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Biblioteca

Messaggioda Brianna » 07/02/2013, 18:53

Elisabeth ha scritto:
{SALA COMUNE SERPEVERDE |BIBLIOTECA: SABATO MATTINA ORE 10.00}


Quella mattina Elisabeth si era svegliata tutto sommato abbastanza presto, tanto che alle nove era già in piedi ed affaccendata nel bagno a prepararsi, con tutti gli indumenti che aveva scelto di indossare in un angolino, per prima cosa indosso un un paio di calzettoni, dei pantacollant neri, un dolcevitanero, un vestito di lana dal collo ampio color argento, una fusciacca nera ed ai piedi un caldissimo paio di stivaletti imbottiti scamosciati con risvolto sempre di colore nero.
Ora doveva pensare alla pettinatura che avrebbe sfoggiato quel giorno, qualcosa di semplice o qualcosa di elaborato? Sarebbe andato bene qualsiasi cosa avesse fatto, così la ragazzina tornò in bagno e si pettinò i capelli, li lasciò naturali, leggermente mossi e per tenerli fermi prese una fascia per capelli di colore nero e vi imprigionò i biondissimi capelli.
Conclusi anche l’acconciatura Elisabeth tornò in dormitorio, dove le sue compagne di stanza dormivano beate, per controllare il suo operato, così si avvicinò al suo armadio ed aprì un’anta per guardarsi allo specchio, tutto sommato vestita così non stava tanto male ed era più adeguato sia per la Biblioteca che per l’Auditorium.
Proprio come l’anno prima anche quell’anno Daphne sarebbe stata la sua compagna di studi in Biblioteca quale modo migliore per restarsene tranquilla, se non lasciare che fosse Daphne a decidere chi le si poteva avvicinare e chi no.
La giovane Serpeverde rabbrividì, più volte, decisamente faceva fin troppo freddo nel dormitorio femminile del terzo anno, come al solito una delle ragazze si era dimenticata di lasciare il fuoco acceso ed ora tutte ne avrebbero pagato le conseguenze, così sfregandosi le mani si rese conto di non avere al dito l’anello ricevuto in dono due anni prima dalla Sfinge durante la sua avventura nel labirinto della scuola, era un oggetto un po’ bizzarro al dito di una ragazzina, ma, ad Elisabeth piaceva e di quello che pensavano gli altri aveva imparato ad infischiarsene allegramente.
Per quanto riguardava portare Daphne in Biblioteca non c’erano grossi problemi, poiché la Bibliotecaria conosceva bene sia la ragazzina che la sua piccola volpe ed avendo verificato più volte quanto Elisabeth fosse in grado di bloccare la sua accompagnatrice non sorgevano problemi a parte il fatto che era fin troppo protettiva nei confronti della padroncina, sicuramente un bene per la Serpeverde, che avrebbe potuto studiare senza il rischio di venire disturbata.
L’ultima cosa che la Serpeverde doveva fare prima di lasciare il domitorio, era prendere tutte le pergamene con le lezioni ed i compiti di Erbologia, Pozioni e Volo riporle al sicuro nello zainetto, che per abitudine riponeva sempre al solito posto, dentro l’armadio, ma, quello che l’anno prima le sembrava un ottimo zaino ora le appariva un po’ piccolo, ovviamente il volume dei libri da portare in giro era aumentato, ma, per una mattinata di studio in Biblioteca, per una gita in giardino o al lago quel prezioso oggetto faceva ancora al caso suo.
Così proprio come aveva fatto non una, ma, mille volte la Serpeverde, aprì lo zainetto vi ripose pergamene, quaderni, piume, libri e tutto quello che le sarebbe servito per la sua mattinata di studio, comprese un paio di bottigliette d’acqua, preso la sera prima dalla Sala Grande e qualcosa da sgranocchiare, un po’ di dolcetti e qualcosa di salato, lo stretto necessario per rovinarsi l’appetito anche quel sabato ed ovviamente qualcosa da sgranocchiare per Daphne, la copertina da esterni della piccola volpe e perché no anche un gioco per farla stare buona.
Conclusa la preparazione dello zaino, la Serpeverde prese il mantello e con un movimento preciso, che ormai richiedeva poco sforzo, riuscì a sistemare perfettamente il mantello sulle spalle, ma, un attimo prima di prendere lo zaino e di uscire dal dormitorio, seguita da Daphne, Elisabeth si accorse che la Spilla a chiave di violino, da cui non si separava mai, dal giorno in cui l’aveva ricevuta era appuntata male, così armeggiò per qualche minuto davanti allo specchio.
Quest’ultima operazione richiese solo un paio di minuti, fatto ciò prese lo zaino se lo mise in spalla e rivolgendosi alla sua piccola amica si diresse verso la Sala Comune

Vieni Daphne, questa mattina devo per forza andare in Biblioteca a studiare, una volta finito andremo un’oretta in giardino e per concludere un pomeriggio in Auditorium.

Disse la bimba accarezzando la volpe, i tempi in cui l’animaletto si lasciava prendere in braccio e condurre fuori dal Sotterraneo erano lontani, l’anno prima era Elisabeth a preoccuparsi per lei, mentre ora era tutto il contrario; ebbene si, Daphne crescendo era diventata iperprotettiva nei confronti della padroncina e se poi ci mettiamo anche gli ordini impartitegli da Alexander, la piccola volpe poteva diventare anche pericolosa per chiunque non fosse la sua amata padroncina, ma, ovviamente era abbastanza furba, come tutte le volpi d’altronde da riuscire a controllarsi.
Eppure Elisabeth, si era ritrovava molte volte a rimpiangere il fatto che Daphne fosse cresciuta, anche se allo stesso tempo era felice di sapere che la sua volpe le voleva molto bene e diciamola tutta se dobbiamo giudicare il modo in cui vegliava sulla ragazzina non le voleva solo bene, l’adorava, di fatti negli ultimi tempi stava dimostrava una certa antipatia per chiunque si avvicinasse troppo alla sua padroncina e molte volte a buon ragione.
Vedere Daphne gelosa, era un vero spettacolo, perché se da una parte non permetteva a chi non conosceva di avvicinare la Serpeverde, dall’altra conosceva il o la nuova venuta si lasciava seppur riluttante avvicinare, arrivando persino ad accettare le coccole che le facevano.
Uscire dal Dormitorio non era stato molto difficile, come lo stesso era stato per il Sotterraneo e l’Atrio; il problema che avrebbero dovuto affrontare veniva dalle famigerate scale di Hogwarts, un vero e proprio incubo per tutti coloro che alloggiavano nella scuola.
Elisabeth ricordava ancora come un paio di settimane prima fossero state tanto dispettose da farle passare metà mattinata su e giù per torri e piani della scuola, facendo perdere più volte la pazienza alla Serpeverde, anche se era riuscita ad apparire impassibile e perché no persino fin troppo distaccata dalla faccenda.
Ora bisognava affrontare le scale e per uno strano scherzo del destino, quel giorno, decisero di rimanersene tranquille lasciando che la volpe e la ragazzina raggiungessero la Biblioteca in brevissimo tempo.
Elisabeth fece cenno a Daphne di stare buona mentre insieme entravano in quel luogo di sapere e di silenzio.
Daphne seguiva ubbidiente la padroncina, la quale si fermò proprio in mezzo alla grande stanza cercando il tavolo più indicato per i suoi studi, scegliendone uno non troppo lontano dal camino, in modo che il calore giungesse fino al tavolo e che permettesse alla volpe di poter dormire accucciata accanto al fuoco, senza disturbare nessuno.
Elisabeth fu molto felice di quella scoperta, significava una sola cosa, pace, una mattinata di pace, dove avrebbero potuto fare tutti i suoi compiti e recuperare il tempo perso.
Per prima cosa si diresse verso il tavolo prescelto, seguita da Daphne, che oramai si era trasformata nell’ombra della padroncina, si tolse lo zainetto lo posò sul tavolo, afferrò lo schienale della sedia più vicina e lo trascinò indietro per una decina di centrimetri, per poi sedersi, aprire lo zainetto e tirare fuori gli appunti di Erbologia, rileggere il tutto ed integrarli con il libro di testo, una volta fatta quella prima operazione, poteva dedicarsi alle domande del compito ed avendo un’intera Biblioteca a disposizione, avrebbe potuto raccogliere tutte le informazioni che voleva, così si alzò in piedi si diresse nella sezione di Erbologia prese un paio di libri a caso e tornò al suo posto.
Una volta seduta la Serpeverde, prese il primo libro che aveva preso dagli scaffali di Erbologia poco prima, aprendolo sull'indice ed una volta localizzate le pagine che le servivano e trovae queste ultime iniziò a leggere l'argomento in questione, prendendo di tanto in tando qualche appunto che potesse essere utile per il compito che era stato assegnato.

Spoiler:
Brianna
Paul



[Sabato, Sala comune Delfinazzurro - Biblioteca ore 10.15]


Buongiorno piccolino!

Appena le iridi azzurre si erano spalancate sul mondo – o meglio sulla camera in cui dormiva – aveva salutato Glaedr… era così che cominciava ogni singola giornata da quando i suoi genitori le avevano regalato quel dolcissimo petauro dello zucchero.

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Quindi la bambina si era alzata, aveva preparato la colazione per Glaedr poi si era preparata per scendere a fare colazione; quel giorno aveva deciso di indossare un vestitino verde, morbidoso, di quelli che tengono caldo per contrastare al meglio gli spifferi del castello, un paio di calze dello stesso colore e degli scarponcini neri completavano il quadro; quindi – davanti ad uno specchio – raccolse i lunghi capelli rossi lasciando fuori una piccola ciocca che andasse ad incorniciarle il viso… si guardò allo specchio, ed appena fu soddisfatta del risultato, tornò da Glaedr, che nel frattempo aveva finito di fare colazione e stava ora procedendo alla pulizia della sua magnifica pelliccia.

Glaedr, io scendo a fare colazione, aspettami qui e non combinare guai, intesi?

La piccola diede all’animaletto un buffetto affettuoso, quindi si diresse in Sala Grande per fare colazione; una volta finito tornò in dormitorio

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Allora, piccolo… io devo studiare stamattina, quindi vado in biblioteca e ci resterò per un po'… sai, devo ancora iniziare a fare i compiti di Erbologia e non credo che la Vilvarin sarà molto felice se non li consegno in tempo!che fai? Vieni con me?

Spero solo che Madame Berforth ti lasci stare con me in biblioteca

Commentò tra se la bambina, mentre il piccolo petauro, felice di uscire dal dormitorio, planava dolcemente sulla spalla della bambina

Però devi fare il bravo, capito, Glaedr?

