Re: Islanda - A Nord di Reykjavík
Inviato: 27/02/2014, 13:47
[Stanza di Alexis Parker - Villaggio Acuan - Sabato 28 Dicembre 2107 - ore 09.12]
Non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato, ormai: erano 5, 6 mesi? O di più?
Da quando Typhon l'aveva lasciata, il tempo aveva iniziato a scorrere ad un ritmo tutto suo: alcuni giorni scorreva normalmente, altri pareva quasi dilatarsi all'infinito, altri ancora aveva la sensazione che ore intere fossero passate in un battito di ciglia.
Il lavoro era inizialmente stato, e non aveva remore nel dirlo, la sua salvezza: nel laboratiorio la chiamavano "formichina", perché nessun Assistente Ricercatore si era mai impegnato tanto quanto lei. Passava dalle 8 alle 10 ore consecutive all'interno del laboratorio, con sporadiche punte di 12: rimetteva in ordine gli enormi schedari dell'archivio in modo che ogni fascicolo fosse al suo posto, si occupava della catalogazione delle provette in sequenza alfabetica a seconda del composto che contenevano; si rendeva anche utile all'intera struttura con le sue conoscenze babbane. Da quando, infatti, il Congresso di Scienze Sperimentali di Oslo aveva riconosciuto la validità dei computer, macchine tecnologiche del mondo dei non-maghi con cui si poteva fare di tutto o quasi, ed aveva deciso d'installarli all'interno di ogni laboratorio, i Purosangue avevano cominciato a dare di matto.
Nessuno di loro si azzardava a metterne in dubbio, l'utilità, perché effettivamente lo studio dei composti, la loro analisi approfondita particella per particella, la registrazione dei passaggi volti a formarli, tutto diventava più semplice con quelle macchine, più preciso e dettagliato... ma che fatica per capirne il funzionamento!
Era stato quello il momento di "gloria" di Alexis, che aveva passato un'intera settimana a correre da un ufficio all'altro per insegnare ai Purosangue come si usassero - compito che l'aveva fatta sentire particolarmente utile.
Ma poiché non poteva viverci nel laboratorio - e non perché non l'avesse chiesto - doveva pur tornare a casa, a fine giornata: peccato che "casa" fosse il luogo in cui aveva convissuto con Typhon per anni; dalla notte in cui l'aveva lasciata non era più riuscita a metterci piede, al punto da chiedere ad una collega, Acuan come lei, di passarvi a prendere le sue cose, dopo che Seal si era già occupato di portarsi via le proprie.
Era stata grata al Mana, in quel momento, poiché scegliendola le aveva permesso di avere un posto dove vivere: il Villaggio Acuan le aveva aperto le sue porte, e l'Oceano aveva assegnato a ciascuno, lei compresa, una stanza nella quale risiedere. Era un po' come sostare nelle taverne medievali, quelle dove gli ospiti avevano una stanza privata per dormire, e poi bagno e cucina comuni: ogni casa conteneva fino a sei persone, per un totale di sei stanze, una cucina, un salottino e due bagni - cosicché ci si potesse lavare e fare i propri bisogni con calma.
Naturalmente il Villaggio era anche provvisto di una mensa comune, di palestre, biblioteche, aule studio, ecc.,ma per Alexis era confortante sapere di potersi chiudere nella propria stanza dopo essersi cucinata qualcosa, senza dover essere costretta a parlare coi propri Confratelli; e l'aveva fatto spesso, soprattutto nelle prime settimane dopo la rottura, quando anche alzarsi la mattina era faticoso a seguito di una nottata passata a piangere.
Ed altrettanto faticoso era stato dirlo ai suoi genitori: convinti che andasse tutto a gonfie vele tra lei e Typhon, era stato un vero shock per loro rendersi conto che non solo c'erano problemi, ma che addirittura il ragazzo aveva lasciato la loro bambina - tale sempre e comunque. Poiché l'indole buona Alexis da qualcuno doveva averla pur presa, nessuno dei due aveva speso brutte parole nei confronti dell'Olandese, limitandosi a proporre alla ragazza di tornare a vivere a casa loro, visto che non avevano toccato la sua vecchia stanza da quando si era trasferita nel bilocale insieme a Seal.
Inutile dire che l'ex Delfina aveva gentilmente rifiutato, adducendo come scusa il fatto che il laboratorio per cui lavorava mettesse a disposizione degli alloggi per i dipendenti a poca distanza da esso - e a lei faceva comodo abitare a poca distanza dal posto di lavoro, per di più gratis; le dispiaceva, naturalmente, aver dovuto dire una bugia ai suoi genitori, ma ne andava della sua sanità mentale.
E, d'altronde, davvero non le costava nulla abitare tra gli Acuan, poiché nessuno le aveva mai chiesto uno zellino: era lei a donare mensilmente parte del proprio stipendio al fondo comune, ed era piuttosto sicura che tutti gli Acuan si comportassero allo stesso modo.
Le prime settimane, dunque, erano state le più difficili: non appena chiudeva gli occhi, la mente la torturava con immagini di Typhon in compagnia di lei mentre si abbracciavano, si baciavano, o semplicemente stavano insieme; il suo istinto, poi, [Intuito (Sesto Senso) 22] le aveva sempre suggerito che i due andassero a letto insieme anche mentre Seal stava con lei, e che quindi non avessero mai smesso; per questo, la mente le proponeva mille e più situazioni nelle quali, mentre Alexis lavorava e lo pensava con amore, lui si stava dilettando con la ex, magari facendosi anche beffe di lei e della sua ingenuità - era stato in quelle occasioni che si era resa conto di quanto fosse sadico il suo cervello.
