.
Nel suo appartamento all'interno del Villaggio, l'Oceano si permise di sorridere, sentendo l'Acqua dentro di sé ingrossarsi appena: un Acuan aveva appena incrementato il suo legame con l'Elemento, ed il Conflux ne era appena uscito più protetto di prima.

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Messaggioda Martha » 04/04/2014, 1:27

[Domenica Marzo 2108 - Confini del villaggio Acuan, ore 6:30]


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Martha ascoltava in religioso silenzio il dolce suono delle onde che sciabordavano sulle coste frastagliate di quella zona, ai limiti del villaggio Acuan. Lo sguardo si perdeva nelle profondità marine, quasi la donna cercasse di vedere che cosa celassero quelle acque sul fondale, sotto i dolci raggi che il sole mattutino irradiava tutto intorno. Era un orario insolito quello scelto dalla donna per osservare uno spettacolo che solo quella parte del mondo poteva offrire con tanta bellezza e tanta maestosità. Ma il sonno sembrava ormai essere un miraggio lontano per la Bennet, il cui animo inquieto le impediva di dormire a lungo e serenamente per più di qualche ora.
Gli incubi erano finiti. Dopo circa due mesi, una notte, quei sogni che tanto l'avevano turbata e che l'avevano spinta infine fra le braccia di un uomo era scomparsi, senza lasciare segni nè cicatrici visibili, se non nella mente del Ruscello. Il suo animo aveva sofferto il gelido senso di vergogna e di rabbia -rabbia nei confronti di sè stessa, della sua totale incapacità di autocontrollo-; il suo corpo si era rifiutato di cedere di nuovo, dopo l'esperienza con Joël, alle lusinghe del sesso, constatando quanto fossero state inutili e vane le sue precauzioni e le sue speranze; il suo carattere era nuovamente mutato, richiudendo quella piccola fessura che grazie all'Acqua, ad Eiblhin e all'eredità che Norrel le aveva lasciato si era aperta dentro di lei.
Erano mesi che non rivolgeva la parola ai suoi colleghi, se non costretta dalle necessità. Erano mesi che si rifugiava nella sua stanza, su alla Torre Ovest, pensando e ripensando se avesse fatto bene ad agire in quel modo, a nascondere la verità. Si era persino chiesta se ciò che lei aveva tanto faticosamente taciuto avrebbe potuto cambiare le sorti di quel fatidico giorno di Dicembre, quando lei e gli altri docenti non erano riusciti ad impedire che un gruppo di studenti tentasse il suicidio. La sua risposta era stata -come sempre- logica e razionale: ciò che le era accaduto non era minimamente collegato a quella vicenda, almeno secondo le prove in possesso della Bennet. Se solo avesse saputo, se solo avesse avuto il minimo sentore che il suo dolore, quello della stessa Tisifone Samyliak e di Lucas Turner tempo addietro e quello dei ragazzi che avevano imbrattato il campo di Quidditch con il loro sangue erano tutti legati da un unico filo, tagliente come l'acciaio e velenoso come le spire di un serpente.
Ma per quanto lontano la mente della pozionista potesse spingersi, essa non poteva ancora concepire che esistessero simili aberrazioni nel mondo, nè che tre di esse avessero vissuto indisturbate sotto i tetti di Hogwarts, provocando scompiglio per tutta la scuola.
Il vuoto che era nato dentro l'animo dell'Acuan, così come il suo turbamento, non avevano risposte. A nulla erano valsi i suoi tentativi di ragionare, di riflettere, di trovare da sola la soluzione: la sua mente era limitata da qualcosa che per lei era incomprensibile e per ciò la donna ne soffriva.
Solo il rumore dell'acqua riusciva a calmare l'inquietitudine che da mesi ormai albergava nel suo animo. La stessa Martha non avrebbe saputo dire quando avesse iniziato a venire in quel luogo ameno e solitario a lasciarsi invadere i sensi, il corpo, il cuore di quell'Elemento che sentiva come l'unica cosa pura e genuina dentro di sè. Aveva anche provato più e più volte ad immaginare quel suono, il canto dolce e gentile del Mare, dentro di sè, al posto del piccolo Ruscello irrequieto che fremeva per uscire dagli argini della sua anima. Non era stato facile e non era neanche sicura di esserci mai del tutto riuscita -perchè lei era solo un piccolo fiumiciattolo e il suo legame con l'Acqua ancora debole- ma l'Oceano riusciva a guarirla momentaneamente, donandole quella serenità che andava tanto ricercando.
Anche in quel momento, di fronte allo spettacolo dell'acqua che schiumava, diventando candida spuma infrangendosi contro gli scogli rocciosi, la Bennet provò un moto di gioia spontaneo e un sentimento di vicinanza nei confronti di esso. Gli occhi -solitamente offuscati dal sottile velo della vacuità- ora risplendevano nel riflettere l'immagine del Mare che si perdeva all'orizzonte o delle onde che si avvicinavano gioiose, quasi danzando sotto le spinte costanti della brezza mattutina.

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Il suo animo era in pace, ma per quanto ancora lo sarebbe stato?
La donna sapeva che una volta allontanatasi da lì, una volta ripresa la sua solita vita a scuola, il senso di smarrimento, l'incapacità di accettare il proprio fallimento e di comprendere quanto le era accaduto sarebbero ritornati, sancendo ancora una volta la sua incapacità di affrontare l'ignoto.
Perchè era stato proprio esso -l'ignoto- a corrompere l'animo dell'Acuan; era stato il non sapere che cosa stava affrontando a renderla nuovamente una persona solitaria, scettica, incapace di relazionarsi col prossimo. E l'ignoto aveva generato in lei il senso di colpa, di inadeguatezza, verso il proprio lavoro, la propria professionalità e i propri colleghi, che erano state le vittime/oggetti inconsapevoli dei suoi sogni erotici per ben 45 giorni. Sei settimane in cui aveva creduto di impazzire -e di essere impazzita all'effettiva- e nelle quali era stata tentata di parlarne all'Oceano, alla Bergman, persino al suo compagno di una notte, Joël, pur di avere un minimo di sollievo dalle sue pene. Il suo orgoglio però l'aveva privata della facoltà di parlare, circondando la sua persona con una barriera di mutismo e solitudine che nessuno in tutto quel tempo era riuscito a rompere. Nè qualcuno ci aveva mai provato -eccetto il Principe, al quale tuttavia la donna aveva negato ogni possibilità di sapere così come a tutti gli altri. Ed ora che era passato tanto tempo, ora che quello spettacolo mozzafiato pareva in grado di sciogliere le lacrime che la donna aveva congelato dentro di sè, Martha scoprì d'un tratto di provare pena per sè stessa.
Era davvero una donna patetica colei che non riusciva a condividere ciò che provava con il resto del mondo.
E sarebbe stata una persona profondamente solitaria colei che avesse persistito a comportarsi così.
Avrebbe dovuto cedere quella notte alle gentili premure dell'uomo. Avrebbe dovuto raccontargli tutto, lasciarsi guidare -perchè tale era il ruolo che egli ricopriva nella Gilda- e condividere con lui il proprio fardello. Il pensiero che poco o niente sapeva di lui decadeva dal momento che egli era un Acuan come lei, un suo Confratello, un amico -per quanto suonasse strano quel concetto riferito a Joël- al quale avrebbe potuto confidare ogni cosa. Martha sentì ancora una volta di aver sbagliato tutto, modo di agire, di pensare, di rapportarsi. Eppure, al contempo, in lei stava nascendo una nuova speranza, una nuova consapevolezza: che a quell'errore avrebbe potuto rimediare, se solo avesse messo da parte l'orgoglio o il timore di venir ferita in esso.
Un'altra onda si infranse vicino a lei e nelle profonde riflessioni nelle quali la pozionista si era immersa [Concentrazione:13] il frammento di una preghiera, di un'antica ballata rifulse nella sua mente. Ne aveva studiato il contenuto durante uno degli innumerevoli giorni passati nella biblioteca del villaggio, dove ella dissetava il suo desiderio di conoscenza arricchendo il proprio bagaglio culturale di interessanti letture. E fu proprio lì che scoprì un libro, un tomo che narrava delle antiche usanze dei gildati Acuan, i quali erano soliti omaggiare il loro Elemento con un canto tinto di misticismo e profonda devozione. Nonostante fosse passato un po' di tempo, le parole del Canto dell'Oceano sembravano essersi impresse a memoria nella sua mente. Nel momento stesso in cui le sue labbra tentarono di riportare in auge quell'antica nenia, ecco che essa fluì fuori senza problemi, sottoforma di una preghiera sussurrata verso colei che era diventata la sua guida, l'Acuan Diluvium, e verso ciò che ormai rappresentava la parte migliore del suo mondo, l'Oceano.