Si prese lo zaino, mise dentro il suo libro di Erbologia, qualche dolcetto per Glaedr e tutto l’occorrente per fare i compiti, quindi si diresse verso la Biblioteca… mentre si incamminava nei corridoi le venne in mente che non aveva ancora controllato nulla… ancora non era andata in Biblioteca a vedere se davvero non c’era nulla che riguardasse le illusioni…magari ne avrebbe approfittato e avrebbe dato un’occhiata… anche se, visto che la Vireau aveva detto che non c’era nulla, e che anzi si tramandavano per via orale, era abbastanza sicura che non avrebbe scovato nulla… però dare un’occhiata non poteva farle male… e poi gliel’aveva detto anche la Vireau che se voleva poteva controllare lei stessa.

Arrivata in biblioteca, Glaedr fermo sulla spalla della piccola che si guardava attorno incuriosito, la bambina iniziò a cercare qualcosa che riguardasse le Illusioni, ma dopo una decina di minuti decise che aveva cercato abbastanza, che non c’era nulla, soprattutto pensando a ciò che le aveva detto la professoressa.

Glaedr, mi sa che qui davvero non c’è nulla...

Sussurrò al suo animaletto, prima di dirigersi verso la sezione in cui avrebbe trovato i libri di Erbologia… doveva fare una ricerca su tre piante, il timo più o meno lo conosceva, il cedro lo aveva già sentito, ma il galbano l’aveva sentito per la prima volta a lezione… ed era quest’ultimo quello sul quale la bambina voleva trovare più informazioni.

Preso il libro che le serviva, si avviò verso uno dei tavolini liberi, quando si accorse della presenza di una piccola volpe

Hei, ma quella è Daphne! E se c’e lei, ci dev’essere anche Ellie!

E infatti, qualche istante più tardi scorse la chioma bionda della sua amica, la testa china sui libri, probabilmente intenta anche lei a studiare o a fare i compiti.
Le si avvicinò, felice di trovarla li.

Ciao Elisabeth!

Le sussurrò in modo da non disturbare

E ciao anche a te Daphne!

Disse alla volpina, mentre allungava la manina per farle una lieve carezza, se la volpina fosse stata d’accordo

Lui è Glaedr – sussurrò quindi all’amica, indicando il suo amichetto – l’ho preso al Serraglio Stregato, ho fatto come mi hai detto di fare tu!

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Elisabeth
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Messaggioda Paul » 19/02/2013, 19:40

Quel giorno Paul si era svegliato presto, aveva già fatto colazione e decise di studiare in Biblioteca. Voleva mettersi sul serio e completare dei compiti come si deve, non voleva andarci per perdere tempo. Quindi, con lo zaino in spalla contenente i libri, e la divisa perfetta, cominciò ad uscire dal dormitorio, quando fu richiamato da una vocetta dietro di lui, come uno squittio.

Oh certo, mi stavo dimenticando, puoi venire anche tu Erick, ma dovrai riamnere nella tasca capito? Se te ne vai in giro per me sono guai seri!

Esclamò Paul, mentre sistemava il suo topolino nella tasca superiore destra dell'uniforme, in modo che stesse comodo.

Ecco ora posso andare.

Quindi Paul uscì dalla Sala Comune e si diresse velocemente giù per le scale fino a giungere alla biblioteca. Appena entrato però, quello che trovò non era esattamente ciò che sperava. Vide studenti che studiavano silenziosamente, certo, ma anche dei burloni che si divertivano a fare scherzi e a vagare inutilmente. Paul li guardò con disappunto. Poi cominciò a girare per la Biblioteca in cerca di un posticino libero, mentre si accorse che forse aveva portato troppi volumi e pergamene, quindi appoggiò lo zaino per terra qualche secondo, ma mentre rialzava lo sguardo scorse in lontananza due figure familiari, una era Elisabeth, la Serpeverde che aveva incontrato per la prima volta vicino al Platano Picchiatore e che gli aveva insegnato come presentarsi "formalmente" ad un Prefetto o Caposcuola, l'altra eraBrianna, l'amica di Elisabeth che aveva conosciuto allo Sheliak & Vega, il negozio di articoli musicali di Hogsmeade. Appena le scorse, Paul si avvicinò a loro strascicando lo zaino a terra, e quando fu abbastanza vicino se lo tirò davanti a se per poi fermarsi.

Ciao Elisabeth, ciao Brianna, non ci si vede da un po'! State facendo dei compiti? Posso sedermi?

Chiese il ragazzo prima di accomodarsi nel posto libero che rimaneva al tavolo, ma poi vide che Elisabeth aveva vicino a se un animale molto particolare, una volpe, e anche Brianna teneva sulla spalla un piccolo animaletto.

Ehi... quella è...una volpe? Wow è bellissima! E vedo che anche tu hai un animale Brianna! Che specie è?

Chiese Paul guardando a turno prima la volpe dal pelo rosso fiammante e poi il tenero animaletto di Brianna
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Messaggioda Dylan » 12/07/2013, 23:25

◊ Biblioteca di Hogwarts / 23:40 / Lunedì Sera ◊


Cambiato... Modificato... Rivisitato... Potenziato.
Il nostro Dylan Connor, docente di Alchimia e, fino a poco tempo fa ragazzo buono e dall'animo semplice, fu catturato circa sei mesi prima da una organizzazione, la stessa che aveva mandato in quella scuola anche la ragazza che si era divertita con lui per ben due lunghi anni.
A seguito della cattura, anch'essa avvenuta grazie ai poteri ipnotici della greca Serpeverde, il Prefetto Delfinazzurro fu trasformato in una creatura esattamente uguale nella sostanza alle due Aberrazione, diventando a tutti gli effetti una di loro.
La creatura che mischiarono al suo sangue fu una delle specie più in via di estinzione, il Drow, o elfo oscuro, che aveva ben poco a che fare con gli elfi domestici conosciuti comunemente nel mondo magico.
L'elfo oscuro oltre ad essere abbastanza malvagio, era un umanoide dai tratti morbidi, aggraziati e affascinanti, figlio delle tenebre e delle ninfe, ma questo è un discorso che posso lasciare anche tranquillamente al docente di Difesa.
Tornando a Dylan, inoltre, l'animale sfruttato per arricchire i poteri e le peculiarità del ragazzo fu il ragno, un ragno molto velenoso, anzi, il più velenoso per eccellenza, che non solo lo condusse ad un grado superiore, ma lo rese estremamente letale tanto da creare scompiglio e spavento anche tra molti degli scienziati del laboratorio di creazione.
La Setta dei 12 aveva fatto spedire a nome di Dylan nei confronti della Scuola una lettera che informava di un ritardo nella ripresa del lavoro, causa malattia, con tanto di firma completamente falsa ma irriconoscibile e calligrafia spiccicata all'originale.
Prima di tornare dunque al proprio posto di lavoro, Dylan non solo si era fatto dare tutte le disposizioni e gli ordini, avendo compreso di non potersi opporre in alcun modo, ma in più aveva richiesto delle specifiche modifiche al proprio corpo dettate da sé stesso e aveva richiesto che la ragazza dal nome di Melia Herbert non fosse messa per nulla al corrente della data del suo effettivo rientro ad Hogwarts.
Voleva che per lei fosse una sorpresa, un arrivo inaspettato, difatti così fu.
Egli arrivò presso il castello la sera Primo di Ottobre, giusto in tempo per l'ora di cena, affiancandosi ai suoi colleghi con un sorriso normale, affabile, quello del Dylan di tutti i giorni { Talento Artistico --> 32 }.
Per tutta la durata del pasto evitò completamente di fissare Melia per più di una manciata di secondi, mostrandole un sorriso tanto semplice quanto quello che rivolse ad ogni studente che, contento di rivederlo, lo salutava dandogli il "bentornato".
Insomma, il suo intento era farle credere che l'esperimento non fosse andato del tutto a buon fine, che la sua memoria fosse stata cancellata, come anche i propri sentimenti, che l'amore fasullo indotto dall'ipnosi fosse scivolato via, sciolto come neve al Sole.
Cattivo? Sadico? Insensibile? No... Connor.
E poi in fondo se lo meritava, in parte, anche perché comunque il ragazzo non aveva intenzione di portare avanti quella sceneggiata per molto.
La stessa notte difatti aveva l'idea di incontrarla, o meglio, di farsi incontrare.
Chiesto il calendario delle ronde notturne con i vari settori, fece presente che essendo la prima sera non avrebbe preso parte ai controlli, volendosi riposare. Un permesso accordato praticamente subito, calcolando che in teoria, usciva da poco da un periodo di malattia.
In quel modo, poteva perfettamente organizzarsi e farsi trovare dove voleva lui, quando voleva lui e cioè... La Biblioteca di Hogwarts.

E' qui che sarà il suo settore, dalla mezzanotte in poi...
... Non vedo proprio l'ora di vederti, amore mio.


Quel pensiero non aveva toni dolci, gentili, curati di sentimento e calore, bensì un che di rabbioso, serio e ghiacciato, come il suo corpo di ora 31°.
Seduto su una delle tante sedie comode della stanza, fissava un punto imprecisato, rilassandosi, adesso più tranquillo del tempo che aveva a disposizione per vivere, difatti gli scienziati gli avevano fatto presente che un'Aberrazione viveva molto più di un comune mago, quindi anche un anticipo di venti minuti per lui era soltanto motivo in più per reputare il tempo non più perso o irrecuperabile, ma gratuito e quasi infinito.
Ancora una cicatrice sulla fronte a testimoniare i vari punti nei quali si era svolta l'operazione qualche mese prima.
Una canottiera bianca, attillata, adesso intenta a mostrare un fisico molto più definito e sviluppato del passato, senza contare la sottile barba incolta che gli dava una certa maggiore età rispetto al normale, lui che si era sempre preoccupato di essere con il volto liscio come un bambino.
Nei suoi occhi non si leggevano più gli stessi stimoli e convinzioni di un tempo, ora esprimevano cattiveria, nessuna pietà, rancore.
Grazie ai suoi sensi del ragno poteva captare perfettamente il minimo rumore intorno a se in un buon raggio di azione, in maniera da accorgersi non di Melia in se per se, contando che lei era immune ai suoi poteri, ma lo spostamento della porta si, senza dubbio.
Quasi interamente avvolto nelle tenebre, a distanza di circa un minuto e mezzo dalla mezzanotte, la maniglia venne tirata in avanti e qualcuno, probabilmente la sua meravigliosa, attraente e leale metà, entrò nella biblioteca, camminando a passi tranquilli, leggeri, totalmente ignaro che ci fosse uno specifico professore della Scuola ad attenderlo ansioso ma molto, molto calmo.

Lo sai?
Lo scorso semestre, mentre tu ti dilettavi in un bel servizietto al prefetto Seal, nel settore proibito più avanti... Io me ne stavo beatamente dormendo felice nella mia stanza, pensando come un idiota che il successivo weekend avrei potuto comprarti un bell'anello di fidanzamento...
Fortuna che cinque giorni dopo mi hai fatto rapire, pensa che caz***a avrei combinato.


