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Portico

Messaggioda Miyabi » 06/06/2013, 22:56

E dire che ci aveva pure provato a trattenersi, perché solitamente le riusciva bene: da quando era tornata a scuola, infatti, non era mai scoppiata a piangere in pubblico, riusciva persino a presenziare in Sala Grande anche se mangiava poco e niente e lasciava la tavolata rosso-oro dopo poco tempo.
Ma in quel momento, forse per lo stress accumulato durante la giornata, forse per quegli orribili pensieri che le avevano stretto il cuore in una morsa gelida che sapeva di Morte, non ce l'aveva fatta, ed era crollata di colpo, scoppiando in un pianto straziante, doloroso, che probabilmente fece prendere un bello e comprensibile spavento a Kayleen.

Che.. Che succede?
Qualcuno ti ha dato fastidio?


Scosse il capo, non riuscendo a dire altro.
Anzi, qualcosa la disse poco dopo, due parole balbettate tra i singhiozzi: le dispiaceva, sì, perché non voleva far pena a nessuno, non voleva far preoccupare nessuno, soprattutto la Grifondoro sua amica; avrebbe voluto mostrarsi forte, perché in teoria i componenti di quella Casata erano così... forti, tenaci, in grado di superare le avversità.
E lei, invece, stava affondendo miseramente in un vortice di tristezza senza fine, che le prendeva l'anima e la spingeva giù, nel baratro.

Mi, non ti devi dispiacere.
Non mi hai fatto nulla, davvero!


E invece qualcosa gliela stava facendo: la stava facendo preoccupare, la stava mettendo nella condizione di essere in ansia per lei, qualcosa che si era ripromessa di evitare perché bastava Ethan ad essere costantemente in pena per il suo umore e la sua condizione anche fisica, dato che si era dimagrita molto negli ultimi mesi e sembrava aver perso qualsiasi voglia di reagire.
Per questo si sentiva in colpa, per questo non poteva fare a meno di chiedere scusa, le lacrime che raddoppiavano nel sentire quell'abbraccio da parte dell'amica: possibile che non riuscisse a controllarsi nemmeno un po', a fermare il pianto per rassicurarla e farla smettere di preoccuparsi?

E' stato qualcuno della Cyprus?
Questa maledetta gara sta facendo impazzire tutti!


N-no, non c-c'entra la g-gara...

Riuscì a balbettare Miyabi, scuotendo la testa e tirando su col naso mentre lasciava lentamente la presa delle mani sul proprio volto, posandole sulle ginocchia: tuttavia le lacrime non smisero di scivolarle lungo le guance, né i singhiozzi diminuirono d'intensità; la Grifondoro scosse ancora il capo, rifiutandosi di spostare lo sguardo sull'amica, come se non ne avesse la forza o il coraggio.

La Gazzetta del P-Profeta... - cominciò a dire, in un sussurro rotto dal pianto continuo - La s-strage di En-noshima... - proseguì, il corpo che prendeva a tremare - La m-mia famiglia... l-loro erano... s-sono tutti... - e non riuscì a dire altro, riprendendo a piangere e basta, con quei singhiozzi rumorosi che le spinsero il corpo in avanti, come se stesse male fisicamente per quel pianto che le stava prosciugando ogni energia.

Ma forse, ora, Kayleen avrebbe potuto capire, collegare il dolore di Miyabi a ciò che era successo in Giappone e comprendere che la famiglia della Stevens, tutta la sua famiglia... viveva lì.
E lì era morta.
Per questo la ragazzina stava piangendo, per questo era l'ombra di se stessa da quando era tornata a scuola, per questo sembrava spegnersi ogni giorno che passava.
Tutto aveva un senso, anche se per l'amica di Miyabi forse sarebbe stato meglio non comprenderlo mai.
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Messaggioda Kayleen » 07/06/2013, 19:26

Nel vedere Miyabi scoppiare improvvisamente a piangere, la prima cosa che le venne da pensare fu che qualcuno le avesse dato noia, in particolare qualcuno della scuola rivale. Non riusciva ad attribuire colpe a nessuno se non a quelli della Cyprus, visto che erano loro la vera novità di tutto il castello.
Forse hanno provato ad intimidirla.. - Ipotizzò, nell'osservare le lacrime che continuavano a scendere copiose dagli occhi della concasata e che sembravano proprio non volersi fermare.
Sapevano quanto era brava ed avevano provato a convincerla a non esibirsi, ecco quello che le avevano fatto.
Eppure quel movimento del capo da destra a sinistra in senso di diniego le fece capire che era fuori strada.
Le rivolse uno sguardo interrogativo, confuso, come se con gli occhi potesse invitarla a spiegarle dove stesse il problema, ma ancora non riusciva a guardarla in pieno volto. Non perchè non volesse farlo, ma perchè proprio non le era possibile. Si limitava ad abbracciarla, piegando un po' il capo verso di lei, in attesa che, prima o poi, togliesse le mani dal viso e si calmasse un attimo.

N-no, non c-c'entra la g-gara...

Quel flebile balbettio fu quantomeno sufficiente a farle intende che, appunto, non aveva capito proprio nulla.
La gara canora, la Cyprus, i suoi studenti non erano il motivo del suo pianto ed in effetti, a pensarci bene, quello era troppo eccessivo per essere giustificato da una di quelle tre cose.
Il fatto di aver escluso quella ipotesi comunque non l'aiutava a capire cosa fosse successo. A questo per fortuna rimediò qualche istante dopo la Grifondoro, pur senza smettere di piangere e senza ancora guardarla negli occhi. Non la obbligò a farlo, preferendo farla aprire nel modo che preferiva, in modo tale da comprendere lei stessa cosa la turbava tanto.
Nelle vesti di consolatrice era un vero disastro, ma si sforzava di non essere invadente, o impulsiva, o indiscreta proprio per non peggiorare la situazione. Una parola sbagliata avrebbe potuto far chiudere la compagna di stanza a riccio.

La Gazzetta del P-Profeta...