Illumina la terra oscura,
Salva coloro che si sono persi nella disperazione
O Possente Oceano, guidaci nel nostro viaggio attraverso
la fossa più oscura della notte
E possa il tempo, sempre fugace, perdonarci
Noi, che abbiamo abbandonato il nostro canto
E sepolto il nostro futuro.
Trovaci, o Possente Oceano, e perdonaci...


L'ultima parola venne sussurrata più volte, una richiesta, un'invocazione che la donna stava lanciando a chiunque fosse stato disposto ad accoglierla. Ma qualcosa dentro di lei la spinse a riflettere che la prima a perdonare doveva essere lei stessa.
Perdonarsi di non essere stata capace di autocontrollo. Perdonarsi le sue mancanze. Perdonarsi di non aver fatto abbastanza, per sè stessa, per Heathcliff, per i suoi studenti.
Perdonarsi di essere ancora e solo umana.
Non poteva reggere il peso del proprio mondo da sola. Non sempre, non con la stessa costanza e la stessa volontà. Ogni essere umano, anche il più solitario, aveva bisogno di una persona sulla quale contare, al quale appoggiarsi quando non se ne avevano le forze. Quando il suo mentore se ne era andato per sempre, Martha aveva sopportato tutto il peso del senso di abbandono misto alla solitudine. Ma ora lei non era più sola. Se solo lo avesse voluto, avrebbe avuto chi poteva aiutarla a sconfiggere i demoni che la assillavano. E il legame che la univa a questa famiglia era qualcosa che trascendeva i sentimenti umani e le sue debolezze, perchè proveniente direttamente dall'energia magica del Mana.
Gocce d'acqua le bagnarono il volto, accarezzandole le labbra schiuse in un sorriso sereno. Il sapore di salsedine invase la bocca della donna, che sentì il proprio spirito rigenerato da quel contatto inaspettato. Era rimasta ferma per troppo tempo: le sue consuete lezioni l'attendevano all'interno del villaggio e ormai non poteva procrastinare oltre gli impegni che l'attendevano con tanta urgenza. Martha si alzò, fissando ancora una volta con sguardo commosso quello spettacolo meraviglioso, beandosi del profondo legame che sperava un giorno sarebbe nato fra di loro. E mentre una lacrima fugace scendeva piano sulla guancia, l'Acuan si voltò lasciandosi alle spalle il movimento delle acque che risplendevano sotto i caldi raggi del sole.

Trovami, o Possente Oceano, e perdonami...


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Messaggioda Eibhlin » 04/04/2014, 12:38

Trovaci, o possente Oceano, e perdonaci...

Quella preghiera aveva un fondo di verità: l'Oceano aveva il preciso compito di trovare tutti coloro che erano stati benedetti dall'Acqua e portarli nella Gilda, cancellando il loro passato e qualsiasi cosa avessero fatto prima di quel momento per farli diventare Acuan, per permettere loro di appartenere ad una famiglia.
Non aveva importanza chi fossero, da dove venissero, cosa facessero nella vita: l'Acqua non guardava ciò che di materiale e pratico circondava una persona, bensì scrutava più a fondo, nell'anima.
La donna voleva essere perdonata per la sua perseveranza nel volersi auto-imporre la solitudine, per la sua incapacità di cercare conforto nella sua famiglia, in coloro che più di ogni altro avrebbero potuto capirla: chiedeva l'aiuto dell'Oceano, eppure con esso non era in grado di aprirsi e di trovare conforto, condividendo con lei il fardello delle sue pene.
Eppure, l'Acqua sapeva che nel suo profondo, Martha Bennet voleva proprio questo: serviva una spinta, tuttavia, qualcosa che le desse quella scossa dolce, quel fremito leggero ma potente, quasi devastante, che la portasse ad aprire il suo cuore non a chiunque, bensì a coloro che avevano dimostrato di meritare la sua fiducia grazie all'Elemento che nel loro corpo nasceva e cresceva, giorno dopo giorno.
Dando le spalle a quella vista meravigliosa, Martha poté percepire una sensazione alquanto strana: un'onda si era allungata più delle altre, lungo la riva, ed aveva raggiunto i suoi piedi, bagnandone i talloni. E quando si ritirò, tornando al Padre Mare, le gocce che avevano bagnato i piedi della donna erano sparite, lasciandoli asciutti: dentro al suo animo, tuttavia, la Pozionista avrebbe percepito quelle gocce farsi strada e raggiungere quella piccola pozza d'Acqua protetta nel più profondo del suo spirito, e rinvigorirlo fino a trasformare il placido Ruscello in un più ampio e profondo Lago.
L'Oceano, nonostante si trovasse a chilometri di distanza, poté percepire quella sensazione, e si permise di sorridere commossa: la donna aveva chiesto l'aiuto dell'Acqua, dell'Elemento che li guidava.
E l'Acqua aveva risposto.

Trovaci, o possente Oceano, e perdonaci...