Immagine


Per quanto il nostro Dylan parve quasi ironico nelle sue parole, la serietà e l'apatia con le quali si espresse furono a dir poco lapidarie.
Un tono calmo, fermo, più basso di una volta, virile, carico di tutte le sensazioni negative elencate in precedenza.
Seppur all'inizio non si diede nemmeno il pensiero di guardarla fisso negli occhi, rimanendo a fissare il solito punto cieco e vuoto avanti a sé, appena due-tre secondi dopo aver concluso la frase, girò il capo con lentezza calcolata, inquadrando la ragazza che adesso poteva ammirare senza alcun filtro, senza alcun potere di mezzo, senza la necessità di dover sbavare per forza, perché la vedeva per quello che era, ed anche se ciò che aveva di fronte effettivamente rispecchiava abbastanza bene la realtà, ovvero che era uno schianto di femmina, nel suo comportamento non si poteva scorgere nemmeno la benché minima nota di apprezzamento.

Perché non mi ipnotizzi, Mel?
Perché non mi riduci nuovamente nel tuo schiavetto cornuto e felice?
A quanto pare ti divertiva tanto quel gioco... O sbaglio?


Decise di alzarsi in piedi, mostrando tutta la propria forma, tutto il cambiamento avvenuto.
La robusta muscolatura lo aveva fatto aumentare di altezza, conferendogli un paio di centimetri in più, ed anche se il peso era variato di appena tre chilogrammi, la potenza e la resistenza muscolare era talmente netta nell'osservare le vene sulle braccia che era impossibile non capire che in realtà fosse molto ma molto più potente di quanto non desse a notare.
A completare il suo vestiario c'era un pantalone di cotone nero e degli stivali sempre dello stesso colore, pesanti e di cuoio.
Si leccò le labbra, l'artista, si, era ancora un artista, ma non aveva intenzione di farlo presente più con tanta semplicità.
Incrociando i pugni al petto decise di rimanere in attesa di una reazione della fidanzata, perché per lui lei era ancora la sua fidanzata, peccato che per ora desiderava espressamente che lei pensasse, magari con terrore e dispiacere il contrario.
Un cuore più duro, più difficile da sfiorare, ma forse adesso come adesso era presente solo l'idea e la necessità di farle passare anche solo per qualche misero, breve secondo, l'illusione che invece lui aveva dovuto vivere per ben 728 giorni: vivere... In una realtà distorta e irreale.
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Messaggioda Melia » 13/07/2013, 0:13

[Lunedì 1° Ottobre - ore 20.20 - Camera di Melia]


Niente.
Niente di niente.
Né una lettera, né un biglietto, un cazzo di fottutissimo niente.
Era il primo di Ottobre ormai, e di Dylan ancora nemmeno l'ombra: eppure Marcus aveva promesso di mandarle un messaggio non appena l'operazione fosse andata a buon fine - perché lei non contemplava nemmeno che il docente di Alchimia potesse perdere la vita.
Ma allora perché, perché ancora nessuno si era fatto vivo, perché le avevano fatto passare un'estate di merda, a crogiolarsi nel terrore di averlo perso, ad immaginare i mille scenari nei quali lui, non più innamorato, le sarebbe passato accanto fregandosene di lei?
E perché ora, a distanza di un mese dall'inizio della scuola, ancora non c'erano novità? Non era certo possibile che un'operazione durasse tutto quel tempo, porco Salazar!
In fibrillazione, ecco come si sentiva Melia Herbert, al punto che da quando era tornata a scuola non aveva più ipnotizzato nessuno, né aveva organizzato qualche bello scherzetto con l'amico Kenway, troppo occupato a conquistare la sua dolce Grifondoro - e a farcisi conquistare, ma quello era un pensiero che avrebbe mantenuto per sé.
Mentre risaliva dai sotterranei per dirigersi in Sala Grande per la cena, Melia si promise che il giorno dopo avrebbe scritto a Marcus, pretendendo delle notizie su Dylan.

[Lunedì 1° Ottobre - ore 20.30 - Sala Grande]


E quale sorpresa fu, per lei, vederselo al tavolo dei professori come se nulla fosse!

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Per un secondo, il cuore smise di battere, e la Serpeverde dovette ricorrere a tutta la propria concentrazione per non fermarsi, per continuare a camminare dall'ingresso della Sala Grande fino al proprio tavolo, dove prese posto accanto ai compagni di Casata: per tutta la durata della cena s'impose di non guardarlo più del dovuto, lanciandogli qualche occhiata di sbieco di tanto in tanto.
E nel mentre, rifletteva: se l'avevano rimandato a scuola, significava che l'operazione era riuscita.
Chissà come aveva giustificato ai colleghi la cicatrice che aveva sul viso...
Era bello, come se lo ricordava.
No, di più, dovette convenire con se stessa, perché ora aveva lo stesso fascino del male suo e di Zephyr: e la riprova era che le sue compagne di Casata ci sbavavano sopra senza nemmeno trattenersi, quelle stupide.
Sentiva di odiarle, in quel momento.
Ma poi, con quale diritto? Dylan non era più suo, l'aveva perso nel momento in cui Marcus le aveva dato ordine di ipnotizzarlo per farlo rapire: avrebbe potuto essere di chiunque, andare con chiunque.
Era stata lei a volerlo, era stata lei a rovinargli la vita più di quanto avrebbe voluto.
Ed era giusto che ne pagasse le conseguenze.
Con lo sguardo fisso sul proprio piatto, la Herbert consumò la cena in silenzio, uscendo prima dalla Sala Grande accusando un po' di stanchezza: per fortuna aveva ronda quella sera, camminare un po' da sola coi propri pensieri le avrebbe sicuramente fatto bene.

[Lunedì 1° Ottobre - ore 23.45 - Biblioteca]


Il giro di ronda era andato, tutto sommato, piuttosto bene.
Era in coppia con Zephyr, il che per lei era comodo, molto, perché significava che, grazie ai suoi poteri, praticamente tutto il lavoro sporco poteva farlo lui: e c'era anche da dire che, di solito, Melia se ne fregava abbastanza se beccava qualche studente intanto a violare il coprifuoco, forse perché dentro di sé sapeva che lei, a confronto, faceva molto peggio.
Questo non la esimeva, comunque, dal fare buon viso a cattivo gioco, per questo anche sapendo che tanto non avrebbe tolto punti a nessuno, la Serpeverde entrò nella biblioteca di Hogwarts, la bacchetta sfoderata di fronte a sé con un "Lumos" sulla punta, così da vedere dove stava andando: il passo era tranquillo, leggiadro e leggero, merito del sangue di Veela che le scorreva nelle vene e della pelle di serpente che le avvolgeva il cuore, e che donava alla sua figura quel fascino angelico e allo stesso tempo sinuoso, misterioso ed ipnotico che tanto piaceva.
Non notando alcuna presenza sospetta, come ipotizzato, la ragazza fece dietro-front, pronta ad andarsene, quando una voce improvvisa, calma e bassa, fredda e familiare la raggiunse, facendole rizzare i peli sulla nuca.

Lo sai?
Lo scorso semestre, mentre tu ti dilettavi in un bel servizietto al prefetto Seal, nel settore proibito più avanti... Io me ne stavo beatamente dormendo felice nella mia stanza, pensando come un idiota che il successivo weekend avrei potuto comprarti un bell'anello di fidanzamento...
Fortuna che cinque giorni dopo mi hai fatto rapire, pensa che caz***a avrei combinato.


Dylan.
Sentire quella voce, per lei, era oltremodo doloroso.
Perché era sempre la sua, ovviamente, ma allo stesso tempo non gli apparteneva più.
O meglio, apparteneva ad una persona che non era più quella di cui lei si era innamorata, e questo tutto per colpa sua, della sua superificialità infantile, del suo non essere in grado di rendersi conto dei propri errori se non quando, ormai, era troppo tardi: non avrebbe mai più potuto sdebitarsi con lui per ciò che gli aveva fatto, per la vita che aveva permesso, no, che aveva spinto gli togliessero.
Ed era quella consapevolezza a farla stare male, più di qualsiasi altra cosa.
Si volse lentamente, imponendosi di guardarlo, di non essere così codarda di rifuggire il suo sguardo.
Il corpo era cambiato, era più massiccio, più muscoloso: aveva una barba leggera a coprirgli il mento, i capelli erano tirati all'indietro, persino quella cicatrice gli donava un aspetto più affascinante; e quello sguardo... se non fosse stata colpa sua, se non fosse stata proprio lei a rovinargli la vita, si sarebbe permessa di sospirare innamorata per quegli occhi che trasudavano quella consapevole malvagità che le faceva battere più forte il cuore.
Ma non poteva permetterselo, perché quello sguardo era la prova concreta della sua colpa, della vita che aveva tolto; e come tale, non riusciva nemmeno a sostenerlo per più di pochi istanti, tanto che quando Dylan si alzò in piedi, guardandola negli occhi, fu lei ad abbassarli per prima, scappando, nonostante tutto, da quel contatto.

Perché non mi ipnotizzi, Mel?
Perché non mi riduci nuovamente nel tuo schiavetto cornuto e felice?
A quanto pare ti divertiva tanto quel gioco... O sbaglio?


Sai che non posso farlo... sei diventato immune ai miei poteri.

Replicò Melia, il tono di voce basso, atono.
Niente più dolcezza, niente più miele dalle sue labbra, un po' perché appunto, lui non era più sensibile alla magia oscura insita nel suo fascino, ed un po' perché Melia stessa non riusciva proprio a fingere, in quel momento.

Stai... sei vivo - mormorò poco dopo, perchè parlare di "stare bene" riferito a lui, che era diventato un'Aberrazione, non era proprio il massimo - Avevo chiesto di essere informata, mi sono...

Si bloccò, scuotendo appena il capo.
Con che faccia tosta avrebbe potuto dire che si era preoccupata, per quanto fosse vero, quand'era solo colpa sua e del suo comportamento?

Io... mi dispiace.
Non avrei mai voluto che ti facessero questo.
So che non ha alcuna importanza ormai, e se mi odi non ti posso biasimare, ti chiedo solo di non sputtanarmi visto che lavoriamo tutti per le stesse persone.


Almeno quello si sentiva di poterglielo chiedere, in fondo erano tutti figli della Setta dei 12, seppur con passati e per motivi diversi. Deglutì il groppo che le si era formato alla gola, sbattendo le palpebre e tentando di respirare a fondo per poi costringersi a guardarlo almeno per qualche secondo negli occhi, anche se questo avrebbe portato solo altro male nel suo cuore.
Ma le stava bene, era la sua punizione.

Mi dispiace, Dylan... di tutto.

Ripeté, maledicendo la sua voce tremula: le dispiaceva di averlo costretto ad amarla, le dispiaceva di aver continuato a giocare con la sua mente, ma soprattutto le dispiaceva di averlo fatto alla luce del Sole, sbandierando il tutto alla Setta, spingendola a modificarlo per far sì che lei non si allontanasse dai loro voleri.
Abbassò il capo, mordendosi il labbro a sangue, e volse le spalle, pronta ad uscire di corsa dalla biblioteca: forse, col tempo, sarebbe riuscita a sostenere la sua presenza di fronte alla sua, ma al momento non era possibile...
Faceva troppo male.
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Messaggioda Dylan » 13/07/2013, 0:49

Sai che non posso farlo... sei diventato immune ai miei poteri.