Già quelle prime parole sussurrate le fecero rizzare le antenne.
Cosa c'entrava adesso il giornale più letto del mondo magico? Era sempre più confusa e la sua espressione facciale esprimeva proprio questa sensazione.

La s-strage di En-noshima...
La m-mia famiglia... l-loro erano... s-sono tutti...


Ci volle un istante e fu come un lampo, nella sua testa. L'articolo letto sul quotidiano, la distruzione dell'isola giapponese, le centinaia di abitanti morti, quindi la persona di Miyabi, le sue origini orientali.. I vari passaggi man mano combaciavano perfettamente, come le tessere di un puzzle, mentre la sua bocca si allargava fino a disegnare una O quasi perfetta.

No.
Fu la sua prima risposta, come se fosse lei a non accettarlo, come se fosse la sua famiglia ad essere improvvisamente mancata senza lasciare traccia sul perchè di quella morte.
No.. Mi..
E alla seconda volta le sue parole si fecero meno sicure. Quel pianto disperato e tutti i precedenti, lo stranissimo comportamento della ragazzina dal ritorno a scuola, il non mangiare, la faccia stravolta, ora erano tutti portatori della stessa terribile verità.
Era sconvolta e non sapeva davvero cosa fare.
Cosa poteva dire? Qualunque cosa si fosse decisa a dire, sarebbe stata sconveniente, superflua, fuori luogo.
Cazzo.
L'aveva pensata quella parolaccia, ma non aveva avuto il coraggio di pronunciarla, troppo inebetita per fare qualsiasi cosa.
E odiava questo suo stordimento. Una vocina dentro la sua testa continuava a dirle:
"Fai qualcosa, dì qualcosa, per l'amore del cielo!" eppure lei continuava a non riuscire a muoversi.
Penserà che sei un'insensibile! Fa qualcosa!

Alla fine, qualcosa nel suo cervello finalmente si mosse e le mandò un unico stimolo. Con l'altro braccio provò a stringerla del tutto, circondandole entrambe le spalle in un abbraccio goffo ma veramente sentito.

Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace..
Ripetè il concetto tre volte, per rimarcarlo, affinchè trasmettesse tutta la verità che conteneva, mentre provava a poggiare il viso sulla spalla destra della Giapponese.
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Messaggioda Miyabi » 07/06/2013, 20:05

Le dispiaceva davvero aver messo Kayleen in quella situazione: insomma, cosa avrebbe mai potuto dire per consolarla? Cosa si poteva dire in quei casi, quando ci si rendeva conto che il mondo di una persona a cui volevi bene si era appena rotto in mille pezzi, e non c'era alcun modo di ricucirlo?

No.

Come se la Grifondoro non riuscisse ad accettarlo, quasi.
Nemmeno Miyabi, all'inizio, l'aveva fatto. Al contrario, nella sua testa aveva negato completamente l'accaduto fino a quella sera, quella notte in cui di colpo, in sogno, aveva realizzato che era tutto vero; ed era stato orribile, il momento peggiore della sua vita. Da lì, tutto era andato alla rovina, portandola ad appassire giorno dopo giorno.

No.. Mi..

Non riusciva a fare altro che piangere, la Stevens, ed ora si sentiva anche in colpa perché stava facendo sentire male l'amica, e non voleva, poiché il suo carattere altruista non era certo cambiato nonostante la tragedia. Scosse il capo, quasi a volerla rassicurare che era tutto sotto controllo - un po' difficile crederle guardandola - ma quando sentì anche l'altro braccio di Kayleen avvolgerla i singhiozzi aumentarono, e così anche le lacrime che scesero sulle guance e lungo il collo, bagnandole il colletto della camicia.
Si lasciò stringere, anche se così facendo la Grifa non avrebbe faticato a notare quanto il corpo di Miyabi si fosse fatto ancora più esile e magro, ora che tremava tra le sue braccia.

Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace..

P-Perché è suc-cesso a l-loro?

Balbettò la ragazzina tra le lacrime, aggrappandosi con le piccole, e quasi scheletriche ora, dita alla camicia dell'amica, come se avesse bisogno di appoggiarsi a qualcosa, di stringere qualcuno per non perdersi nel mare di disperazione che minacciava di trascinarla via senza farle più fare ritorno.

S-sono... morti t-tutti... anche m-mio pap-pà era l-lì...

Continuò tra un singhiozzo e l'altro: Kayleen un po' la conosceva ormai, sapeva che il padre di Miyabi era inglese, che non aveva fratelli o sorelle, e che i nonni paterni della Grifondoro era morti tempo prima; era la famiglia della madre quella numerosa, ma si trovavano tutti ad Enoshima... prima dello sterminio, naturalmente.

N-non ho p-più ness-suno... p-perché... - si scostò da lei e finalmente alzò il capo per guardarla negli occhi coi propri, quelle iridi viola che sembravano affogare nel dolore - P-perché mi ha-anno portato v-via la fam-miglia? S-sono st-tata tanto c-cattiva da m-meritare q-questo?

Quasi parole senza senso, quelle di Miyabi, perché era ovvio che lei non c'entrasse niente: d'altronde però il Ministero della Magia aveva confermato che si fosse trattato di uno sterminio ad opera della magia, e la ragazzina era una natababbana... quindi che altro pensare, nella mente della 14enne, se non che in qualche modo fosse stata lei a provocare tutto questo?

Se d-dovevano p-punirmi, p-perché f-far uc-cidere tu-utti loro, n-non c'entr-ravano nulla c-con la m-magia... dov-vevo morire i-io... - aggiunse, scuotendo il capo con forza rabbiosa mentre i singhiozzi le scuotevano ancora il corpo, violentemente - S-sono sola.... sono r-rimasta s-sola...

Perché sì, aveva gli amici naturalmente, ma si potevano paragonare ad una famiglia vera e propria?
A dei genitori, dei nonni? Dei parenti che rappresentavano il tuo passato ed il tuo presente, e che in teoria avrebbero dovuto far parte anche del tuo futuro?

Kay...