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Messaggioda Zephyr » 17/09/2014, 20:59

[newsgoth]
Covo Acuan ◊ Spiaggia Gelida ◊ 15 Novembre 2108 ◊ 07:11


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Non era una coincidenza che in lui vivesse il ghiaccio e non l'acqua.
L'acqua, fin dai tempi della filosofia antica, stava a significare divenire, trasformare, mutare.
Lui invece, trascendeva da quelle regole mutando più lentamente, rimanendo apparentemente fermo, proprio come il ghiaccio.
Fatto anch'esso della stessa sostanza del divenire, godeva del privilegio di essere più resistente, di essere più solido, meno mutabile.
Zephyr ringraziava silenziosamente ogni giorno il Conflux per quel dono, quanto ogni altro Acuan esistente nella Gilda probabilmente.
Tremava appena, ora, mentre il vento gelido del nord gli entrava nella pelle, passando in mezzo alle ossa, fin dentro i polmoni che facevano fatica a respirare normalmente. Possedere una resistenza maggiore al freddo e al ghiaccio non significava di certo poter starsene lì a petto nudo come nulla fosse, non per un novellino, non per un Nix, non per un primo stadio, quindi.
Lui però, voleva a tutti i costi superare quella barriera, andare oltre e raggiungere un livello di affinità nuovo, successivo, potente e inesorabilmente più completo con il suo spirito. Gli occhi rossi vagavano nel nulla e qualche volta, l'acqua del mare gli raggiungeva anche le caviglie, facendolo trasalire, facendogli scorrere un lungo brivido per la schiena, tanto da costringerlo a stringere i denti bianchi e puliti.
Non era arrivato fin lì però per rimanere fermo, bloccato e spaventato da ciò che in teoria avrebbe voluto/dovuto fare. Per questo si mise in piedi, dopo aver pensato e vagato con l'immaginazione per diversi minuti, avvicinandosi ancora di più allo specchio d'acqua, inspirando profondamente. Lentamente si tolse i jeans blu scuro ed anche i boxer bianchi, rimanendo completamente nudo. Avanzare ogni passo equivaleva ad una palpitazione cardiaca più forte, ma lui sapeva che era in grado di superare tutto ciò, voleva superare tutto ciò e quindi ci sarebbe riuscito, a costo di star male, a costo di sopportare il lavoro e le attività giornaliere future con diverse linee di febbre, che per lui significavano possedere una temperatura uguale alla media: un bene per Ariel, insomma, la quale finalmente avrebbe potuto abbracciare nel sonno un corpo più caldo.
Dopo settimane su settimane a bere acqua con ghiaccio, masticare ghiaccio, fare docce fredde ed uscire di casa con dieci gradi soltanto con indosso una maglietta a maniche corte, quello era un traguardo che si sentiva sempre più portato a raggiungere, un po' come la prova definitiva da superare, forse per permettersi in seguito di tornarci e replicare l'esperienza, rafforzando ogni secondo in più il suo legame con il ghiaccio.

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Dall'altra parte del mare, la spiaggia non esisteva più e diventava solo una grande distesa di blocchi freddi e bianchi, segno che nuotando più in là la temperatura dell'acqua sarebbe ulteriormente scesa. Sembrava incredibile pensare ai discorsi di moltissimi suo confratelli, i quali giuravano di aver visto in diverse occasioni l'Oceano starsene a mollo proprio laggiù, in costume da bagno, dove forse si toccavano anche i -20°.
D'altronde però, se ella aveva raggiunto la perfezione interiore concessa ai figli della Trama e del Mana, non c'era nemmeno tanto da stupirsi.
Adesso si trovava dentro fino alle ginocchia, Zephyr Kenway, con le braccia muscolose che tremavano leggermente, già con le vene in rilievo per la tensione accumulata e il cuore che pompava più sangue del normale per compensare la differenza di temperatura. La pazzia sarebbe stata gettarsi di improvviso. No, quello valeva a dire essere stolti, idioti, non coraggiosi. Poteva permettersi di entrare lentamente e comunque stava rischiando di brutto, ma buttarsi senza la minima preparazione avrebbe decretato di sicuro qualche evento estremamente spiacevole.
Ancora diversi passi, l'acqua ondeggiava poco sopra metà coscia e andava avviandosi verso l'inguine. Non gli importava moltissimo che qualcuno lo potesse vedere. Da un certo punto di vista era abbastanza difficile, considerando la posizione scelta per il tentativo e soprattutto l'orario.
Non appena il freddo raggiunse i testicoli e successivamente il pene, Zephyr deglutì chiudendo gli occhi, inspirando con leggera sofferenza.
Decise che si fosse fermato non sarebbe più andato oltre, così con estremo coraggio fece ben tre passi avanti veloci, arrivando ad essere sommerso poco sopra l'ombelico. Ora cominciava la parte davvero difficile. Aveva cercato nella sua mente diverse soluzioni per affrontare quell'ultimo passaggio. Trovare la maniera per non desistere e proseguire fino ad essere dentro l'acqua fino al collo non fu semplice, ma dopo una lunghissima riflessione di molte notti aveva stabilito di tentare ad immaginarsi come un animale di quel territorio. Attraverso la fantasia dell'immedesimazione, forse avrebbe raggiunto lo scopo. Una sorta di training autogeno, della serie "sono un orso polare, sono un orso polare".
Molto stupida forse come tecnica, ma più di una volta Ariel gli aveva raccontato di come era riuscita in molti casi a vincere la paura del palcoscenico, ripetendosi in testa la frase "sono una cantante affermata e famosa, sono una cantante affermata e famosa", ammettendo che fosse una cosa scema, poiché lei in realtà ancora famosa e affermata non era, ma che con lei spesso funzionava. Dunque, anche se lui non era affatto un orso polare, perché non tentare? Alla fine era un po' come se il suo amore gli fosse accanto in quell'impresa.

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Talmente bella, anche se con un aspetto diverso. Era la Ariel conosciuta all'inizio, quella che piano piano, senza che nemmeno se ne fosse accorto, era riuscita a conquistarlo e trasformarlo, rendendolo una persona migliore, ritardato quanto dovuto il suo desiderio di morire.
Per quanto la Grifondoro ogni volta gli chiedesse come fosse possibile per lui dimenticare che gli aveva spezzato il cuore, per lui era molto semplice, perché la guardava negli occhi, pensava solo al fatto che adesso era sua e tutto il resto della sofferenza passata andava in secondo piano. Stavano così tanto bene insieme e ben presto le avrebbe chiesto di rendere quel loro legame ancora più ufficiale, di fronte alla Trama.
La immaginava in bianco, la immaginava in lacrime mentre lui le donava l'anello, e queste immagini gli riempivano i sensi nella lunga traversata che lo stava conducendo fino ad essere con l'acqua fino a metà del petto. Un freddo terribile, forse non sentiva più le dita delle mani, ma non era importante, non adesso che sentiva di potercela fare, non adesso che era così vicino al traguardo e sapeva che avrebbe potuto stupirsi da sé.
Il ghiaccio nel suo corpo si agitava, adagiandosi poi lentamente in quelle sensazioni così forti da lui provate. Per la sua pelle non era il meglio, ma per il suo spirito era un autentico paradiso. Stava superando i propri limiti e questo lo rendeva più vivo che mai. Determinato a non bloccarsi proprio ora, non badò al vento gelido che gli attraversò i capelli facendogli girare leggermente la testa. Chiuse gli occhi, concentrandosi di nuovo, raggruppando tutto il ghiaccio, la Trama e il Mana in un solo fulcro, invocando il loro aiuto perché adesso rimaneva la parte più tremenda: andare sotto tutto d'un colpo con la testa e quindi immergersi completamente. Ora veniva la volta di quello strano training autogeno. Zephyr respirava male, buttando fuori moltissima aria, sentendo i polmoni congelarsi e la pelle resistere a mala pena, supportata pochissimo dalla sua naturale temperatura più bassa rispetto ai normali esseri umani.