Forse sono diventato proprio immune a te.

Cattivo, bastardo e maledetto, infilava il coltello nella ferita e rigirava, né con piacere, né con rimorso, ma solo con accurata strategia.
Dylan Connor, il buon caro professore di Alchimia intento solo a fare ritratti e ammirare la natura oltre il velo della fantasia, adesso si stava dimostrando del tutto cambiato, del tutto modificato, soggiogato dal male, suo schiavo e padrone allo stesso tempo.
Più la guardava più sentiva l'impulso di saltarle addosso, in parte merito del legame magnetico che adesso li attirava, in parte perché non era affatto vero che gli esperimenti avevano cancellato i suoi sentimenti per lei, ma era necessario che constatasse con i suoi occhi la veridicità delle parole di Marcus, perché al momento si fidava poco e nulla di nessuno, e nemmeno Melia si trovava tanto in alto nella classifica delle persone meno sospette, indi per cui anche lei avrebbe dovuto guadagnarsi quello che, un tempo, avrebbe potuto ottenere con uno schiocco di dita.

Stai... sei vivo.
Avevo chiesto di essere informata, mi sono...


Preoccupata?
Allarmata?
Innervosita?
O magari... Incaz***a?
No perché in quel caso, avremmo qualcosa in comune.
Anche io mi sono sentito piuttosto incaz***o quando mi hanno riferito tutto quello che mi avevi combinato e come mi avevi trattato.


Io... mi dispiace.
Non avrei mai voluto che ti facessero questo.
So che non ha alcuna importanza ormai, e se mi odi non ti posso biasimare, ti chiedo solo di non sputtanarmi visto che lavoriamo tutti per le stesse persone.


In effetti sarebbe abbastanza stupido e controproducente, nonché da suicidi, se ben immagini cosa mi possa accadere.
Deduco che farmi trasformare in un mostro esattamente come te sia stata la valida prova per confermare la tua immaturità più palese.
Porca miseria, ci ho dovuto rimettere 22 anni di vita per farti imparare una lezione, c***o che professore modello che sono!


Palesemente stizzito, scocciato, non curante di colpire a fondo, fare male, avvelenare il cuore e la mente dell'altra, rimanendo sempre con quella stessa identica domanda nella testa: "Perché, lei ci aveva riflettuto sopra? Lei con me, ha avuto un attimo di pietà?".
La differenza palese però, tra lui e lei, era proprio che Melia doveva ancora crescere, formarsi, diventare ancor più perfetta di quanto già non fosse nella malvagità e nell'aspetto.
Il fatto di avere solo sedici anni era la riprova che anche le Aberrazioni necessitavano di maturare, di migliorare, di affinare le facoltà psichiche.
Non fu soltanto per quello che Connor si decise a reagire differentemente, calando il sipario e tirando già la maschera nei confronti della Serpe, ma anche perché per lui lo scherzo durava poco, almeno con gli alleati, almeno con la ragazza amata, anche se per il momento, pur amandola, non riusciva a possedere una piena e totale fiducia in lei; troppo presto, troppo svelto, troppo shock.

Mi dispiace, Dylan... di tutto.

Abbassò il capo, completamente inerme di fronte a quelle reazioni, a quelle parole, a quelle realtà sbattute in faccia, inappellabili.
Mordendosi il labbro inferiore con forza inaudita si volse, non riuscendo davvero a sostenere lo sguardo del ragazzo, del professore, dell'amato.
Il suo intento era quello di muoversi, fare qualche passo avanti e poi aumentare il ritmo, accelerando, scappando via definitivamente, sperando che prima o poi sarebbe riuscita nell'intento di comunicare normalmente da persona civile con Dylan, seppur coperta dal malessere di non aver potuto fare nulla per salvarlo da quel destino avverso, da quella sorte tremenda e da quel pericoloso fato adesso non più opponibile.
In quel frangente però, l'artista decise di palesare per la prima volta i suoi poteri, i suoi nuovi poteri, sfruttare l'istinto del ragno.
Come se fosse stato mosso da una saetta, Dylan fluido e svelto all'inverosimile si parò davanti al corpo della Herbert prima che potesse allontanarsi.
Forse lei avrebbe alzato lo sguardo, totalmente incredula e stupita, presa alla sprovvista da una simile velocità di reazione, e fu proprio durante quella momentanea tendenza allo stupore che lui si avvicinò ulteriormente e... Prendendole per le guance la avvicinò a se e la baciò.

Immagine


Inconcepibili le sensazioni che sentì scorrere per la pelle e per il cuore non appena le sue labbra sfiorarono e poi si impossessarono del tutto di quelle umide e ora non più fresche ma bollenti di Melia.
Sentiva il bisogno di non staccarsi mai più da esse ed anche se sapeva che da una parte quella necessità derivava dalla loro uguaglianza nella specie, era comunque felice di percepire delle sensazioni vere, non indotte, non volute da lei e dalla sua fottutissima ipnosi.
Se non altro, anche se magnetico, era tutto vero, tutto dannatamente vero e bellissimo.
La lingua cercò subito di insinuarsi nella bocca della ragazza per cercare la compagna ed iniziare a danzarci come eccitata anch'essa, con una irruenza ed un controllo della situazione, della passione, che il Dylan di un tempo non aveva mai avuto.
Il sottile velo di barba solleticava la pelle candida e profumata della semi-veela e i pollici del ragazzo le carezzavano gli zigomi con gentilezza.
Se ella avesse voluto continuare quell'atto per tutto il tempo desiderato dall'ex fidanzato, allora avrebbero proseguito per almeno tre, quattro minuti buoni, prima di staccarsi lentamente, senza troppo fiato da parte di lui che sapeva che l'avrebbe fatto, ne era preparato.
La guardò fisso negli occhi, sempre molto serio, sempre molto imperativo nelle espressioni, bastardo e maledetto.

... Niente più giochetti.
... Niente più segreti.
... Niente più bontà.
... Ti amo, Mel.


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Messaggioda Melia » 13/07/2013, 12:16

Forse sono diventato proprio immune a te.

Non era forse quella, la prima cosa a cui Melia aveva pensato quando Marcus le aveva comunicato i piani della Setta per Dylan?
Non aveva forse temuto che perdesse ogni briciolo di amore per lei, arrivando probabilmente ad odiarla una volta scoperto che, per colpa sua, la sua vita era stata radicalmente modificata, e la sua libertà strappata via con la stessa leggerezza di un pittore che distrugge una sua opera mal riuscita?
E nonostante ciò, sentire quelle parole fu come perdere il respiro, come sentire il proprio cuore interrompere improvvisamente il suo lento lavorare, e fermare i propri battiti, per quanto sporadici rispetto ad un normale essere umano; sapeva di meritarselo, sapeva che era quella la sua punizione, che non si meritava nulla di meno.
Anzi, doveva ringraziare il fatto che anche Connor, come lei e Zephyr, lavorava ora sotto le dirette istruzioni di Marcus, o sarebbero stati guai per entrambi - no, forse più per lei in realtà; magra consolazione, a cui Melia cercava di aggrapparsi con tutte le sue forze, unendo quel pensiero ad uno ancora più importante, e cioè che, nonostante tutto, Dylan era ancora vivo.
Certo, avrebbe dovuto imparare a considerarlo un professore ed un collega, a guardarlo da lontano e rimpiangere gli sguardi innamorati che le lanciava una volta, ma almeno respirava e, per quanto sembrasse cinico pensarlo, era molto più disincantato di prima, il che significava probabilmente un suo maggiore sapersi difendere dal mondo; e poi, c'era ancora da scoprire cosa e come la Setta l'avesse modificato, e la Herbert sapeva bene che i suoi scienziati non ci andavano mai di mano leggera... in fondo, se si doveva fare una cosa, tanto valeva farla come di doveva.

Preoccupata?
Allarmata?
Innervosita?
O magari... Incaz***a?
No perché in quel caso, avremmo qualcosa in comune.
Anche io mi sono sentito piuttosto incaz***o quando mi hanno riferito tutto quello che mi avevi combinato e come mi avevi trattato.


Non poté dire altro se non scusarsi, col capo chino e la voce sinceramente tremula, trovando inutile dissimulare le sensazioni che stava provando: aveva ragione, pienamente, a non credere alla sua preoccupazione; in fondo non si era preoccupata nemmeno un secondo, per tutto il tempo in cui l'aveva ipnotizzato, perché avrebbe dovuto cambiare ora che invece, paradossalmente, Dylan era più al sicuro, più forte e in grado di badare a se stesso?

In effetti sarebbe abbastanza stupido e controproducente, nonché da suicidi, se ben immagini cosa mi possa accadere.
Deduco che farmi trasformare in un mostro esattamente come te sia stata la valida prova per confermare la tua immaturità più palese.
Porca miseria, ci ho dovuto rimettere 22 anni di vita per farti imparare una lezione, c***o che professore modello che sono!


......

Mente vuota.
Non sapeva cosa dire, come comportarsi.
In realtà non c'era nulla che potesse dire o fare, per cambiare le cose: ora Dylan sapeva, sapeva di come lei lo avesse usato per i propri comodi per tutto il tempo, di come l'avesse reso suo schiavo, e soprattutto, sapeva che se era diventato così era solo lei la responsabile, l'unica colpevole, l'unica causa del suo cambiamento; come avrebbe potuto non odiarla, per questo?
Si scusò ancora, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi, e nonostante si fosse imposta di ricacciarle indietro, una le scivolò lungo la guancia comunque, forse la prova più concreta di quanto le sue parole l'avessero ferita, pur meritandosele.
Per questo gli volse le spalle, e prese a camminare verso l'uscita della biblioteca, così da non proseguire quella conversazione penosa, quella punizione che per lei, comunque, di certo non sarebbe finita lì, ma si sarebbe anzi protratta nei giorni, nelle settimane: quello che però non aveva calcolato - e come avrebbe potuto? - erano i poteri di lui; in meno di un battito di ciglia, Melia infatti si ritrovò Dylan di fronte agli occhi, a sbarrarle la strada.
Incredula, sbarrò gli occhi ed arrestò di colpo il proprio incedere, voltando di scatto il viso alle sue spalle, allibita del non vederlo più nella posizione in cui l'aveva lasciato un secondo prima: quando però si volse nuovamente con lo sguardo di fronte a sé, dove si trovava lui attualmente, Connor le prese il viso tra le mani per baciarla.
La prima cosa che sentì, la prima in assoluto, fu il calore: un calore che lei conosceva bene, perché era lo stesso che le dava Zephyr, ma che non era abituata a sentir provenire da lui.
Poi, le sue labbra morbide e decise, che a differenza di un tempo si muovevano ora sicure su quelle di lei, incapace di fermarlo, di scostarsi: ma poi, l'avrebbe voluto? Il magnetismo che il corpo di Dylan sprigionava alimentava il calore insito in Melia, fomentando la sua lussuria, la voglia di lasciarsi andare: eppure, nonostante avesse ricambiato quel bacio per tutto il tempo nel quale Dylan aveva assaporato le sue labbra e la sua lingua - la sua lingua, già, non era mai stata così intraprendente, così sfacciata, così padrona della situazione - le braccia erano rimaste penzoloni lungo i fianchi, come se la Herbert non riuscisse, e così era, nemmeno a muoversi; quando si staccarono, il petto di lei si alzava ed abbassava velocemente, le pulsazioni aumentate per la sua vicinanza e il respiro corto, quanto quello di lui.