Sussurrò in un soffio il nome dell'amica prima di affondare nuovamente il volto sulla sua camicia, le dita che lasciavano la presa sul tessuto come se fosse senza forze, come se non riuscisse nemmeno più a respirare, figuriamoci ad aggrapparsi a lei.
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Messaggioda Kayleen » 09/06/2013, 18:31

Quella situazione avrebbe potuto esser definita da molti aggettivi: imbarazzante, commovente, tragica. E lei dal canto suo non sapeva proprio cosa fare, non sapeva come comportarsi, non sapeva cosa dire. Non aveva mai affrontato nulla del genere nella sua breve vita, ma dopotutto chi si era mai trovato in una situazione simile? Quanti potevano dire di aver vissuto una tragedia tanto efferata?
Eppure lei avrebbe voluto fare qualcosa e non risultare una ragazzina stupida che non sapeva affrontare le situazioni peggiori.
Come si sarebbero comportati i suoi genitori? Avrebbe tanto voluto che almeno loro fossero lì. Avrebbero aiutato entrambe, le avrebbero rassicurate e magari avrebbero anche confermato che non era vero e che quello era solo un incubo, o un brutto scherzo.
Peccato che la realtà fosse ben diversa. Miyabi continuava a piangere e lei non aveva ancora pronunciato nessuna parola veramente sensata. Si era limitata ad esprimere il suo profondo dispiacere ed ad abbracciarla. La teneva tra le braccia e nel farlo riusciva a sentire il suo corpo esile, tanto piccolo che le dava l'impressione che se avesse stretto ancora un po' le avrebbe frantumato le costole. Dall'inizio dell'anno scolastico si era resa conto che la Giapponese non stava mangiando molto, eppure solo in quel momento si rendeva conto di quanto fosse dimagrita.

P-Perché è suc-cesso a l-loro?

Già, perchè era successo a loro? Perchè fra tutti i milioni di persone presenti sulla terra proprio a loro doveva succedere?
Non sapeva rispondere, nemmeno a quella domanda e poteva solo ammetterlo.
Non lo so Mi.. E' una cosa terribile.
La fiera delle ovvietà, ma a quattordici anni appena era l'unica cosa che le era venuta in mente. La lasciò aggrapparsi alla sua camicia, senza opporre resistenza per quella stretta improvvisa all'altezza del collo.

S-sono... morti t-tutti... anche m-mio pap-pà era l-lì...

Se c'era una minima speranza che almeno una persona della famiglia Stevens si fosse salvata, questa era appena sfumata. Il papà della sua compagna di stanza era inglese, sperava che almeno lui non si trovasse ad Enoshima in quella notte fatale. Evidentemente non era così, doppia sfortuna: il destino aveva davvero voluto giocare il suo scherzo peggiore alla Grifondoro.

Non si è salvato proprio nessuno? Tutti tutti i tuoi parenti erano sull'isola quel giorno?
Voleva esserne sicura, anche a costo di rigirare il coltello nella piaga. Sapeva che una risposta affermativa avrebbe dato un'ulteriore conferma dolorosa all'amica, ma voleva capire se c'erano possibilità che almeno uno, uno solo dei suoi parenti, fosse sopravvissuto, fosse anche alla lontana.
Come si poteva pensare di distruggere una famiglia intera in questo modo? E quante altre famiglie erano state spazzate via? Non voleva neppure pensarci.

N-non ho p-più ness-suno... p-perché...
P-perché mi ha-anno portato v-via la fam-miglia? S-sono st-tata tanto c-cattiva da m-meritare q-questo?


Non doveva iniziare ad autoincolparsi, anche perchè era certa che lei non c'entrasse nulla in quella brutta storia. Ovviamente non conosceva tutti i retroscena della vicenda, quello che sapeva era solo quello che la Gazzetta del Profeta diceva loro, ma avrebbe comunque messo la mano sul fuoco che Miyabi e la sua famiglia erano vittime innocenti.
Mi, non devi dire queste cose, mi hai capito?
Il tono si fece solo un pelino più duro, nella speranza che lei capisse che non c'entrava proprio nulla.
Nessuno voleva punire te, o la tua famiglia. Tu sei una persona meravigliosa e dolcissima e se i tuoi assomigliavano anche solo un pochino a te, sono certa che non avevano attirato l'odio di nessuno.
E' stata una coincidenza, una tragica coincidenza.

Prese fiato, senza interrompere con lei il contatto visivo che finalmente era riuscito ad instaurare.

Se d-dovevano p-punirmi, p-perché f-far uc-cidere tu-utti loro, n-non c'entr-ravano nulla c-con la m-magia... dov-vevo morire i-io...

Era normale che la Giapponese cercasse di razionalizzare sull'accaduto, era normale che provasse a trovare delle spiegazioni a quell'evento tanto assurdo quanto terribile. Tuttavia non poteva permettersi di addossarsi colpe che non aveva, perchè facendolo avrebbe solo peggiorato il suo stato mentale. Se già era disperata per la dipartita insensata della sua famiglia, il fatto di sentirsi colpevole la faceva cadere in un baratro ancora più profondo e lei non poteva permetterlo.

Non volevano punire te, davvero. Nè te nè la tua famiglia.
Precisò di nuovo, con lo stesso tono deciso.
Voi non c'entravate nulla. So che è difficile ma.. Ad Enoshina, che tu sappia, viveva qualcuno di importante per il mondo magico?
Forse chiunque sia stato voleva fare fuori qualcun altro e magari Miyabi, essendo originaria di quell'isola, poteva sapere di chi si trattava o quantomeno immaginarlo.

S-sono sola.... sono r-rimasta s-sola...

Sapeva cosa voleva dire con il termine "sola" e lei come avrebbe potuto contraddirla veramente? Poteva solo replicare con qualcosa di assolutamente vero, ma purtroppo non sufficiente a riempire il vuoto che si era appena formato nella vita dell'amica.
Non sei sola. Ci siamo noi: Ethan, io.. E poi ci sono i Professori, la Scuola. Non sarai mai sola.
Di questo quantomeno poteva esserne certa: i Docenti di Hogwarts erano tutte brave persone, era sicura che l'avrebbero aiutata in un momento del genere.

Kay...