... Sono un orso polare...
... Sono un orso polare...
... Sono un orso polare...
... Sono un animale che vive perfettamente a suo agio in questo clima...
... Sono un animale che vive perfettamente a suo agio in questo clima...
... Sono un animale che vive perfettamente a suo agio in questo clima...


Basta ripensamenti, basta rimanere fermo e bloccato.
Aiutato da quell'ultima frase, il Prefetto Corvonero scelse il momento che trovò più adatto per tuffarsi e lo fece, di istinto, puro e semplice istinto, andando giù con il corpo e facendosi avvolgere completamente dall'acqua ghiacciata.
Furono i primi cinque o sei secondi peggiori della sua esistenza: il cervello si stava congelando, gli arti per poco non risposero più agli stimoli.
Tutto ad un tratto però, qualcosa cambiò radicalmente, infatti Zephyr si sentì improvvisamente libero di potersi muovere e spostare con estrema facilità, per altro senza temere più alcun freddo, anzi, la pelle lo sopportava benissimo e come se non bastasse, i polmoni chiedevano molta meno aria del solito. La vista poi, quella lo stupì ancora di più, proprio perché ci vedeva! Vedeva sott'acqua senza bisogno di incantesimi!
Cosa gli stava succedendo? Certo, si sentiva strano, ma non riusciva a capacitarsi del motivo.
Per qualche breve attimo, pensò di aver raggiunto il secondo stadio di affinità con il ghiaccio e questo lo stava per riempire immensamente di gioia, ma poi si ritrovò a pensare che avere maggiore legame con l'elemento non poteva conferirgli la possibilità di immagazzinare più ossigeno o addirittura non avere bisogno di occhialini o maschera. Con un gigantesco punto interrogativo, decise di risalire in superficie, ma il suo corpo ebbe in mente tutt'altro, infatti non solo uscì fuori ma spiccò anche un salto di qualche metro sopra lo specchio acquatico per ricadere di nuovo giù in picchiata. Ok, qualcosa decisamente stava andando contrariamente a qualsiasi piano ipotizzato per quell'occasione.
Scuotendo la testa, Zephyr si avvicinò alla zona più fredda, quella che prima vedeva dalla spiaggia, dove solitamente faceva il bagno Eibhlin, e mise piede all'esterno, camminando sul pavimento ghiacciato con un insolito equilibrio. A quel punto, senza indugiare, tornò di nuovo di fronte alla superficie del mare, dandosi un'occhiata... e fu allora che gli prese un mezzo infarto.

Immagine

MA COSA... ?!


Si fissò le zampe palmate, le "ali", il becco, insomma tutto quanto, sbattendo le palpebre incredulo, emettendo i tipici versi di un pinguino.
Senza volerlo, aveva appena innescato il processo adatto alla trasformazione in Animagus, pensando intensamente all'essere un animale e facendo un movimento improvviso dettato dall'istinto, il quale aveva dato vita alla mutazione e trasfigurazione del corpo.
Se ricordava adeguatamente le lezioni del professor Turner, bastava concentrarsi e figurare la propria immagine umana con insistenza per tornare punto e a capo. Per fortuna il piano riuscì e il Kenway si ritrovò nudo, bagnato e in mezzo al freddo quasi polare su una superficie candida.
Riprese a tremare prepotentemente e il pensiero che i propri vestiti si trovassero dall'altra parte della traversata lo misero in uno stato di fastidiosa agitazione. Tuttavia, la sua ragione e il suo autocontrollo lo spinsero a ricordarsi che finché la pelle era ancora bagnata, doveva approfittarne e gettarsi di nuovo nel mare, farsi qualche bracciata e raggiungere a nuoto la riva opposta, altrimenti se si fosse asciugato del tutto avrebbe dovuto ricominciare tutto il lavoro di abitudine e allora troppo tempo avrebbe perso lì, ammalandosi di sicuro.
Cosa avvenne dopo? Esattamente questo: il ragazzo si lanciò dentro l'acqua, resistendo al terribile freddo percepito a prescindere, e andò a stile libero senza fermarsi un istante, tenendo bene a mente solo un concetto, solo una speranza: "Sto aumentando la mia affinità".
Raggiunta la spiaggia afferrò la borsa a tracolla dove all'interno c'era il suo asciugamano e se lo mise addosso di corso, sedendosi stremato per il grande sforzo effettuato. Tuttavia non era finita lì, ancora no, c'era ancora un'ultima cosa da fare, un'ultima presa prima di potersi reputare soddisfatto. Rimettendosi per lo mano i boxer e i jeans, afferrò la bacchetta magica puntando una roccia gelata non molto distante...

Gelum Minimi Crystal

Difficoltà: Neve
Tipo: Incantesimo Acuan
Descrizione: Un cristallo di ghiaccio di piccole dimensioni si abbatte su un soggetto designato
Genere: Offensivo
Danno: 19


Dopo di ciò, sfiorò con la punta del catalizzatore il centro del proprio petto, recitando...

Ristora Nix

Difficoltà: Neve
Tipo: Incantesimo di Guarigione Acuan
Descrizione: Restituisce 16 PS a sé stessi o ad un soggetto
Genere: Supporto
Danno: //


Bene, ora aveva davvero concluso il lavoro per quella mattina.
Era la prima volta che riusciva ad immergersi completamente.
Le ultime quindici non era andato oltre la parte superiore dell'addome.
Al fatto di aver assunto le sembianze di un pinguino ci avrebbe pensato con calma.
Con le ossa e i muscoli indolenziti e un leggero tremolio, Zephyr si preoccupò di vestirsi completamente.
Tra nemmeno un'ora e mezza aveva la lezione al San Mungo di patologia medimagica.
Follia? Incoscienza?
No, solo completa devozione nei confronti di un elemento che gli aveva regalato un'anima quando egli pensava di non averla.

◊ Autoconclusiva ◊
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Messaggioda Zephyr » 03/11/2014, 21:59

[newsgoth]
Covo Acuan ◊ Area Smeralda ◊ 9 Febbraio 2109 ◊ 11:20


L'Area Smeralda era il dono fatto dallo spettro dei Terran al Covo Acuan.
In questa landa molto grande e piacevole allo sguardo, l'erba cresceva rigogliosa e non moriva mai.
Per quanto tutto intorno all'area ci fosse una temperatura molto bassa, all'interno di quel fazzoletto di terra si potevano godere tra i 24° e i 26°.
L'Erede della Terra in visita lì, aveva chiesto esplicitamente che tutto l'Area Smeralda fosse riservata soltanto a lei e, al massimo, al suo accompagnatore, per tutto il tempo della visita, ed infatti si era rifiutata di vedere quasi ogni altro dettaglio della Gilda, preferendo starsene lì tutto il giorno e tutti i giorni, leggendo, parlando di tanto in tanto con Zephyr e cercando di stuzzicarlo spesso e volentieri.
Non nascondeva affatto il suo risentimento nei confronti del semi vampiro, poiché in quanto tale lo vedeva per parte una aberrazione della natura e quindi qualcosa di sudicio, schifoso e senza il diritto di vivere, ma di certo non lo avrebbe ucciso lei, tollerandolo proprio perché, se non altro, una minima scintilla di Mana in lui sussisteva. Ciò che la mandava più in bestia di lui, però, era che non rispondeva ad alcuna provocazione, rimanendo sempre impassibile, freddo e, appunto, glaciale. Quasi avrebbe potuto fare concorrenza al corrispondente Erede Fywir.
Il ragazzo spiegava ogni cosa con molta cura e tranquillità, indottrinato e acculturato, dopo aver letto per diversi giorni i documenti più importanti da memorizzare, utilizzando sorrisi soltanto quando si rivelavano necessari e acconsentendo a qualsiasi ordine gli veniva dato.
L'appuntamento per quella mattina era alle 11:30, sempre presso l'Area Smeralda. Prima che giungesse lui, un ignaro Acuan giunto solo quel giorno, si avvicinò a Moira con l'intento di salutarla educatamente, ma purtroppo lei non fu troppo contenta di quella volontà.