E quando non pensava a Typhon in sua - non riusciva nemmeno a pensare al suo nome - compagnia, ricordava l'amore che Seal le aveva sempre professato di provare per lei, di tutte le rassicurazioni che le faceva, di tutti i "ti amo" sussurrati guardandola negli occhi.
In quei primi giorni che sembravano non finire mai, le era davvero parso di impazzire, e più di una volta si era chiesta se fosse possibile morire di dolore, se quando sentiva il cuore contrarsi e le lacrime scenderle incessantemente lungo le guance - gocce dal sapore del sangue - quelli fossero i primi segni di un principio di pazzia che l'avrebbe spinta a spegnersi, primo o poi: qualcuno avrebbe potuto dirle che esagerava, che era assurdo stare così male solo per un ragazzo... ma Typhon non era stato solo un ragazzo qualunque; era stato il primo a farla innamorare, a darle un bacio, ad esplorare il suo corpo - anche se mai fino in fondo. Era stato colui col quale aveva condiviso il sogno dello Sheliak&Vega - nel quale ormai metteva piede solo quando era sicura che lui non ci fosse - la persona con cui era andata a convivere dopo il diploma, quella che avrebbe dovuto e voluto sposare.
Typhon Seal era stato l'unico, per lei.
Nei momenti di dolore più profondo, soprattutto la sera quando non c'era più nulla che potesse distrarla da determinati pensieri, era stata l'Acqua ad impedirle di perdere il controllo: quando Alexis sentiva di essere quasi sul punto di cedere, si concentrava sul suo Elemento e riusciva a non precipitare nel baratro più nero. Non fu semplice, inizialmente, entrare in connessione con essa: ovviamente provava molto più piacere di prima nel farsi una doccia, calda o fredda che fosse, aveva quasi raddoppiato la quantità d'Acqua bevuta giornalmente perché era indescrivibilmente bella la sensazione di quel liquido fresco che, scendendo giù per la gola, rinfrescava tutto, anche lo spirito, e poteva passare ore intere sotto la pioggia, ferma nel silenzio più assoluto. Spesso si perdeva a contemplare i grandi laghi circondati dal Ghiaccio appena fuori dal Villaggio, e che tenerezza giocare con le volpi artiche, con le foche e coi pinguini!
Ma cercare intenzionalmente l'Acqua dentro di sé era tutta un'altra cosa: la prima volta che ci riuscì fu per caso, nel corso di un attacco di panico all'idea di dover tornare a casa per riprendere le proprie cose dopo la rottura con Typhon - e prima che la collega Acuan si offrisse di farlo al posto suo; allora si stava concentrando sul proprio battito cardiaco per regolare la respirazione, quando lo sentì.
Era una sorta di rumore di sottofondo: lieve, quasi impercettibile, ma costante.
Sul momento non comprese davvero di cosa si trattasse - ma le bastò concentrarsi su esso per sentirsi immediatamente meglio - e quando poté ripensarci, a mente lucida, fu quasi incredibile constatare quanto fosse semplice associare quel suono a qualcosa di familiare: il rumore dell'Acqua che scorre.
Era come udire il suono di un corso d'Acqua, e percepire il flebile rumore del suo scorrere sulle rocce, tra le alghe: era così lieve come suono da risultare quasi inesistente, ma viveva nel suo spirito e non c'erano dubbi su questo.
Da quel momento non aveva fatto altro che concentrarsi su quel suono ogni volta che poteva: a lavoro, tra una catalogazione e l'installazione di un software per i computer; e al Villaggio Acuan, naturalmente, quando si stendeva sul letto, chiudeva gli occhi e si preoccupava solo di sentirlo, per ore.
Col passare delle settimane era anche riuscita a visualizzarlo sotto le palpebre chiuse: era un ruscello, come lei, un piccolo e lento corso d'Acqua fresca che però non interrompeva mai il suo scorrere, nemmeno quando incontrava un masso più grande sul suo cammino; aveva preso quell'immagine come una metafora di se stessa, di come sarebbe dovuta essere, e ne aveva tratto forza. Come il ruscello continuava a scorrere, così lei doveva proseguire a vivere, con forza di volontà e fermezza, senza mai arrendersi.
Aveva affrontato il giorno dopo con quella consapevolezza, poi quello successivo e quello dopo ancora: focalizzarsi sull'Acqua, trarre da lei la capacità di andare avanti, le aveva permesso di alleviare progressivamente il dolore per la rottura con Typhon senza che nemmeno se ne rendesse conto.
E quella mattina, svegliandosi, si era resa conto per la prima volta di cosa albergasse nel suo cuore: non più rabbia, non più sofferenza, non più dolore, ma altri sentimenti che finalmente le si palesavano di fronte con chiarezza.
Malinconia, per un rapporto che mai sarebbe potuto rientrare sui binari dell'amicizia.
Tristezza, per un amore finito che tanto l'aveva segnata.
Rimpianto, per il tempo perso a piangersi addosso, credendo che non valesse più la pena di godersi le bellezze della vita.
Consapevolezza, quella di essere cresciuta e maturata anche se, alla fine, i suoi sogni non si erano avverati.
E l'Acqua, come sempre dentro di sé: quel corso lento e mai immobile che percepiva distintamente come fosse fosse sdraiata su di esso, e non sul proprio letto nel Villaggio Acuan.
L'Acqua, sì.
L'Acqua l'aveva salvata.
[Fine Auto-Coclusiva]