... Niente più giochetti.
... Niente più segreti.
... Niente più bontà.
... Ti amo, Mel.


Quelle parole, soprattutto le ultime tre, diedero vita ad un mare di pensieri, come una radice da cui si ramificarono mille considerazioni diverse: e se dentro la mente di Melia quei ragionamenti sembrarono durare minuti interi, in realtà si trattò di pochi millesimi di secondo.
Il primo pensiero, quello più immediato, fu che Dylan l'amava ancora, nonostante tutto: ciò poteva significare solo una cosa, e cioè che il giovane uomo l'amava anche senza ipnosi, quando ancora era umano, e che era stato quell'amore puro, al di là di quello indotto, a rimanere dentro di lui nonostante il cambiamento; quella stessa considerazione ebbe naturalmente il potere di farla sentire ancora più in colpa, perché se avesse avuto fiducia in lui, se avesse provato anche solo per un secondo a lasciarlo libero, si sarebbe potuto accorgere che quell'amore continuava a pulsare nel suo cuore, e forse gli avrebbe evitato quella fine.
Il secondo pensiero riguardava chi le stava dicendo di amarla: perché aveva di fronte Dylan, il suo Dylan, ed allo stesso tempo un estraneo. Certo, si sarebbe potuto obiettare che fisicamente era sempre lui... ma in realtà non era esattamente così: il corpo che aveva imparato a conoscere, ad amare, era diverso, più muscoloso, più gonfio, e se non si poteva considerare ciò come un male, perché era bellissimo e nessuno, grazie anche al suo potere, avrebbe potuto dire il contrario, si trattava comunque di una fisicità diversa; allo stesso modo, lo sguardo profondo e solitamente illuminato da una luce dolce, pura, ora era sì profondo, ma velato da un'aura oscura, diversa, antitetica con la precedente.
E così anche la voce, più bassa, più virile, dall'aria più pericolosa, ed ogni più piccola parte di lui, anche nel modo di baciare sembrava un altro.
Questo la portò al terzo pensiero, e cioè quanto, della persona di cui si era innamorata, era rimasto in colui che aveva di fronte e che ora la fissava con sguardo sicuro e determinato, accarezzandole le guance? Quanto era rimasto del Dylan Connor che riusciva a farle provare qualcosa di buono, di diverso dalla solita voglia di portare il caos? E soprattutto, sarebbe riuscita ad amare quel nuovo Dylan, al di là del calore che le faceva provare? - e di questo, di donarle quel tipo di calore, lo sapeva e l'aveva sperimentato, ne era in grado anche Zephyr. Perché lei e Kenway erano, se non nati, almeno cresciuti in quel modo, e nessuno li aveva mai potuti vedere in modo diverso... ma Dylan no, era una persona buona e pura fino a pochi mesi prima, lei l'aveva conosciuto e si era innamorata di lui così... e ora?
Altre lacrime le si formarono agli angoli degli occhi al pensiero di aver rovinato tutto, e che forse la persona che ora le aveva detto di amarla non aveva più nulla a che spartire con quella per la quale lei era stata male tutto quel tempo, e che le aveva fatto passare, seppur sotto ipnosi, tanti momenti felici: si sentiva fragile, debole, vulnerabile come... un'umana.
Si era sempre fatta scudo ed aveva sempre tratto forza dalle proprie capacità, da quei poteri che la rendevano diversa, speciale... ed ora, invece, sentiva che erano stati proprio loro, guidati dalla sua immaturità, a portarle via la cosa più preziosa che avesse mai avuto.

... cosa ti hanno fatto?
Cosa vogliono, da te?


Non riuscì a dire altro, quelle lacrime che ora le solcavano le guance e il cuore che, nonostante tutto, non smetteva di sanguinare e richiamare il nome del dolce Dylan, un po' troppo ingenuo forse ma buono, genuino, della sua anima candida che ora, invece, era nera come quella sporca e marcia della Herbert.
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Messaggioda Dylan » 14/07/2013, 4:14

Nuovo Dylan, nuove reazioni, nuovi comportamenti, nuovi modi di pensare.
Prenderla alla sprovvista era qualcosa che mai avrebbe potuto fare in passato, proprio per la sua stragrande ingenuità.
Adesso che quella parte ingenua era volata via lasciando spazio alla maledizione e all'inganno, il nostro artista era decisamente pronto a mostrarsi alla propria Serpe prediletta nella sua forma migliore, smagliante e rivoluzionaria.
Cosciente di poter anticipare le sue mosse, non offensive sia chiaro, la prese in contropiede mentre tentava di andarsene, totalmente distrutta e sconvolta dalle parole del professore che avevano colpito affondo con un veleno letale e corrosivo per l'anima.
Il bacio che subito dopo le diede fu quella specie di medicina volta a calmarle il dolore, un sedativo istantaneo per i sensi e per la mente.
Smise infatti di pensare per diversi secondi, la Herbert, prima di lasciarsi piano distanziare e stupire dalla confessione sentimentale che sembrava condurre ad una sola ed unica via d'uscita: lui l'amava anche prima della trasformazione, esente ipnosi.
A dirla tutta, anche quello faceva parte del piano, infatti Dylan non rimase particolarmente sorpreso o perplesso quando vide negli occhi dell'Aberrazione il totale smarrimento e poi quel successivo processo evolutivo di riflessioni e deduzioni.
Non oppose resistenza però a quei ragionamenti, reputando che lei dovesse trarre prima le sue conclusioni, per poi trovarsi veramente pronta ad ascoltare quelle reali dell'alchimista.

... cosa ti hanno fatto?
Cosa vogliono, da te?


Piangeva nel pronunciare quelle domande e per quanto si sforzasse di provare la stessa compassione di un tempo, Connor non vi riuscì.
Adesso apparteneva ad un altro mondo e per lui la compassione non esisteva, c'era spazio solo ed esclusivamente per la logica e la sicurezza, due pregi che gli permisero di comprendere che Melia non aveva necessità di piangere, almeno nella sua ottica.
Capiva che le aveva fatto del male ma se lo era pienamente meritato, per questo non ci furono sensi di colpa o diversi pensieri in merito al pianto.
In cuor suo però immaginava che ben presto quelle lacrime avrebbero preso una forma diversa, una identità opposto, ovvero legata alla gioia.
Era un desiderio, nulla di più ad ora, ma comunque abbastanza forte da permettergli di rimanere lucido, controllore della situazione e pacato.
Sorrise con leggerezza, schietto e fottutamente da str***o, incrociando nuovamente le braccia.

Sai bene cosa mi hanno fatto.
Al massimo vorrai chiedermi che cosa hanno usato.
Quello che vogliono da me è che applichi una protezione su te e Kenway.
In parole povere dovrei risultare come una sorta bodyguard.
Difesa particolare mi è stata segnalata per te: la mia vita sempre prima della tua, ad ogni costo.
Pare che le alte sfere ti abbiano preso molto a cuore e serbino grandi progetti per te, Mel.


Non che la cosa non gli interessasse, ma non potendo adesso come adesso indagare adeguatamente, il nostro professore non mostrò eccessivo entusiasmo, rimanendo dell'idea che ben presto però avrebbe cercato di capirne di più, perché non voleva che qualcuno lo allontanasse dalla sua compagna, adesso che finalmente non solo poteva reputarsi degno di lei, ma soprattutto ora che potevano avere il mondo ai loro piedi.
Molto ambizioso, si, lo ammetto anche io che non immaginavo venisse fuori così, ma a volte capita che gli esperimenti si sa come iniziano ma...

Ad ogni modo, non serviva certo un ordine specifico per indurmi a difenderti fino alla morte.
E si... Se non si era capito mi piace tenere sulle spine il prossimo... Un Ragno, mi hanno incrociato con un ragno, il più velenoso.


Sciolse le braccia, voltandosi per poi camminare in direzione di uno dei tanti tavoli da studio della biblioteca.
Non se la sentiva di abbracciarla, non ora che, a giudicare dalla di lei reazione, non gli aveva risposto a quella dichiarazione spontanea.
Ignaro dei motivi che l'avessero spinta a non corrispondere all'attimo quelle parole, il ragazzo decise che forse la cosa migliore dalla quale dovesse cominciare era la motivazione di non averla fatto penare così tanto per il perdono a seguito dei due anni di schiavitù e presa in giro subita.
La mente del docente non solo si era sviluppata nella ragione ma anche nell'emotività, nella comprensione dei sentimenti umani, nell'analisi delle probabilità e sintesi delle risposte da fornire dopo una riflessione.
Semplificava ogni cosa come un calcolo che giungeva ad una soluzione, come un nodo che andava al pettine, perfettamente equilibrato e preciso.
Proprio quella precisa obiettività, fredda e calcolatrice lo aiutò in pochissimi giorni, qualche settimana prima, ad accettare placidamente tutte le malefatte che Melia gli aveva inferto.
Non era una logica facile da seguire, senza una adeguata spiegazione e Connor, posando le mani sulla scrivania, fissandola negli occhi, non esitò a fornirgliela una volta per tutte.

Quella di prima altro non era che una mia dolce e tenera vendetta verso il "me" di una volta, intesi?
Fatto sta che il "me" di una volta è rimasto intatto nel mio animo solo in una percentuale, forse quella migliore, lasciando perdere quella più inetta.
L'altra percentuale aggiunta, la percentuale che mi ha perfezionato... Mel, è ciò che adesso mi accomuna a te, che mi fa pensare simile a te.
E' stato grazie a questo mio nuovo lato che ho potuto ammirare, in un'ottica sadica e distorta, il modo in cui mi hai trattato.
Adesso io potrei dire che al tuo posto, con un fesso come me, avrei fatto la stessa identica cosa, quindi perché biasimarti?
Sono in ballo, è pressoché ovvio che la faccia facile, altrimenti morirei di dubbi, domande e scervellamenti.