Alt.
Fermati immediatamente.
Che cosa vuoi?


Ci tenevo a salutarVi, Erede della Terra.

Sai cosa me ne faccio del tuo saluto, Gildato?
Non hai sentito che è vietato camminare su questo prato finché ci sono io?
Credo proprio che il tuo Oceano non ti abbia informato...


Immagine

Io... Ecco... Mi spiace, non volevo in alcun modo...

Stai chiacchierando troppo, Gildato!
Aria, via, muoversi!


... S-sì...


Il Giovane Fiume si allontanò a passo spedito, con la testa bassa e un morale altrettanto basso, ricacciando indietro le lacrime per come era stato trattato. All'interno della Gilda, molti erano ansiosi di parlare e salutare gli Eredi, poiché pensavano che fossero un elemento di connessione molto forte tra loro e i druidi. Quando si veniva a scoprire invece che i Nobili erano di tutt'altro avviso, il dispiacere si mostrava forte e con esso scompariva la speranza di poter avere un futuro quasi certo di amicizia e solidarietà con i "cugini" del Mana. Seppur molto, molto lontano, Zephyr aveva ascoltato alla perfezione lo cambio di battute tra Moira e il confratello, inspirando profondamente e raccogliendo tutto il ghiaccio possibile nel suo spirito. Quei giorni lo avevano messo molto a dura prova, ma il freddo e la neve circondavano la sua anima fornendogli la capacità necessaria di affrontare tutto ciò. Era una prova speciale per se stesso, per aumentare il proprio legame con quella scintilla naturale alla quale doveva tantissimo, un ringraziamento continuo e perpetuo. Vestito con una maglietta verde attillata e un completo di jeans blu scuro, la guida in carica dell'Erede della Terra prese a camminare verso di lei, così da raggiungerla nell'orario stabilito. Per puro "piacere" e soddisfazione personale si era rifiutato di alterare il colore dei propri occhi, quasi a volerle fare un dispetto. In fondo lei non poteva sapere che lui fosse in grado di cambiarlo, quindi dovette sorbirselo per tutto il tempo con quel tratto che faceva ben riconoscere la sua appartenenza alla razza vampirica.
Non appena la ragazza colse il rumore dei suoi passi nell'erba, alzò lo sguardo con aria scocciata, fissandolo appena appena disgustata.

Ah, eccoti qui.

Buongiorno Vostra Terrestre Maestà.

Immagine

Che "meravigliose" attrazioni hai in programma di propinarmi oggi?
Sentiamo...


In realtà, essendo il Vostro ultimo giorno di permanenza, volevo lasciarVi la completa libertà decisionale.
Avete qualche preferenza, forse?


Mi stai dicendo che non devo sorbirmi qualche altra spiegazione inutile della quale non me ne frega niente?
Meno male, allora la mia decisione è rimanere qui...


Bene, d'accordo.
Sono a vostra completa disposizione in ogni caso.


Moira lo fissò intensamente da capo a piedi, non che le interessasse o lo trovasse un bel ragazzo, era sempre e comunque uno schifo innaturale, ma la cosa che proprio non sopportava era quel suo essere così pacato, così accomodante quasi come se fosse una specie di presa in giro.
Evidentemente l'Oceano lo aveva scelto proprio per quella sua tempra emotiva molto sviluppata, ma quanto le metteva rabbia, lei che in teoria doveva essere integra e resistente a certi affronti in quanto possedeva la Terra per eccellenza. Zephyr poteva percepire il battito del suo cuore distintamente, come un tamburo impazzito, ma non le fece notare niente, rimanendo al proprio posto ed anzi, spostandosi per camminare lì intorno e lasciarla completamente da sola, senza essere disturbata dalla propria presenza aberrante e nauseante. L'Erede riprese a leggere il proprio libro, regalatole diverso tempo prima da Rawyn, come dono di compleanno. Anche se l'aveva finito già diverse volte, continuava imperterrita a ricominciarlo per via del sentimento provato e non ricambiato nei confronti dell'Erede del Vento. Mentre però stava voltando pagina, spostando il segnalibro di metallo resistente, di nuovo la presenza "ostile" della propria guida investì il suo animo e dovette concentrarsi affinché fosse in grado di ricacciare il desiderio di colpirlo o attaccarlo. Poi però pensò che, certo, non avrebbe potuto farlo fisicamente, ma mentalmente c'era ancora possibilità di ferirlo. Aveva un gran desiderio di far cedere Zephyr, per quello lo richiamò a sé con un tono molto furbo e malizioso, rimanendo in attesa che la guida tornasse di fronte a lei, mentre ella rimase seduta dov'era.

Mi avete chiamato, Erede?

Sì, hai sentito bene.
Posso farti una domanda?


Certamente.

Non ti deprimi al pensiero che molti tuoi confratelli ti percepiscano come un mostro?

...

Sì, insomma, sei abilitato a far parte di questo gruppo, ma chiunque ti sta intorno e si trova ad un grado alto non può fare a meno di considerarti un poco ripugnante.
È triste no?


...

Che c'è?
Ho detto forse qualcosa di male?
È la verità però, anche l'Acuan Diluvium non potrebbe smentire le mie parole...


Quella volta fu il cuore del ragazzo a battere per qualche secondo più veloce, ma non certo per emozione.
Il vento soffiò silenzioso, muovendo i capelli di Moira, mentre aspettava soltanto che lui scoppiasse, che lui perdesse la pazienza.
Ne aveva molta voglia, era innegabile. Avrebbe voluto darle uno schiaffo andarsene, non guardarla nemmeno in faccia, covando il dispiacere interiore per le parole sentite, lui che faticava ogni giorno ad accettarsi in quel mondo come una persona comune pur sapendo di essere un diverso, di essere una creatura assurda, non generata ma creata artificialmente. Chiuse gli occhi, provando a raccogliere tutto il ghiaccio disponibile nello spirito chiedendogli l'aiuto necessario anche in quel caso, anche per quella occasione; forse per la prima volta quella apparì più come una supplica che una semplice richiesta e parve che nuovamente il Conflux non lo abbandonò. Riaprì le palpebre e la ragazza poté notare subito gli occhi lucidi di Zephyr, rimanendone colpita, ma non in positivo, non con soddisfazione, bensì... dispiacere.
Forse per la prima volta aveva capito che pur essendo metà vampiro, anche lui era umano e soffriva come chiunque. Nonostante questo, il Nix annuì lentamente, come a voler confermare quanto detto dall'Erede, parole reali, parole vere, parole che non poteva smentire neanche volendolo. Una verità con la quale conviveva fin dal primo giorno e che a torto o a ragione cercava di mandar giù come un boccone amaro.