Sì sentì chiamare ed un istante dopo aveva ancora il viso della compagna di stanza sulla spalla. Tornò ad abbracciarla, tentando di carezzarle i capelli scuri sciolti sulla schiena.
Fece passare un paio di minuti prima di parlare di nuovo.

Hai provato a chiedere al Professor Vastnor? Forse lui..
Quell'ultima frase la lasciò in sospeso. Se qualcuno poteva sapere qualcosa a riguardo, era lui. Dopotutto lui era il Professore di Difesa Contro le Arti Oscure e quelle che avevano raso al suolo Enoshima non potevano essere altro che Arti Oscure.
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Messaggioda Miyabi » 10/06/2013, 13:46

Non lo so Mi.. E' una cosa terribile.

E cos'altro avrebbe potuto mai dirle Kayleen in una situazione come quella? Era più che normale che la Grifondoro si sentisse in difficoltà, soprattutto perché Miyabi non aveva perso un parente solo, una cosa di per sé già terribile, ma tutta la sua famiglia, tutti i suoi parenti.

Non si è salvato proprio nessuno? Tutti tutti i tuoi parenti erano sull'isola quel giorno?

S-sì - balbettò la ragazzina tra le lacrime e i singhiozzi - Era il c-complean-no della n-nonna, p-per questo c'er-ra anche pap-pà... avreb-be dovuto es-sere u-un giorno d-di fest-ta...

Aggiunse, sentendosi ancora peggio: perché se li immaginava, tutti i suoi parenti, a casa della nonna materna: poteva facilmente sentire, nella mente, le risate dei cugini più piccoli, le chiacchiere degli adulti; poteva persino vedere le facce dei suoi genitori che, tutti orgogliosi, parlavano della piccola Miyabi, la prima strega della famiglia, tra loro, badando a non farsi sentire troppo dal resto della compagnia che non conosceva quella particolarità della giapponese.
E poi... poi cosa?
Un'esplosione?
Un lampo di luce?
Com'era avvenuto il loro sterminio?
Quelle scene raccapriccianti le fecero scappare altri singhiozzi, e Miyabi scosse il capo quasi con forza per tentare di cancellarle dalla propria mente.
Ma i sensi di colpa, quelli le venivano spontanei, perché era l'unica strega della famiglia e quello sterminio era stato frutto della magia... che altro avrebbe mai potuto pensare?

Mi, non devi dire queste cose, mi hai capito?
Nessuno voleva punire te, o la tua famiglia. Tu sei una persona meravigliosa e dolcissima e se i tuoi assomigliavano anche solo un pochino a te, sono certa che non avevano attirato l'odio di nessuno.
E' stata una coincidenza, una tragica coincidenza.


Una coincidenza.
Una semplice, tragica coincidenza.
Forse, sì, probabilmente l'amica aveva ragione, ma in quel momento Miyabi non riusciva a riflettere lucidamente sull'accaduto e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che i suoi genitori, i suoi parenti, la sua famiglia, tutti loro erano morti a causa della magia, e lei era l'unico collegamento tra essa e tutte le persone che erano morte sull'isola, perché la conoscevano fin da piccola, e le volevano bene.
Per questo si sentiva in colpa, per questo continuava a pensarlo, nonostante Kayleen continuasse a ribadire il contrario.

Non volevano punire te, davvero. Nè te nè la tua famiglia.
Voi non c'entravate nulla. So che è difficile ma.. Ad Enoshina, che tu sappia, viveva qualcuno di importante per il mondo magico?


N-no... è una p-piccola isola, e t-tutti erano b-babban-ni... nessuno d-della mia f-famiglia sapeva c-che sono u-una strega, tran-ne i miei g-genitori...

No, Enoshima non sarebbe mai potuta interessare al mondo magico, non c'era niente a parte famiglie di pescatori e contadini che vivevano lì da generazione, e che non sapevano nemmeno cosa volesse dire possedere una scintilla magica dentro di sé; eppure, per qualcuno, quelle persone erano scomode, o forse lo era quel posto come tale, chi poteva dirlo.
In entrambi i casi, la soluzione era stata semplice, veloce: lo sterminio.
Intere famiglie cancellate, un'area urbana distrutta, tanto che persino il governo babbano era dovuto correre ai ripari, inventandosi una scusa plausibile: la verità era che chi aveva compiuto quella strage l'aveva fatto sapendo che si sarebbe sporcato le mani del sangue di tutte quelle persone uccise... e non gliene importava.
Ed era stato quel suo menefreghismo a spegnere la vita di tutta quella gente, compresa la famiglia di Miyabi che, ora, sentiva di non avere più nessuno al mondo.

Non sei sola. Ci siamo noi: Ethan, io.. E poi ci sono i Professori, la Scuola. Non sarai mai sola.

G-grazie Kay, m-ma... - non sapeva come dire ciò che pensava senza sembrare un'ingrata, perché nonostante tutto non riusciva a non preoccuparsi per gli altri, soprattutto se si trattava di un'amica - ... i-io non ho p-più una f-famiglia... i miei g-genitori... l-loro... non li p-potrà sost-tituire nes-suno...

Mormorò tra le lacrime, nascondendo il viso nella sua camicia e continuando a singhiozzare, senza riuscire a smettere: credeva che prima o poi le lacrime avrebbero cessato di scendere, che le avrebbe finite... ma non sembrava fosse così, o forse semplicemente quel momento non era ancora giunto.

Hai provato a chiedere al Professor Vastnor? Forse lui..

Scosse il capo, in segno di risposta.
Non aveva parlato con alcun professore, solo con la Preside Bergman alla fine del precedente anno scolastico: anche perché, cos'avrebbe mai potuto chiedergli? Se anche le avesse spiegato cosa o chi aveva ucciso i suoi genitori, di sicuro questo non li avrebbe fatti tornare in vita.

K-Kay... pos-siamo non p-parlarne più? I-io... voglio s-solo smettere d-di pensar-rci...