La testa per aria era stata sostituita con una ben più che con i piedi per terra, anzi, faceva quasi impressione la piattezza con la quale illustrava senza troppi giri di parole il suo destino accomunato a lei e al male, un male che fino a nemmeno un anno prima avrebbe ripudiato nel terrore.
Nonostante ciò, molte delle sue qualità erano rimaste immutate e tra esse l'arte e la bravura nel ritrarre immagini e paesaggi.
Ricordava perfettamente la volta che Mel gli aveva promesso di farsi fare un ritratto completamente senza veli, ed al tempo, per un Connor non solo innamorato ma anche vecchio stampo, fu quasi la causa di un mezzo infarto.
In virtù di quelle memorie non certo dimenticate del tutto, nel corso delle settimane di riabilitazione passate al quartier generale della Setta dei 12, Dylan aveva portato a termine un lavoro, o forse si poteva definire nella sua ottica "capolavoro", fatto appositamente per lei, per quel giorno.
Il comportamento della Herbert cercava in qualche modo prove, tracce di un qualcosa che non sarebbe mai più potuto tornare, perché quello non era il professore e prefetto dei delfini conosciuto due anni prima, bensì una nuova, portentosa ed inaspettata creatura delle tenebre.
La mancina si diresse fino alla maniglia del cassetto della scrivania, aprendolo con molta lentezza, sempre calcolata, sempre voluta.
Un foglio, o meglio, una tela ne uscì fuori, posata sulla superficie di legno, con l'intento da parte di Dylan di attirare fino a lì la ragazza per comprendere di cosa si trattasse. Se ella l'avesse fatto, ci avrebbe messo poco a riconoscere il soggetto dell'opera disegnatavi sopra.

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Come vedi... Ci sono cose che non sono state cancellate del tutto.
Altre invece, come hai ben sentito prima, che non sono state invece cancellate per nulla.
Credo però sia necessario che io riacquisti fiducia in te e tu... Tu cosa dovresti riacquistare, Mel?


Domande oculate, cariche di mistero e allo stesso tempo di nitida certezza quelle rivolte dal Prefetto alla collega.
Non intendeva spingerla a parlare più di tanto, fermo e considerato che forse poteva anche essere che non avesse smesso di piangere, ma nei suoi confronti aveva scelto di attuare una politica di avvicinamento per gradi a tutto, anche al semplice avere un rapporto civile tra cattivi.
Per Dylan, nessuno era degno di troppa fiducia, questo perché era consapevole di non essere più davvero l'amato della Serpeverde.
Tutti e tre, Kenway compreso, di base erano dei malvagi e lui non era ancora a tutti gli effetti un "membro del gruppo".
Nessuno lo aveva accettato o ancora riconosciuto, dunque avrebbe potuto anche lavorare completamente da solo, distaccato, solitario.
Il non essere più il vecchio Connor gli conferiva l'incertezza che la ragazza potesse dimostrarsi con lui reale e vera, poiché un tempo non si mostrava per paura, ma adesso poteva decidere di non mostrarsi perché convinta di non avere di fronte lo stesso individuo.
D'altra parte però, il ragazzo con quel ritratto simboleggiò una verità inappellabile: del passato le tracce erano rimaste ed anche visibili.
Ciò poteva far ben sperare in qualche altra sfaccettatura resa intatta dall'operazione di trasformazione?
Non doveva dire tutto lui, alla fine, l'ho menzionato poco fa che era diventato un tipo incline ad adorare il tenere sulle spine il prossimo.

Comunque questo ritratto è tuo, lo puoi prendere.
Gli occhi sono privi di pupilla verticale, noterai, ma è fatto apposta.
Volevo ritrarti attraverso le stesse immagini presenti nella mia memoria vissuta.
Per me non possedevi nulla che non andava, nulla di strano, se non il puro oro nello sguardo.
Allora credevo che io e te fossimo fatti della stessa sostanza dei sogni... Ma mi sbagliavo.
Adesso invece, siamo fatti davvero di una stessa sostanza... Una sostanza di dolci Incubi, incubi che vorrei condividere con te.
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Messaggioda Melia » 14/07/2013, 17:28

Sai bene cosa mi hanno fatto.
Al massimo vorrai chiedermi che cosa hanno usato.
Quello che vogliono da me è che applichi una protezione su te e Kenway.
In parole povere dovrei risultare come una sorta bodyguard.
Difesa particolare mi è stata segnalata per te: la mia vita sempre prima della tua, ad ogni costo.


Difenderla.
Pararsi di fronte a lei in una qualsiasi situazione di pericolo insomma, rischiare la propria vita per lei: proprio l'ultima cosa che Melia voleva; sembrava che, oltre al danno, a Dylan fosse stata fatta anche la beffa... non solo era colpa della Herbert se era diventato un'Aberrazione, ma adesso gli toccava pure proteggerla.

Pare che le alte sfere ti abbiano preso molto a cuore e serbino grandi progetti per te, Mel.
Ad ogni modo, non serviva certo un ordine specifico per indurmi a difenderti fino alla morte.
E si... Se non si era capito mi piace tenere sulle spine il prossimo... Un Ragno, mi hanno incrociato con un ragno, il più velenoso.


Grandi progetti... e come biasimarli?
Il potere che le avevano conferito era immenso, e lei lo sapeva usare con un delicato ed elegante sadismo, l'aveva dimostrato fin da quel momento: eppure, non poteva fare a meno di pensare che, da quel momento in poi, più sarebbe stata ritenuta essenziale per la Setta, più Dylan sarebbe stato costretto ad esser pronto per proteggerla; e, in modo opposto, se avesse intenzionalmente sabotato i loro piani per far sì che Connor non venisse usato come suo scudo personale, avrebbero potuto minacciarla di fargli del male, per costringerla.
In entrambi i casi, i rischi a cui era esposto il docente di Alchimia erano moltissimi, ma c'era anche da dire che, ora, sapeva bene come difendersi.

Un ragno... quindi hai... le sue capacità?
Hai... insomma, a parte la super velocità... cos'altro sai fare?


La voce era ancora tremula, ma le lacrime avevano smesso, per il momento, di colarle lungo le guance: focalizzarsi su altro, su ciò che Dylan era attualmente in grado di fare, era un ottimo modo per non pensare al resto; vederlo allontanarsi da sé fu strano, per lei; non se ne stava andando, si era solo avvicinato ad uno scrittoio, ma per un momento pensò a cosa sarebbe successo se, sei mesi prima, il vecchio Connor l'avesse vista piangere.
L'avrebbe abbracciata, come minimo, cullata sul suo petto e riempita di baci, coccole: al di là che quelle lacrime fossero dovute alle parole che sì, lui le aveva inflitto, ma che comunque lei si era pienamente meritata, sarebbe stato capace, il nuovo Dylan, di mostrare quella dolcezza?
Di prenderla tra le braccia e baciarle i capelli, sussurrandole parole d'amore all'orecchio? E perché, perché quella dolcezza che lei aveva reputato come smielata quando stavano insieme, ora sembrava mancarle così tanto? Perché sentiva così dannatamente forte il bisogno di scoprire che lui la possedeva ancora?

Quella di prima altro non era che una mia dolce e tenera vendetta verso il "me" di una volta, intesi?

Si era di nuovo persa nei propri ragionamenti, e di nuovo era stata la voce di Dylan a farle alzare lo sguardo, costringendola a focalizzarsi su di lui.
Ci mise qualche secondo per metabolizzare cosa lui stesse dicendo, che poi altro non era se non la spiegazione del perché, prima, fosse stato così duro con lei: ma Melia non aveva bisogno di spiegazioni, perché mai?
Connor aveva tutto il diritto di trattarla male, di farla sentire uno schifo, nella mente della Serpeverde non avrebbe nemmeno dovuto rivolgerle la parola, figuriamoci darle delle spiegazioni.

Fatto sta che il "me" di una volta è rimasto intatto nel mio animo solo in una percentuale, forse quella migliore, lasciando perdere quella più inetta.
L'altra percentuale aggiunta, la percentuale che mi ha perfezionato... Mel, è ciò che adesso mi accomuna a te, che mi fa pensare simile a te.


Una percentuale di lui era rimasta... già, ma quanto grande?
E soprattutto, la percentuale che gli era stata aggiunta, quella che lo aveva perfezionato... quanto aveva modificato ciò che di bello c'era in Dylan?
Quella parola, poi, "perfezionare" ... certo, prima era fin troppo con la testa tra le nuvole, ma non avrebbe mai parlato di "doverlo perfezionare": lui era perfetto prima, in quel modo, e lei ora si sentiva stupida a ragionare in quel modo.
No, anzi, patetica.
Da quando era diventata così sentimentale, così sdolcinata?
La Melia di mesi prima sarebbe probabilmente rabbrividita nel sentire quei ragionamenti, ma era anche vero che la Melia di mesi prima aveva ancora il suo Dylan, accanto a sé.

E' stato grazie a questo mio nuovo lato che ho potuto ammirare, in un'ottica sadica e distorta, il modo in cui mi hai trattato.
Adesso io potrei dire che al tuo posto, con un fesso come me, avrei fatto la stessa identica cosa, quindi perché biasimarti?
Sono in ballo, è pressoché ovvio che la faccia facile, altrimenti morirei di dubbi, domande e scervellamenti.


Non eri fesso... eri adorabile.

Le venne spontaneo parlare, esprimersi in quel modo.
E appena pronunciate quelle parole, le venne altrettanto spontaneo mordersi la lingua, imprecando contro se stessa: ma perché non poteva semplicemente essere felice del fatto che evidentemente Connor non la odiasse, ma che anzi comprendesse il suo punto di vista, giustificando così il suo comportamento?
Osservò silente i suoi movimenti, immobile col corpo, solo il petto si alzava ed abbassava lentamente, segno che non si trattava di una statua di cera, ma di una persona in carne ed ossa, viva e vegeta, per quanto col cuore spezzato.
Quando Dylan le allungò una tela presa dal cassetto della scrivania, Melia la prese tra le mani con un'aria a metà tra il curioso ed il perplesso, ma il respiro le si mozzò in gola quando posò gli occhi sul soggetto ritratto su di essa.
... lei.
Quello era un ritratto che rappresentava lei, in tutta la sua bellezza indotta.
A parte gli occhi, la cui pupilla era normale invece che tagliata in verticale, come lei effettivamente mostrava al mondo, il resto era esattamente uguale alla Melia che il mondo conosceva.

Come vedi... Ci sono cose che non sono state cancellate del tutto.
Altre invece, come hai ben sentito prima, che non sono state invece cancellate per nulla.
Credo però sia necessario che io riacquisti fiducia in te e tu... Tu cosa dovresti riacquistare, Mel?


Quello che vorrei riacquistare è irrecuperabile, ormai.

Mormorò Melia di rimando, un respiro profondo mentre appoggiava delicatamente la tela sul tavolo: avrebbe voluto tornare indietro e ridare al ragazzo la sua vita normale, permettergli di essere ancora il se stesso di una volta... ma era qualcosa che non poteva raggiungere, e non c'erano poteri, ipnosi o medicine magiche che potessero cambiare lo stato delle cose per com'era attualmente; per questo aveva pronunciato quelle parole, anche se forse lui avrebbe potuto intenderle in modo diverso, o per meglio dire, avrebbe potuto fraintenderle, pensando che forse ciò che la Herbert rivoleva indietro era il suo burattino.
E invece lei avrebbe volentieri rinunciato a lui, pur di ridargli una vita normale.