Oh, scusami se ti ho ferito...

Una palese ironia, alla quale però lui non diede sfogo adeguato, per l'ennesima volta.

Sono vostre considerazioni.
Mio dovere è ascoltarle, perché Voi desideravate lo facessi.
Non c'è bisogno che Vi scusiate.


Dopo aver detto questo, l'Acuan prese dalla tasca interna della giacca un libro che lanciò a terra proprio davanti a Moira, la quale un poco interdetta e ancora scossa dall'accaduto lo afferrò e lo aprì, rimanendo per qualche secondo impressionata e meravigliata.

Immagine

Questo... che cos'è?

Vi ho vista leggere sempre lo stesso tomo, ho pensato aveste finito la vostra collezione personale.
So che voi Eredi non potete uscire dai confini del vostro territorio, ma il mondo è piano di foreste, boschi e giungle che inneggiano alla potenza e alla bellezza dell'elemento che alberga in Voi. In quel libro magico, ogni pagina raffigura un luogo di questo pianeta in tutte e tre le dimensioni, sfiorando le punte degli alberi li farete muovere, ed anche toccando le superfici dell'acqua otterrete un effetto simile.
Dovrebbero essere in tutto trecento pagine o anche più. È il mio dono personale per Voi al termine di questi giorni passati insieme.


È... davvero... molto bello, i paesaggi sembrano veri...

Con permesso, mi ritiro qualche minuto, ho bisogno di riflettere.
Prometto che non Vi farò attendere troppo in solitudine.


Moira alzò lo sguardo e negli occhi del ragazzo non poté notare alcuna traccia di odio o risentimento verso di lei, con tutto che gli aveva fatto del male, con tutto che l'aveva voluto umiliare, con tutto che l'aveva trattato come un escremento per tutta la settimana. Era incredibile quanto stesse sopportando ancora, era assurdo che volesse ancora finire il suo compito. Era assurdo ma, perché? Come faceva? Come ci riusciva?
Il tono che le uscì dalle labbra fu inizialmente tremulo, poi via via più liscio fino a diventare alto, come quasi un urlo liberatorio, inquisitore.

Capisco il timore verso una possibile guerra.
Capisco il rispetto nei confronti del tuo Oceano.
Ma non ho mai percepito nel tuo Ghiaccio ostilità verso di me.
Gli elementi non mentono mai, allora dimmi, perché non mi odi?
Perché non provi risentimento?


Zephyr interruppe il suo cammino, poi, si girò un'ultima volta, osservandola con calma e serietà.
La ragazza sembrava quasi arrabbiata con lui, stizzita e allo stesso tempo confusa e fragile.

Perché Voi rappresentate la Natura.
Voi rappresentate Gaia e di conseguenza anche il mio Conflux.
Per tutta la vita ho inseguito il sogno di essere totalmente umano e normale.
Una volta, qualcuno mi disse che la Natura che alberga in me, ha potuto legarsi al mio spirito perché in parte sono umano.
Quando penso alla Natura, quando penso al Ghiaccio, penso alla mia umanità e mi ricordo che essa c'è e di conseguenza, mi sento più felice.
La Natura mi rende felice, Voi siete l'esponente più alto della Natura... Voi mi rendete Felice.
... Vi ringrazio di esistere, poiché se non esistereste Voi, non esisterei nemmeno io.


...


Le rivolse un ultimo sorriso, sincero come ogni altro rivoltole in tutta quella lunga settimana.
Zephyr Kenway dunque riprese a camminare lontano dall'Area Smeralda, mentre Moira, l'Erede della Terra, lo fissò andarsene con incredulità, percependo sensazioni contrastanti annidarsi nel suo animo.
Per il resto del pomeriggio e della sera, la Nobile non rifiutò più i saluti dei Gildati che le si avvicinarono.

◊ Autoconclusiva Accordata con l'Amministrazione ◊
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Messaggioda Ymir » 09/06/2015, 22:18

† Esterno della Gilda Acuan _ Maggio 2110, 25 _ 10.10 a.m. †


Ce ne aveva messo di tempo, per trovarlo... quasi due anni.
Dovendo essere sinceri, non aveva dedicato a quell'obiettivo ogni secondo del suo tempo, poiché gli allenamenti con Louis l'avevano impegnata più del previsto: aveva passato tanto tempo con lui, per quanto i secondi, i minuti, le ore fossero del tutto relativi per due Vampiri come loro.
Aveva stretto un rapporto, con l'Eterno, un rapporto che, a detta dell'ex Erede, andava ben oltre quello tra una sorellina ed un fratello più anziano: si erano scambiati il sangue, l'equivalente del sesso per gli esseri viventi, ed avevano fatto anche quello -poiché la parte ancora umana di Ymir provava pulsioni a volte difficili da reprimere.
Se fosse stata ancora una Erede avrebbe detto che lei e Louis erano promessi sposi, se fosse stata una ragazza qualsiasi, invece, che loro due "stavano insieme": come Vampira, invece, non si azzardava a dire nulla, preoccupandosi solo di apprendere da lui tutto il necessario per diventare più forte e pericolosa -contro la Loggia di Nosferatu e chiunque altro si fosse messo sul suo cammino- e di godere di ogni istante d'eternità a loro concessa.
Tuttavia non aveva dimenticato i suoi doveri, e quel nome che le avrebbe dato accesso alla Pozione del Fuoco Eterno: Zephyr Kenway, un Gildato Acuan nonché semi-Vampiro che il caro Lestat aveva preso, per così dire, sotto la sua ala protettiva; dopo aver passato qualche giorno a studiarlo, complice anche il fatto che, in quanto Vampira ben più vecchia di lui, per il ragazzo sarebbe stato difficile individuarla, Ymir aveva infine optato per un approccio piuttosto... plateale.
Quel giorno aveva atteso che l'Acuan, come spesso succedeva, uscisse dalla Gilda per cercare nella solitudine dell'ambiente circostante una connessione col suo Elemento -che lì dominava incontrastato- e lì aveva deciso di incontrarlo, presentandosi a lui prima nella sua forma peggiore.
Non appena Zephyr avesse raggiunto un punto da lui consono per meditare e ricercare il profondo legame col Ghiaccio, avrebbe sentito un rumore provenire da non troppo lontano, come un... ruggito.

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Un Drago, un enorme Drago nero planò fino a lui dall'alto, volteggiandogli intorno un paio di volte prima di fermarglisi di fronte, con le zampe che sfioravano il terreno ghiacciato senza però toccarlo: essendo fondamentalmente una prima donna, ed approfittando di ogni occasione nel quale poter mostrare quella parte di sé, Ymir sperò che quella vista lo spaventasse almeno un poco; a prescindere dal risultato ottenuto, comunque, mentre il ragazzo ancora la guardava -forse spaventato, forse perplesso- la Vampira riprese lentamente la propria forma originale... quella decisamente migliore.