Si scostò appena dall'amica, guardandola negli occhi prima di porre quella domanda: sapeva che avrebbe continuato a sognare la sua famiglia ogni notte, così come avrebbe continuato a piangere per la sua scomparsa, ma non voleva parlarne ancora, non voleva più riprendere quel discorso.

... l'hanno l-letta tutti la G-gazzetta, v-vero?

Domandò poco dopo, scostandosi del tutto dalla compagna di Casata per tornare seduta correttamente, col capo basso e i pugni sulle ginocchia, le lacrime che ancora scendevano lungo le sue guance e i singhiozzi che sembrano essere finalmente un poco diminuiti.

C-credi che molti d-dei nostri com-mpagni faranno i-il collegamento... c-con me?
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Messaggioda Kayleen » 15/06/2013, 11:32

S-sì..
Era il c-complean-no della n-nonna, p-per questo c'er-ra anche pap-pà... avreb-be dovuto es-sere u-un giorno d-di fest-ta...


Ma che sfortuna. Oltre il danno, anche la beffa. Sembrava proprio che il destino avesse voluto rovinare la vita a Miyabi, ma perchè?
Sapeva che queste cose succedevano, li guardava anche lei i telegiornali a casa ed allo stesso modo leggeva la Gazzetta del Profeta da quando era ad Hogwarts, ma avere una simile tragedia davanti agli occhi era diverso. Non la coinvolgeva personalmente per fortuna, ma non poteva fare a meno di provare gli stessi sentimenti della Giapponese, pur attenuati. Dopotutto, era la sua compagna di dormitorio da ben tre anni ed era stata la prima ad accoglierla, una volta arrivata a scuola.
Cosa poteva aggiungere? Qualsiasi altra parola a riguardo sarebbe stata di troppo. Tacque quindi, lasciando sfogare l'amica, donandole per quanto poteva servire il conforto del suo abbraccio, anche quando la sentì scuotere il capo, alle prese forse con un dialogo interiore di cui lei non poteva venire a conoscenza. Sapeva che l'altra era alle prese con immotivati sensi di colpa, aveva provato a farla ragionare, a farle capire che non era a causa sua, ma sembrava non essere riuscita a convincerla.
Sì, poteva sembrare strano che una tranquilla isola di babbani venisse presa di mira dalla magia nera, ma il fatto che in quel preciso luogo fosse nata e cresciuta la Grifondoro non era per lei un motivo plausibile per la sua distruzione totale.
A meno che..
Forse c'è qualcosa che non so?
In quel momento si chiese se c'era dell'altro, se c'era qualcosa che non sapeva riguardo alla sua compagna di stanza.
No, non può essere.
Fu lei stavolta a scuotere il capo, seppur debolmente, mentre la sua mente escludeva qualsiasi ipotesi che la coinvolgesse in un modo o nell'altro.
Era in buona fede, sempre, e forse il fatto di non conoscere quasi per nulla le arti oscure e tutto ciò che le riguardava la faceva propendere per l'ipotesi della tragica coincidenza. Soprattutto perchè la ragazzina le aveva appena confermato che non c'era nessuno ad Enoshina che potesse attirare l'attenzione del mondo magico.

N-no... è una p-piccola isola, e t-tutti erano b-babban-ni... nessuno d-della mia f-famiglia sapeva c-che sono u-una strega, tran-ne i miei g-genitori...

Non puoi esserne certa però. Come non sapevano di te, tu potevi non sapere di altri..
Sì insomma.. Magari non lo sapevi, ma c'era qualcun altro, di magico, sull'isola..

Il discorso dopotutto filava, anche se era un po' confuso. Non era certo al 100% che non ci fossero altri maghi sull'isola, solo perchè Miyabi non li conosceva, no? Era giovane e, come lei, tante cose forse le venivano nascoste.
In ogni caso.. Non è compito nostro indagare. Sono certi che gli Auror ed i Ministeri della Magia risolveranno il caso e ti daranno quantomeno una spiegazione..
Sarebbe stata una magrissima consolazione, ma sapere quantomeno il perchè almeno avrebbe dovuto dare un po' di pace a chi, come la Giapponese, aveva perso tutto in un istante.

G-grazie Kay, m-ma...... i-io non ho p-più una f-famiglia... i miei g-genitori... l-loro... non li p-potrà sost-tituire nes-suno...

Se ne rendeva conto, sapeva che nè lei, nè nessun altro avrebbe potuto colmare il vuoto lasciato: per quanto potevano starle vicino, non sarebbero mai stati abbastanza.
Ancora una volta non disse nulla, lasciando intendere una tacita risposta positiva: la capiva e non poteva contraddirla.

K-Kay... pos-siamo non p-parlarne più? I-io... voglio s-solo smettere d-di pensar-rci...

Non ne aveva parlato con Vastnor e sembrava intenzionata a non farlo, visto che aveva appena espresso il desiderio di smettere di parlarne. Fosse stata lei, l'avrebbe fatto probabilmente, avrebbe cercato a tutti i costi una spiegazione all'accaduto, ma lei non era Miyabi ed i loro caratteri non si somigliavano per nulla.

Ok Mi, non parliamone più..
Ma non era convinta che fosse la cosa migliore da fare. Tenersi tutto dentro non le avrebbe fatto bene, ma non poteva di certo costringerla a parlare se lei non ne aveva voglia.
Forse però poteva aggirare il problema in qualche modo..

... l'hanno l-letta tutti la G-gazzetta, v-vero?

Mentirle non sarebbe servito a nulla.
Sì, credo.. La notizia ha girato parecchio, però..

C-credi che molti d-dei nostri com-mpagni faranno i-il collegamento... c-con me?

Non tutti. In pochi conoscono le tue origini, non ci sono arrivata nemmeno io che sono la tua compagna di stanza!
Vedrai, non lo saprà quasi nessuno.