Comunque questo ritratto è tuo, lo puoi prendere.
Gli occhi sono privi di pupilla verticale, noterai, ma è fatto apposta.
Volevo ritrarti attraverso le stesse immagini presenti nella mia memoria vissuta.
Per me non possedevi nulla che non andava, nulla di strano, se non il puro oro nello sguardo.
Allora credevo che io e te fossimo fatti della stessa sostanza dei sogni... Ma mi sbagliavo.
Adesso invece, siamo fatti davvero di una stessa sostanza... Una sostanza di dolci Incubi, incubi che vorrei condividere con te.


Lo faremo per forza... siamo una squadra ora, no? - replicò Melia, accarezzando la superficie della tela con le dita - Io, te e Zephyr... adesso lavoriamo per le stesse persone, siamo un gruppo: dovremo imparare a spalleggiarci e a difenderci, sempre e in qualsiasi situazione...

Parlava, ma in realtà era come se non stesse sentendo nemmeno una parola di quello che le usciva dalle labbra, come se la voce uscisse in automatico ma il cuore fosse rivolto in tutt'altra direzione, e così anche la mente.

Sono contenta che ti sia rimasto l'amore per l'arte, che quello non ti sia stato strappato via... e il ritratto è stupendo, io... sono bellissima in questo dipinto - ma solo nel dipinto, perché in quel momento si sentiva marcia, e sporca - Ora sei... più forte, e più sicuro di te, hai dei poteri che ti rendono letale, e sei... sei ancora più bello di prima.
E so di non avere alcun diritto di stare male, perché mi stai parlando, perché non mi odi ma anzi, sembri capirmi, ed il fatto che mi ami è mille volte più di quanto potessi anche solo sperare...


Prese fiato per qualche istante, scostando la mano dalla tela per poterla al petto, quasi come se la sentisse scottare, come se non fosse sicura di come il suo corpo avrebbe potuto reagire in quel momento.

... ma io sto male, Dylan.
Tu non sei più la persona di cui mi sono innamorata, ed è tutta colpa mia e questo mi uccide... e fa ancora più male perché non ho mai provato niente del genere, perché non mi sono mai sentita così, e io...
- sentì le lacrime soffocarle il respiro, la voce, tutto - non riesco a gestire tutto quello che sento, che provo.
E non riesco nemmeno a guardarti negli occhi o a sorriderti, perché sei tu, sei la stessa persona di sei mesi fa e allo stesso tempo... non lo sei più; e io vorrei solo...
- scosse il capo, tentando di ricacciare indietro le lacrime che nuovamente le pizzicavano gli occhi - Riavere quella dolcezza che ti hanno strappato per colpa mia, quello sguardo e quel sorriso dolce ed innamorato che rivolgevi solo a me, quella capacità di abbracciarmi e farmi sentire che nonostante la mia anima sia corrotta c'è ancora qualcosa di buono che posso ricevere e che può farmi sentire bene... e tutto questo non potrà tornare mai, mai, perché ho rovinato tutto.
Ti ho rovinato la vita, e non riesco a fare altro che piangere come una stupida ragazzina emotiva, porca p*****a!


Concluse con un'esclamazione pronunciata a voce appena più alta, voltandogli poi le spalle per passarsi le mani tra i capelli ed evitare di farsi vedere piangere - ancora - da lui.
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Messaggioda Dylan » 16/07/2013, 0:16

Un ragno... quindi hai... le sue capacità?
Hai... insomma, a parte la super velocità... cos'altro sai fare?


Non è una super velocità, Mel.
I miei sensi avvertono quando qualcosa nell'aria sta cambiando e mi permettono di agire di conseguenza.
Non posso fare i 100 metri in sei secondi, per dirla in termini pratici.
Posso però camminare sulle superfici ed avvelenare gli incantesimi, oltre a possedere una rigenerazione corporea accelerata.


Così almeno l'artista poteva dire di aver concluso la breve e concisa spiegazione sulle proprie nuove capacità.
Non voleva dilungarsi troppo, non era necessario, anche perché i suoi poteri erano tarati per fare in modo che risultasse essere una guardia del corpo perfetta e potente, in grado di proteggere sia lei che Zephyr da chiunque volesse fare loro del male.
Che non fosse facile accettarlo era scontato e Dylan infatti non commentò la cosa, attendendo di vedere le reazioni della Serpeverde.
Gli occhi di lei, dorati e adesso spenti, nascondevano ragionamenti in contrasto tra loro così fitti da sembrare senza soluzioni.
O meglio, la soluzione c'era ed era davanti ai suoi occhi, quella finale, quella che le imponeva di accettarlo così, anche perché non c'era modo di tornare indietro e ripristinare tutto come un tempo, ma non era detto che Melia volesse accettarlo alla stessa maniera di come lo accettava in passato, ovvero come un fidanzato, un fidanzato che negli ultimi tempi non era più fittizio, ma realmente amato.

Non eri fesso... eri adorabile.

Quelle parole ebbero un duplice effetto nel cuore dell'artista: farlo star male e farlo star bene.
Bene, perché almeno aveva capito che non era stato preso del tutto in giro, che qualcosa di lui, del Connor di un tempo venne comunque accettata da lei, reputandolo nella sua imperfezione, perfetto ai suoi occhi.
Male, perché quella perfezione di allora adesso non c'era più, non del tutto, soltanto una percentuale, soltanto un frammento.
Dylan annuì lentamente a quella consapevolezza, cercando di scrutare nello sguardo dell'Aberrazione qualche altra traccia di verità.
Preferiva sapere tutto quanto, ogni cosa, prima di gettarsi a capo fitto nel tentativo di tornare a starle vicino come una volta.
Se non era lui che voleva, se non lo desiderava più, allora era meglio saperlo subito, capirlo subito, soffrirne in seguito, in silenzio, in segreto.

Quello che vorrei riacquistare è irrecuperabile, ormai.

Spiacente, l'Alchimia non insegna come costruire una Giratempo, altrimenti te l'avrei già fabbricata.

E seppure il suo tono poté sembrare molto secco, privo di emozione o trasporto, in quelle parole erano celati tutti i suoi sentimenti.
Dovete sapere che il nostro Dylan, ormai trasformato, non aveva abbandonato del tutto se stesso in quel freddo laboratorio cinese.
L'amore per ler, per Melia, gli aveva fatto fatto superare l'operazione con un'alta percentuale di ciò che lo rendeva la persona speciale che aveva fatto innamorare anche il serpente a sonagli.
Ma non poteva darle delle prove concrete così, su due piedi. Poteva mostrarle un ritratto, farle vedere che non aveva perso la bravura, il desiderio di stupirla, i ricordi e le fantasie che puntavano sempre e solo a lei, ma evidentemente non bastava, non per la Herbert.
Se avesse potuto crearle una Giratempo per alterare il passato e impedire che accadesse tutto ciò, con tutto che ora si sentiva benissimo nelle sue nuove vesti, distorto nella valutazione dal male albergato nello spirito, l'avrebbe fatto, senza esitazione.
Appunto però, le sue arti ad un certo punto si interrompevano e non era in grado di dar vita a dei prodigi e delle meraviglie del genere.

Lo faremo per forza... siamo una squadra ora, no?
Io, te e Zephyr... adesso lavoriamo per le stesse persone, siamo un gruppo: dovremo imparare a spalleggiarci e a difenderci, sempre e in qualsiasi situazione...


Se preferite spalleggiarvi da soli, potrete farlo.
Io mi limiterò ad eseguire il mio compito da lontano, quando servirà, intervenendo al momento giusto.
Non devi avermi tra i piedi per forza, se ti manca troppo ciò che adesso non sono più.


Ora sei... più forte, e più sicuro di te, hai dei poteri che ti rendono letale, e sei... sei ancora più bello di prima.
E so di non avere alcun diritto di stare male, perché mi stai parlando, perché non mi odi ma anzi, sembri capirmi, ed il fatto che mi ami è mille volte più di quanto potessi anche solo sperare...


Aggirando quella scrivania si avvicinò a lei, afferrandola per una spalla cercando di voltarla per farsi guardare negli occhi.
Anche l'altra mano si posò sulla spalla opposta e Dylan le andò talmente vicino da poter sentire distintamente il cuore riprendere ad avere un battito più regolare ed accelerato e il profumo inebriante dell'aria espirata da lei che era la più buona che potesse mai sentire.
La guardò negli occhi, quasi innervosito perché non riusciva a capire adesso perché con tutto ciò che lei aveva appena detto, voleva continuare comunque a sentirsi in quel modo, come dilaniata dal dolore e dal rimpianto di essersi ritrovata lui davanti, così cambiato.

Allora cosa c'è che non va bene?
Se quello che dici è vero, allora perché pare che tu non riesca a poterne gioire?
Dimmelo!


... ma io sto male, Dylan.
Tu non sei più la persona di cui mi sono innamorata, ed è tutta colpa mia e questo mi uccide... e fa ancora più male perché non ho mai provato niente del genere, perché non mi sono mai sentita così, e io... non riesco a gestire tutto quello che sento, che provo.


Io sono quella persona, Mel, lo sono!
Non hai mai provato niente del genere perché non hai mai tenuto tanto a qualcuno come in questo momento.
E' una cosa positiva, significa che puoi amare, che non sei così diversa dal resto del mondo, sei solo migliore!


E non riesco nemmeno a guardarti negli occhi o a sorriderti, perché sei tu, sei la stessa persona di sei mesi fa e allo stesso tempo... non lo sei più; e io vorrei solo...

Che cosa?
Che cosa vorresti?


Riavere quella dolcezza che ti hanno strappato per colpa mia, quello sguardo e quel sorriso dolce ed innamorato che rivolgevi solo a me, quella capacità di abbracciarmi e farmi sentire che nonostante la mia anima sia corrotta c'è ancora qualcosa di buono che posso ricevere e che può farmi sentire bene... e tutto questo non potrà tornare mai, mai, perché ho rovinato tutto.

Mel... Non dire così, ascoltami... Io-

Ti ho rovinato la vita, e non riesco a fare altro che piangere come una stupida ragazzina emotiva, porca p*****a!

Si allontanò da lui, non desiderando ora come ora le mani sulle spalle, girandosi di 180° passandosi una mano tra i capelli.
Le lacrime che copiose gli scorrevano sulle guance erano testimoni di quanto male adesso stesse percependo dentro di se.
Connor rimase per diversi attimi a guardarle la schiena, con aria persa, seria, riflessiva, incapace di avere una differente espressione.
Lui era tornato per lei, migliore per lei, perfetto, così avrebbe definito chiunque, perfetto.
Ma Melia Herbert si era innamorata della imperfezione e si sa, l'amore è cieco e lei adesso era totalmente acciecata da esso.
Dylan non sapeva se morire seduta stante o rimanere colpito da così tanto sentimento che ella stava dimostrando per un "pupazzo" avuto per due anni, durante i quali si era fatta regalare questo mondo e quell'altro, fingendo prima, parlando sul serio poi, convinta che quella marionetta l'avesse accompagnata per tutta la durata della scuola o magari direttamente per sempre.