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Disturbo?
Ultima modifica di Ymir il 09/06/2015, 23:11, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda Zephyr » 09/06/2015, 23:05

[news]
Esterno Gilda Acuan ◊ Lastricato Ghiacciato ◊ 25 Maggio 2110 ◊ 10:06

"La sindrome di Marfan è una patologia autosomica dominante (MIM/OMIM 154700) che colpisce il tessuto connettivo.
Dal momento che tutti gli organi contengono tessuto connettivo, le manifestazioni della sindrome di Marfan interessano molte parti del corpo, specialmente il sistema scheletrico, gli occhi, il cuore e i vasi sanguigni, i polmoni e le membrane fibrose che ricoprono il cervello e la colonna vertebrale. Il termine deriva dal nome del pediatra francese Antoine Marfan.
"


Quella mattina aveva fatto visita alla Gilda molto, molto presto.
Aveva incontrato Alexis Parker, una sua ex compagna di scuola ed ora consorella Acuan, per chiederle alcune informazioni.
Necessitava di appunti riguardanti una patologia medica babbana piuttosto difficile da studiare e sapeva che lei avrebbe potuto fornirglieli.
Da quando si conoscevano, il loro scambio di informazioni e nozioni era diventato pressoché uno standard, si aiutavano a vicenda pura svolgendo due percorsi lavorativi molto diversi, i quali si incontravano solo in pochi punti, ma tali punti erano fondamentali al fine di uno studio comune.

"Lo spettro delle manifestazioni della sindrome è molto ampio e diversificato: mentre per alcuni pazienti la diagnosi è immediata e precoce, per quei soggetti invece per i quali solo alcuni dei sintomi sono presenti la diagnosi è difficoltosa. Solo un'indagine genetica può in definitiva garantire una diagnosi precisa per queste persone che, paradossalmente, sono quelle più a rischio."


Quando scriveva, Alexis non solo possedeva una grafia leggibilissima ed elegante, ma in più ogni concetto veniva espresso con una precisione a dir poco spaventosa. Zephyr poteva vantare un ottimo sistema di studio e rielaborazione, ma di sicuro lei lo batteva in quanto a riassunti e stratificazione dei concetti in sotto argomenti di più facile apprendimento. Di pagina in pagina, le informazioni divenivano via via sempre più chiare e limpide, non facevano nascere domande o dubbi e in tal modo anche il suo livello di preparazione aumentava esponenzialmente.
Non voleva mai finire di imparare, non quando poteva disporre di risorse tanto comode e piacevoli.

"Le manifestazioni oculari sono fondamentalmente caratterizzate dal dislocamento del cristallino (chiamato anche ectopia lentis) e dalla sferofachia, spesso presente nelle forme diagnosticate in età infantile e da problemi della retina, come il distacco.
Recenti studi hanno dimostrato che la dislocazione del cristallino è un segno estremamente peculiare nei pazienti Marfan, in quanto nel 90-95% dei casi esso è correlato proprio a questa sindrome.
Il cristallino risulta in genere sublussato, e questa anomalia causa molto spesso vizi di rifrazione (tra i quali il più frequente è una miopia spesso molto forte, ma si possono riscontrare anche presbiopia, ipermetropia e astigmatismo).
"


Il silenzio e la calma intorno a lui favorivano di gran lunga l'assimilazione di quelle parole, tanto che in alcuni casi Zephyr nemmeno perdeva tempo a trascrivere o copiare note a piè pagina. Avrebbe dovuto fare un grosso regalo ad Alexis prima o poi, un qualcosa di utile alla sua futura vita come Ricercatrice, forse, o magari qualcosa di più femminile. Ci avrebbe pensato con calma a tempo debito, magari in concomitanza con l'arrivo del suo compleanno, intanto era meglio non perdere tempo a pensare a certe cose e tornare al proprio studio intenso. O meglio, era ciò che aveva intenzione di fare, se non fosse stato per un rumore ed un evento insolito che interruppero bruscamente il suo operato.

"Nelle manifestazioni muscolo - scheletriche, ciò che più colpisce è l'altezza dei pazienti, che sono più alti della media dei coetanei, e spesso sviluppano (soprattutto durante l'adolescenza) segni di magrezza eccessiva.
Un'altra caratteristica è la...
"


... Mh?


Alzò lo sguardo in alto, osservando attentamente cosa gli stesse volando sopra la testa.
Un enorme drago nero, sicuramente adulto a giudicare dall'aspetto e dagli occhi rossi intensi e penetranti, praticamente come i suoi, anche se lui preferiva tenerli di colore azzurro per amalgamarsi al resto del Mondo Magico. Posando gli appunti nello zaino, il semi-vampiro si alzò in piedi, incrociando le braccia al petto. L'anello Acuan non vibrava e non si illuminava: segno distintivo che al momento non c'erano pericoli da temere.
Gli abiti indossati dal Kenway: Canottiera bianca sbracciata, camicia a quadri di cotone, jeans blu scuro, stivaletti di cuoio ocra.

Immagine


Il Drago maestoso atterrò, facendo tremare il terreno e rompendo alcune lastre di ghiaccio lì vicino, che si distrussero come fossero fatte di burro.
Gli occhi di Zephyr osservavano la figura misteriosa con curiosità e perplessità. Perché era atterrato proprio di fronte a lui? La bacchetta, a prescindere, era pronta per essere estratta dalla fondina attaccata alla cinta dei pantaloni, ma non ce ne fu bisogno, non per il momento almeno.
Circa cinque-sei secondi dopo, Ymir si mostrò a lui in una forma decisamente migliore di quella precedente.
Che femmina bellissima, faceva quasi concorrenza a Melia e quello era già dire tutto. Il Kenway assottigliò lo sguardo notandone gli occhi rossi.

Disturbo?

In realtà sì.
Stavo studiando.
Mi hai deconcentrato.


Rispose con calma freddezza da Acuan del Ghiaccio, fermo nel tono e nell'espressione, ma sorridendo appena poco dopo, a far capire che stava scherzando e che non c'era alcun problema. Sciogliendo le braccia fece qualche passo avvicinandosi alla vampira, perché di vampira pura si trattava senza ombra di dubbio, guardandola dalla testa ai piedi con una mal celata ammirazione. Le forme erano perfette, i capelli fluenti e impeccabili, le labbra né sottili né troppo carnose, la voce melodiosa, al pari di una sirena. Alla bellezza eterna del vampiro era mischiato qualche altro fattore ma essendo lui non di ultimo stadio non poteva percepire i sei elementi che giustificassero quel valore aggiunto nel suo spirito.

... Posso aiutarti?


Spoiler:
Cito anche Asher in quanto, a sua discrezione, questa azione potrebbe essere considerata un'integrazione al tirocinio in corso.
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Messaggioda Ymir » 09/06/2015, 23:31

Non l'aveva spaventato... che peccato!
Sì, la sua volontà di farlo perlomeno sobbalzare le stava facendo provare un poco di dispiacere al pensiero di non averlo impressionato, ma era sempre in tempo per raggiungere il proprio scopo, anche in un secondo momento.
Dopo averlo guardato per qualche istante nella sua forma più animalesca, Ymir scelse un approccio decisamente più dolce, palesandosi a lui nella sua forma umana.