E abbozzò infine un sorriso che in qualche modo provava ad esser rassicurante.
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Messaggioda Miyabi » 16/06/2013, 9:25

Naturalmente le conoscenze della ragazzina erano limitate, e per quanto nella sua mente Enoshima fosse solo un posto di persone semplici, simpatiche, generose e soprattutto babbane, non poteva escludere a priori che tra loro non si nascondesse, invece, qualche mago: e in fondo, perché avrebbero dovuto dirlo a lei? Non è che le sarebbe importato qualcosa, a ben vedere.
Certo, però, che questo la gettava in uno stato di tristezza ancora maggiore: forse, per colpa di una singola persona, tutte quelle persone erano morte, compresa la famiglia di lei... come poteva essere giusto questo?
Come poteva Miyabi accettare una cosa del genere?
Scosse il capo, tentando quasi di scacciare quei pensieri, ma tanto ormai aveva compreso che lacrime e singhiozzi non avrebbero smesso di tormentarla tanto facilmente, anzi.

Non puoi esserne certa però. Come non sapevano di te, tu potevi non sapere di altri..
Sì insomma.. Magari non lo sapevi, ma c'era qualcun altro, di magico, sull'isola..


Per quanto faticasse a crederlo - poiché nel suo piccolo la Stevens era convinta di conoscere Enoshima da cima a fondo, abitanti compresi - il ragionamento di Kayleen non era sbagliato, affatto; e in fondo non è che i genitori fossero tenuti a rivelarle la presenza di qualche mago sull'isola solo perché lei per prima lo era, sarebbero anche stati affari di quella persona, no?

In ogni caso.. Non è compito nostro indagare. Sono certi che gli Auror ed i Ministeri della Magia risolveranno il caso e ti daranno quantomeno una spiegazione..

S-sapere la v-verità n-non li rip-porterà ind-dietro...

Balbettò tra le lacrime la Grifondoro, tentando di asciugarsi gli occhi anche se non era semplice visto che le piccole perle trasparenti e salate continuavano costantemente a scenderle lungo le guance.
E non a torto, visto che sì, poteva essere piena di amici ed avere il Castello di Hogwarts a disposizione... ma dei genitori, quelli di certo non potevano essere sostituiti da quattro mura o da un gruppo di persone care, ed il silenzio di Kayleen fu la prova tangibile che non c'era modo di ribattere ad una realtà del genere.
Per questo non voleva più parlarne, non voleva più affrontare l'argomento: sapeva che avrebbe pianto ancora, che sarebbe ancora stata male, ma parlarne era peggio, era ancora più doloroso e lei non riusciva, non ce la faceva proprio a sopportarlo.

Ok Mi, non parliamone più..

G-grazie...

Sussurrò, tirando su col naso e provando per l'ennesima volta ad asciugarsi le guance con le mani, visto che le lacrime sembravano aver preso a scendere più lentamente rispetto a prima.
Volse il capo verso l'amica e tentò con tutta se stessa di abbozzarle un sorriso, quasi a volerla tranquillizzare che per quanto non sarebbe mai stata pienamente bene, se non altro il peggio di quello sfogo sembrava esser passato: il risultato fu tremulo ed incerto, ma sicuramente meglio di nulla.
Tuttavia qualsiasi traccia di sorriso scomparve dal volto di Miyabi quando la sua mente pensò alla Gazzetta del Profeta, e all'articolo presente su di essa proprio a riguardo di Enoshima.

Sì, credo.. La notizia ha girato parecchio, però..

Come immaginava, in fondo era il giornale più letto del mondo magico inglese: l'unica cosa che poteva sperare era che i compagni di Casata e non tralasciassero il collegamento con lei, ed in questo le vennero in aiuto le parole di Kayleen.

Non tutti. In pochi conoscono le tue origini, non ci sono arrivata nemmeno io che sono la tua compagna di stanza!
Vedrai, non lo saprà quasi nessuno.


Annuì lentamente, la giapponese, sentendosi effettivamente un poco meglio: poteva sopportare qualche sguardo carico di pena, e gesti compassionevoli, sì, ma solo se provenienti da una ristretta cerchia di persone; insomma, meno si sapeva che Miyabi era direttamente collegata a quella strage e meglio sarebbe stato per lei.

Come... s-sono andate le tue v-vacanze?

Decide di cambiare argomento, la Grifondoro, in accordo con la decisione di non parlare più del fatto, e preferì concentrarsi sull'amica in un tentativo piuttosto blando - ma magari efficace - di sgombrare la mente.
E riuscì anche a far tremare di meno la voce, un buon segno sicuramente; voleva dimenticare quel momento di debolezza, di sfogo, e mostrarsi un po' più forte di quanto in realtà non si sentisse, non per fare la dura di fronte a Kayleen, sarebbe stato stupido un pensiero del genere, ma per dimostrare a se stessa che poteva evitare di crollare ogni cinque minuti... poteva reggere, si doveva solo sforzare.
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Messaggioda Jorge » 02/07/2013, 11:21

[ Sabato 8 Ottobre - Prima della Gara con la Cyprus - Panchina del Portico - ore 10:55]


Essere stato assente da Hogwarts per cinque mesi, di cui tre in punizione, aveva avuto degli effetti su Jorge, se in bene o in meglio quello non era ancora dato saperlo. Anche se, a giudicare dal modo quasi esemplare con cui si era comportato il giorno di presentazione degli studenti della Cyprus sembrava che fosse diventato più maturo, o forse solo più bravo a mantenere la calma e dissimulare la sua rabbia. In altri tempi probabilmente avrebbe usato la sua bacchetta per far crescere degli spaventosi foruncoli sul viso di quegli sbruffoni o denti spropositati a quelle ochette e invece si era limitato a regalare un foulard pacchiano a una di quelle ragazze, approfittando anche per dare una bella sbirciatina a tutto il ben di Merlino che aveva messo in mostra. La permanenza forzata a casa oltre a modificare in parte il suo carattere, gli aveva dato la possibilità di analizzare ben altri lati della sua vita, molto più prosaici e importanti in quanto attinenti alla sua vita sentimentale che fino a quel momento era stata totalmente assente.
Per amore di Merlino, aveva quattordici anni e non era ancora uscito seriamente con una ragazza e cosa peggiore di tutte non aveva ancora mai baciato nessuna e questo handicap gli era costato non poche prese in giro da parte dei suoi cugini che erano giunti alla conclusione che lui passasse tutto l'anno in una qualche accademia militare segreta e che se non stava attento sarebbe finito con il diplomarsi in omosessualità applicata.

Mi piacciono le donne... le tette... i capelli lunghi... in che lingua ve lo devo spiegare?

Quante volte aveva ripetuto quella frase, ottenendo solo ghigni poco convinti e risolini denigratori? Troppi per poter ancora rimandare l'inevitabile. Doveva prendere il coraggio a due mani, e anche se non era un Grifondoro un po' da qualche parte doveva pure averne, e decidersi a smettere di fantasticare sulla Menina e invitarla ad uscire. E così la prima cosa che aveva fatto una volta tornato a Hogwarts, la seconda in verità visto che la prima era stata soffocare Cappie sotto una marea di insulti per non avergli permesso di fuggire di casa per andarla a trovare, era stato mandare un gufo a Elbeth per invitarla a passare il primo sabato disponibile insieme a Hogsmeade. La risposta positiva della piccola Grifa lo aveva elettrizzato, tanto che si era messo a esultare nel suo Dormitorio neanche si trovasse in uno stadio babbano, e gettato nel panico perchè lui, di come si organizzava un appuntamento, non ne sapeva proprio nulla.

Improvviserò!

Si disse fiducioso per poi capitolare miseramente e chiedere un aiuto logistico alla sua sorellina, minacciandola di orrende ritorsioni se avesse spifferato qualcosa a qualcuno e promettendole una valanga di cioccorane e un sunto brevissimo della giornata che avrebbe passato con la Grifa. In realtà quello che gli serviva da Cappie era che il Sabato mattina lei depredasse il tavolo della colazione mettendo nella sua borsa dei libri che le aveva dato e che si era fatto aiutare a ingrandire da uno studente più grande la sera prima, qualsiasi cosa le potesse venire in mente per rendere gustoso un pic nic. Il tempo mite e il riferimento nel gufo di risposta all'aver apprezzato di non averglielo chiesto in pubblico, aveva infatti spinto Jorge a scartare l'idea di pranzare in un Pub al villaggio, optando per scegliere un albero un po' appartato del bosco l' intorno. Certo forse sapere cosa avrebbero mangiato sarebbe stato utile ma si fidava della sua sorellina in fatto di cibo e poi non voleva rovinare a Elbeth la sorpresa.

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Terminata la colazione Jorge aveva preso in consegna la borsa, che sembrava pesare un quintale, ed era corso in Dormitorio per prendere qualcosa su cui sedersi, il pacchettino che aveva confezionato a posta per la Menina durante i giorni di prigionia a casa per poi riscendere giù nell'Atrio e cambiarsi d'abito. Per l'occasione infatti aveva deciso di mettere da parte la divisa scolastica e optare per un paio di jeans babbani e una felpa bordò con il cappuccio che nascondeva una maglietta a mezze maniche marrone chiaro. Giunse in anticipo all'appuntamento e per non farsi trovare in piedi ad aspettare come uno stupido, si sedette di traverso su una delle panchine in pietra con il viso rivolto verso il portone per non perdere il momento in cui Elbeth fosse uscita.

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Messaggioda Elbeth » 08/07/2013, 10:57

E alla fine sabato era giunto.
Non poteva dire di sentirsi completamente a suo agio in quella situazione. La risposta che aveva dato al gufo di Alvares era stata più dettata dall’istinto che non dalla ragione, quindi si ritrovava lì a scendere per le odiate scale semoventi di Hogwarts con un pizzico di ansietà.
Già il dover decidere cosa indossare le aveva portato via almeno un’ora, aveva anche dovuto subire le occhiatine ironiche delle sue compagne di stanza, con le quali non aveva condiviso il perché e soprattutto con chi aveva appuntamento.

Appuntamento… - solo pensare a quella parola la faceva già arrossire. Sperava solo di riuscire a contenere l’imbarazzo e potersi divertire. In fondo, era quello lo spirito con cui aveva accettato l’invito del Delfino.

Sarà il solito … – aveva commentato con aria saccente Daphne, una delle sue compagne di stanza con la quale non aveva un gran rapporto.
Elbeth gli scoccò un’occhiata in tralice, senza rispondere né dare adito a commenti.
Preferiva, essendo particolarmente riservata, non dire nulla.
Sospirò osservando l’immagine che le rimandava lo specchio: una ragazzina in jeans, maglietta bianca e maglione blu, un pò lungo, aperto sul davanti.
Ottobre iniziava a bussare alle porte e lei era sempre un po’ freddolosa.

Non deve essere un appuntamento galante, se ti vesti così… - ancora una volta la voce fastidiosa di Daphne la fece indispettire.
Non si degnò di risponderle neanche questa volta: aveva imparato i mezzucci con cui voleva estorcere informazioni, o meglio pettegolezzi! E a lei non andava. Calzò gli stivaletti, prese la tracolla e si apprestò ad uscire.

Almeno sciogli i capelli! – le urlò Mary da dietro, mentre schizzava attraverso la Sala comune e usciva dalla torre dei Grifondoro.