In realtà sì.
Stavo studiando.
Mi hai deconcentrato.


Colpita dalla sua freddezza? Suvvia, era impossibile... si stava parlando di una Vampira vecchia di un secolo e mezzo, nono esattamente una novellina: sostenne il suo sguardo, sondando il corpo del ragazzo con gli occhi color rubino; era bello, non c'era che dire, con una parte del fascino vampiresco ad aiutarlo non poco... sì, quasi da farci un pensierino, in altre circostanze.
Quando Zephyr sorrise, Ymir sorrise a sua volta, mostrandosi in tutta la sua eterea bellezza: era perfetta, assolutamente perfetta, in ogni suo più piccolo dettaglio, una visione celestiale per gli occhi di cui qualsiasi uomo si sarebbe voluto beare in eterno.
Peccato che solo a loro, ai non-morti, fosse concesso parlare di eternità.

... Posso aiutarti?

Me lo auguro davvero. -rispose la Vampira, avvicinandosi a sua volta e girandogli poi lentamente attorno, come se stesse soppesando la sua figura per chissà quale giudizio mentale- Curioso davvero... è la prima volta in quasi 200 anni di vita che incontro un essere in parte Vampiro ed in parte benedetto dal Mana.
... siamo simili.


A seguito di quelle parole, con noncuranza, Ymir stese la mano, usando i poteri dei Druidi che ancora le scorrevano nelle vene per modificare -Incanto Lv. 5- la direzione del Vento che sferzava leggero da ovest ad est prima, e da est ad ovest poi.
Avrebbe capito di trovarsi di fronte ad una figura ben più che particolare?

Il mio nome è Ymir, Erede del Fulmine vampirizzata più di un secolo fa.
Il Mana mi ha concesso di mantenere i miei Elementi per continuare a proteggere e servire l'Equilibrio, ma per farlo ho bisogno del tuo aiuto.
-pratica, concisa, considerando il tempo impiegato a fare altro piuttosto che trovarlo, ora sarebbe stato meglio non perderne altro con inutili convenevoli- Esiste un gruppo di Vampiri che minaccia gli Eredi, l'Equilibrio, la nostra stessa esistenza: si chiama Loggia di Nosferatu, ed io voglio distruggerla.
Motivo per il quale sono qui, per il quale mi servi tu.


Sorrise leggermente, un misto di divertimento e complicità: per quanto non si conoscessero, Kenway avrebbe scoperto presto quante cose potesse avere in comune con Ymir, l'unica Vampira al mondo che il Mana non aveva abbandonato in quanto sua figlia.
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Messaggioda Zephyr » 11/06/2015, 21:57

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... Posso aiutarti?

Me lo auguro davvero.

Te l'ha detto lui che potevi venire a cercarmi?


Il riferimento a Lestat era abbastanza palese, ma nel tono del ragazzo non c'era traccia di fastidio, poiché sapeva che ormai il suo compito era anche appoggiare la causa di tutti i vampiri che cercavano tranquillità e integrazione con il mondo dei maghi, oltre che la difesa del Conflux.
La vide avvicinarsi girargli attorno, osservandolo meglio, forse cercando di cogliere dei particolari non facilmente visibili.
Zephyr si mostrava decisamente tranquillo, non c'era traccia di ostilità in quella "sorellastra", ciò nonostante standole di fronte percepiva delle sensazioni contrastanti, nelle quali non c'entrava nulla il fatto che se la sarebbe fatta molto volentieri.

Curioso davvero... è la prima volta in quasi 200 anni di vita che incontro un essere in parte Vampiro ed in parte benedetto dal Mana.

200 anni?
Allora sei una giovincella, per gli altri...


Non certo per lui che, seppur potendo vivere parecchio parecchio non avrebbe mai concepito il termine "Eternità" come invece lei era in grado.
La sua vita, presto o tardi, si sarebbe spenta, e non sapeva se quello per la bionda di fronte a lui fosse un motivo di invidia o pietà.
Quando però ella pronunciò quelle parole: "... siamo simili.", Zephyr fu quasi costretto a farsi più attento. Grazie ai propri poteri, la vampira mutò la direzione del vento, lasciando per diversi secondi il ragazzo basito e sorpreso. Assottigliò lo sguardo, osservando nella direzione in cui adesso soffiava il maestrale e poi di nuovo in volto alla donna dagli occhi cremisi.

Ma... Ma come... Come sei riuscita a...

Il mio nome è Ymir, Erede del Fulmine vampirizzata più di un secolo fa.

CHECCOSA?


Fece un passo indietro, non sapendo nemmeno se fosse necessario inginocchiarsi oppure rimanere bloccato come un cretino, esattamente come stava già facendo in quel preciso istante. Una Erede defunta 200 anni prima, poi diventata non morta. Quello era una specie di grosso affronto a Gaia, dovevano averla allontanati tutti quanti i Druidi facenti parte della sua casta. L'attuale Erede era a conoscenza di quella "parente" ancora in giro per il mondo? Beh, non erano affari suoi però certe domande sorgevano spontanee. Doveva aver sofferto davvero parecchio nel mutare in una creatura probabilmente odiata e schifata fino ad un giorno prima di morire.

Tu usi i poteri di un Druidi, mi spieghi come è...

Il Mana mi ha concesso di mantenere i miei Elementi per continuare a proteggere e servire l'Equilibrio, ma per farlo ho bisogno del tuo aiuto.

Il mio... Aiuto... ?

Esiste un gruppo di Vampiri che minaccia gli Eredi, l'Equilibrio, la nostra stessa esistenza: si chiama Loggia di Nosferatu, ed io voglio distruggerla.
Motivo per il quale sono qui, per il quale mi servi tu.


... E qualcosa mi dice che sia stata questa Loggia a renderti come sei adesso, dico bene?


L'ultima cosa che poteva aspettarsi da una giornata del genere era ricevere una visita da parte di una Erede vampirizzata da due secoli.
Anzi, forse non se l'aspettava a prescindere e basta. Sapeva che se un Druido diventava un vampiro, perdeva immediatamente tutti quanti i poteri concessi dal Mana, mentre invece per lei questo fenomeno non si era verificato, o forse lo era stato soltanto in parte. Per forza la vedeva così stupenda allora: era il miscuglio della naturale bellezza del Druido con l'innaturale bellezza del vampiro, in pratica un connubio esplosivo.
Sospirò, rendendosi conto che prima o poi quel momento doveva arrivare. Annuì con lentezza, appena appena in pensiero.

Ammetto la mia ignoranza.
Credo che le nostre forze non si equivalgano nemmeno, per quanto io sia decisamente molto potente.
Escluderei quindi che tu abbia necessità della mia persona come eventuale elemento per il tuo esercito privato.
Intanto, prima che tu mi risponda, potresti farti leggermente indietro?
Non sono immune al tuo fascino e lo dico con estrema sincerità...
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Zephyr
Acuan Gelum
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