Per Merlino, quante storie!
C’era una parte di lei che non voleva mostrarsi né attraente, né fare tutte quelle cose che facevano le altre ragazze più grandi.
Le sembravano sempre ridicole!
Quel giorno lei voleva solo godersi del tempo con Alvares.
Perché lo stava facendo?
Perché il ragazzino era simpatico, era gentile e soprattutto dimostrava di tenere a lei.
E perché aveva notato che il tempo che passava con lui era spensierato e gioioso e lei con lui stava bene.
Ma è un appuntamento!
Una vocina dentro di lei, continuava a sottolinearle la reale portata di quella giornata insieme.
Elbeth scrollò le spalle.
Sì, è un appuntamento! – ammise alla fine con se stessa.
E cosa c’era di male nel passare del tempo insieme?
Di sicuro con lui non si sarebbe annoiata!
Sorrise. Era felice di uscire con lui!
Con tutte le sue mille elucubrazioni, non si era neanche resa conto di essere arrivata sin nell’atrio e di stare per varcarne la soglia. Erano d’accordo che si sarebbero visti nel portico, alle 11 e poi sarebbero andati ad Hogsmeade, quindi, mentre stava per attraversare l’enorme portone d’ingresso di Hogwarts, improvvisamente si bloccò.
Le parole di Mary continuavano a riecheggiare nella sua testa… In fondo, per sua stessa ammissione interiore si era detta che era un appuntamento!
Per Morgana, avrei dovuto vestirmi in un altro modo!?
Esitava ora, sull'ingresso del portico. Si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore.
Era evidente, dalla sua improvvisa insicurezza, il fatto di non essere avvezza ad un certo tipo di situazioni e soprattutto dell'assoluta inconsapevolezza dell'effetto che in quanto essere appartenente al genere femminile poteva suscitare in quello maschile.
Erano universi per lei ancora sconosciuti.
Dubitava che sarebbe mai stata soddisfatta di ciò che avrebbe potuto scegliere, ma ormai era lì, quindi…
Sciolse la treccia con mani frenetiche, scosse i capelli, buttando la testa prima in avanti e poi indietro e li sistemò facendo passare in mezzo le dita delle mani, a pettinarli.
Ok, almeno questo!
Non che si sentisse particolarmente carina, ma almeno non l’avrebbe vista come al suo solito.
E con un sospiro ed il coraggio tipico dei Grifondoro, si avviò verso il portico.
Appena lo varcò, lasciò vagare lo sguardo un po’ preoccupata. Forse era in anticipo.
Per Merlino! E se non ci fosse stato?
E se avesse cambiato idea?
Mentre osservava quelle strane sensazioni per la prima volta, i suoi occhi scuri, un po’ in apprensione incrociarono lo sguardo azzurro e cristallino di Jorge.
Istintivamente sorrise e l’ansia si placò.
Era lì ad attenderla, seduto di sbieco su una panchina.
Ed anche lui ha scelto un abbigliamento informale! - pensò trionfante.
Scese in fretta le scale, prima di andare verso di lui, sorridendo ancora.
L’imbarazzo era stranamente sparito e lo salutò allegra.

Alvares!
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Messaggioda Jorge » 09/07/2013, 11:47

Sedersi su una delle panchine orientate verso il portone del Castello si era rivelato essere una scelta molto intelligente considerato che in quel modo Jorge aveva potuto osservare con calma la figura di Elbeth avanzare verso di lui senza essere costretto a distogliere lo sguardo per non metterla in imbarazzo. La prima cosa che notò fu il sorriso che illuminò il volto della Grifa non appena incrociò i suoi occhi, dandogli la sensazione che l'altra fosse davvero felice di uscire con lui e che il gufo che gli aveva inviato in risposta non era stato dettato solo da un qualche stupido dettame di educazione purosangue. Successivamente si soffermò sul vestiario scelto dalla ragazza annuendo soddisfatto nel constatare che aveva scelto un abbigliamento informale visto che aveva intenzione di coinvolgerla in un pic nic simil casareccio che mal si conciliava con gonne e vestiti. Ma quello che attirò davvero la sua attenzione tanto da costringerlo a mordicchiarsi la lingua per evitare di lasciarsi andare a un fischio di apprezzamento molto babbano e anche molto poco cavalleresco fu la cascata di capelli scuri che cadeva sulle spalle della ragazza e che gli facevano venire voglia di allungare la mano e scoprire se erano davvero così morbidi come sembravano.

Con calma Jorge, mica puoi farti schiaffeggiare così senza neanche aver messo piede fuori dal Castello.

Si rimproverò mentre con un gesto fluido saltava giù dalla panchina e, mani in tasca, si avvicinava a Elbeth con un sorriso sornione sul viso.

Alvares!

Menina buon giorno. - la salutò quindi in maniera cordiale, fermandosi a pochi passi da lei e scrutandola in viso, prima di tendere il busto in avanti come se volesse darle un bacio su una guancia, ma limitandosi a sfiorarla con la punta del naso per poi sussurrarle all'orecchio - I vestiti babbani ti donano molto...

Dopo averle fatto quello che, per i suoi canoni, era un complimento spassionato, si rimise dritto e, facendole l'occhiolino, le voltò le spalle per andare a recuperare la sua borsa, rimasta ai piedi della panchina. In realtà quella piccola fuga gli serviva per cercare di calmare l'effetto che l'odore della ragazza aveva avuto sui suoi ormoni da quattordicenne e riorganizzare le idee. Voleva fare bella figura, voleva farle passare una bellissima giornata ma se continuava a pensare a quello come a un appuntamento forse non sarebbe riuscito a concludere nulla. Si concentrò per un attimo sui cicalecci che li circondavano, altri studenti che ridevano e scherzavano mentre si apprestavano a scendere al villaggio, e quando si voltò di nuovo a fronteggiare la ragazza aveva uno sguardo determinato e divertito allo stesso tempo. Forse, dopotutto, per poter rendere speciale quella giornata sarebbe bastato essere se stesso.

Allora Menina dimmi qual è il primo posto dove ti piacerebbe andare? - esordì quindi, mettendo da parte tutti i progetti dettagliati che aveva fatto per quella giornata, preferendo improvvisare - Oggi sono a tua completa disposizione e potrei anche arrivare a suicidarmi e offrirmi di accompagnarti a fare dello shopping - e non riuscì a non fare una smorfia disgustata al solo pronunciare quella parola - Dopo di te...

Aggiunse ponendosi al suo fianco e mostrandole la strada con un ampio gesto della mano, esibendosi anche in un inchino mentre ridacchiava sotto i baffi che non aveva. Non appena la ragazza avesse fatto un passo avanti, Jorge le avrebbe offerto il braccio, in una perfetta imitazione di quello che aveva visto fare un sacco di volte nei film che tanto piacevano a sua madre. E se Elbeth avesse rifiutato di accettare il suo braccio, il delfino sarebbe scoppiato a ridere, in una risata divertita e si sarebbe limitato a passeggiare al suo fianco lungo il sentiero che li avrebbe portati a Hogsmeade.
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