...

D'un tratto, il corpo della ragazza venne avvolto all'altezza dell'addome dalle braccia dell'artista, che la strinse da dietro.
In poco tempo, tutto il corpo del professore aderì alla schiena di lei, e le labbra andarono a baciarla sulle guance e sul collo, senza malizia, solo tanto calore, affetto e dolcezza, mescolati alla naturale attrazione che adesso vigeva tra loro per via dell'uguaglianza genetica.
Le mani del giovane cercarono istintivamente quelle della Veela, per intrecciare le dita e tornare ad abbracciarla con un istainto di protezione non dettato dalla legge della Setta ma dalla legge del suo cuore.
Strusciò il naso sulla sua spalla e piano iniziò a dondolarsi, lentamente, quasi come se fossero cullati dalle acque del mare.
Non disse nulla, non fece altro, soltanto, qualche volta cambiava la spalla e la guancia da baciare, con quella stessa identica delicatezza che un tempo le dispensava e che ora pareva le mancasse più dell'ossigeno.

Non mi hai rovinato assolutamente niente.
Se soltanto così c'era la certezza di poter continuare a stare insieme per tutta la vita... Allora sono felice così.
E non lo dico solo perché adesso questo è il mio stato, ascoltami e fidati delle mie parole:
Se al tempo mi avessero detto che questo era l'unico modo per non abbandonarti mai... Io avrei accettato sereno, perché ti amavo.
Perché Ti amo.


Non poteva dividere le due personalità ma poteva essere sicuro di quello che l'altro sé stesso avrebbe pensato in passato, in fondo era sempre lui, doveva solo sforzarsi di allontanare per qualche secondo l'ombra del male dalla sua anima e poteva sentire distintamente quelle parti restanti del suo "io" di un tempo prendere voce e dirgli esattamente cosa doveva riferirle.
Il problema era che non doveva convincersi lui di questo, perché non era lui l'indeciso, non era lui l'imapurito, non era lui l'addolorato.
Dando un ultimo bacio alla pelle lattea di Melia, provò a distanziarsi, per vedere se ella grazie ad una semplice stretta con le mani sulle sue l'avesse indotto a restare lì dov'era e non allontanarsi, dopo di che, parlò ancora, con tono calmo, carezzevole, più virile di un tempo.

Esattamente come prima, potrei rimanere a coccolarti e sussurrarti parole d'amore per ore ed ore, senza stancarmi mai.
Se proprio ti può interessare, i medici mi hanno informato che il rapporto tra la parte "buona" di me e quella "malvagia" su un 100% è di quaranta a sessanta, quindi non è proprio rimasto poco, ma non voglio che tu debba sentirti indotta ad "accontentarti".
Vorrei tu accettassi con la stessa consapevolezza di star bene questo 100% come facesti con il precedente, ma non posso pretenderlo, anche se si, lo ammetto, non mi sarei mai aspettato una simile reazione.


La fece voltare, ritornando nella stessa posizione precedente, per guardarla negli occhi o per lo meno provarci.
Spostò un paio di ciocche ribelli che nascondevano il suo viso spento dal pianto e dalla tristezza, poi altre due carezze alle guance.

Il tuo turno di ronda in biblioteca presto si concluderà.
Prendi il tuo disegno e rifletti su cosa vuoi veramente, perché nessuno ti costringe a starmi vicino se non lo desideri, nemmeno il nostro dovere, che posso svolgere guardandoti a distanza, senza indurti il malessere dell'avermi di fronte.


Prendendole una mano, vi passò sopra diverse carezze, guardandone i tratti, le unghie, la lunghezza delle dita, la morbidezza della pelle.

Non so quanto questo possa interessarti...
Ma per quanto adesso non abbia alcun problema a rivelarmi malvagio nei confronti del prossimo...
Tu sei l'unica creatura al mondo in grado di tirar fuori la parte buona di me...
Quell'elemento di congiunzione che mi accomuna a colui che adesso tanto ti manca... Ma che da qui e da te... Non se n'è mai andato.


Ed infatti non gli fu affatto difficile replicare con sincerità quello stesso sorriso dolce e innamorato che rivolgeva soltanto a lei.
Adesso bisognava vedere se lei avesse capito che quello non era un falso, non era un sorriso finto eseguito solo per rincuorarla.
In quel sorriso c'era tutto quel suddetto 40% che per lei si intensificava talmente tanto da prevalere sul 60% e scambiare le percentuali.
La cosa davvero stupefacente e magica però... Era che tale potere pare fosse scaturito dall'ultima ipnosi indotta da Melia a Dylan prima di farlo prendere in custodia da Marcus, eseguita con gli occhi lucidi e tutto il sentimento più intenso che l'Aberrazione avesse mai provato per lui.

Spoiler:
Accordato con l'Amministrazione:

In presenza di Melia le percentuali di "bontà" e "cattiveria" si scambiano passando da 40%/60% a 60%/40% per un effetto sconosciuto causato dall'ultimo utilizzo del potere della ragazza nei confronti di Dylan prima che gli fosse eseguita l'operazione.
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Messaggioda Melia » 16/07/2013, 16:49

Non è una super velocità, Mel.
I miei sensi avvertono quando qualcosa nell'aria sta cambiando e mi permettono di agire di conseguenza.
Non posso fare i 100 metri in sei secondi, per dirla in termini pratici.
Posso però camminare sulle superfici ed avvelenare gli incantesimi, oltre a possedere una rigenerazione corporea accelerata.


La guardia del corpo perfetta...

Mormorò Melia con sarcasmo, non certo per voler prendere in giro Dylan, ma per una visione oggettiva della cosa: saper camminare sulle pareti, guarire più in fretta per poter resistere a più colpi, sensi sviluppati per potersi muovere prima di chiunque altro... l'avevano pensata davvero bene, gli scienziati della Setta, ed ognuno di loro adesso aveva un compito ben preciso.
Zephyr era lo stratega, il pianificatore, l'elemento di spionaggio.
Dylan era il protettore, la guardia del corpo, l'elemento di difesa.
E po c'era lei, Melia... l'ipnotizzatrice, il concreto, l'elemento di attacco.
La Setta aveva messo insieme una bella squadra, e soprattutto aveva scelto bene dove piazzarla: ad Hogwarts, due studenti ed un professore, così da rendere impensabile un loro qualsiasi coinvolgimento nel caos che aveva pervaso il Castello; sì, ma a che prezzo? Certo, lei e Zephyr erano sempre stati così, erano cresciuti così, ma Dylan no, lui era stato trasformato sei mesi prima e tutto per un egoistico capriccio della Herbert che, ora, avrebbe tanto voluto poter tornare indietro, ma senza la possibilità di farlo.
Era questo ciò che più la faceva soffrire, come gli spiegò poco dopo tra le lacrime, il pensiero di essere stata lei la causa per cui la sua vita, ora, era rovinata, e sempre lei ad aver causato la perdita di quelle caratteristiche, in primis la dolcezza, che l'avevano fatta innamorare di Connor: ma che diritto aveva, ora, di piangere, quand'era successo tutto per colpa sua? Nessuno, e nonostante lei lo sapesse, non riusciva proprio a smettere, a far cessare le lacrime che le scendevano senza sosta lungo le guance mentre gli dava le spalle e singhiozzava anche, pensando solo per un secondo che era la prima volta che piangeva così tanto... no, anzi, la seconda; la prima era stata il giorno in cui, in lacrime e con la morte nel cuore, l'aveva ipnotizzato per l'ultima volta, imponendogli di seguire Marcus fidandosi di lei e senza fare alcuna storia, pur sapendo a cosa lo stava mandando incontro.
Stava ancora piangendo, copiosamente tra l'altro, quando sentì il corpo di Dylan aderire alla propria schiena, e le braccia stringerle lo stomaco, pervadendola di quel calore tipico del loro essere, della magia oscura che albergava in loro e li attraeva come due magneti opposti, per quanto fosse difficile stabilire chi era il polo positivo e chi quello negativo; socchiuse gli occhi, non riuscendo a scostarsi - né volendo farlo - quando il docente di Alchimia prese a baciarle le guance ed il collo, forse e soprattutto perché in quelle carezze con le labbra non leggeva traccia di malizia o di sensualità, ma solo... dolcezza.
Riaprì gli occhi, stupita ed incredula a quel pensiero: dolcezza? Poteva essere veramente quella, o si stava semplicemente illudendo? Eppure non poté evitare alle proprie dita d'intrecciarsi con le sue, né al proprio corpo di seguire il ritmo del lento dondolio con cui lui si stava muovendo, quel movimento dolce accompagnato da gesti di dolcezza che la facevano stare bene e la confondevano al tempo stesso.

Non mi hai rovinato assolutamente niente.
Se soltanto così c'era la certezza di poter continuare a stare insieme per tutta la vita... Allora sono felice così.


E' quello che dici adesso perché sei così, non riesci più a ragionare come un tempo...

E non lo dico solo perché adesso questo è il mio stato, ascoltami e fidati delle mie parole:
Se al tempo mi avessero detto che questo era l'unico modo per non abbandonarti mai... Io avrei accettato sereno, perché ti amavo.
Perché Ti amo.


Quelle parole s'insinuarono nella sua mente e nel suo animo, come a voler curare la ferita che le faceva sanguinare il cuore, come a voler alleviare la sofferenza che stava provando: quando Dylan tentò di allontanarsi da lei, a Melia venne spontaneo trattenerlo con una stretta più forte sulle sue mani, una preghiera silenziosa quasi a rimanerle vicino perché, senza di lui, non poteva farcela.

Esattamente come prima, potrei rimanere a coccolarti e sussurrarti parole d'amore per ore ed ore, senza stancarmi mai.

Poteva davvero?
Evidentemente sì, a che pro mentirle, sapendo tra l'altro che lei l'avrebbe compreso subito se quella fosse stata una bugia? No, non aveva alcun senso... ma com'era possibile? Cosa le stava sfuggendo?

Se proprio ti può interessare, i medici mi hanno informato che il rapporto tra la parte "buona" di me e quella "malvagia" su un 100% è di quaranta a sessanta, quindi non è proprio rimasto poco, ma non voglio che tu debba sentirti indotta ad "accontentarti".
Vorrei tu accettassi con la stessa consapevolezza di star bene questo 100% come facesti con il precedente, ma non posso pretenderlo, anche se si, lo ammetto, non mi sarei mai aspettato una simile reazione.


Una quaranta per cento... poco meno della metà.
Non un cento per cento pieno, ma come avrebbe potuto lamentarsi? Era più di quanto potesse sperarsi, molto più di quanto lei stessa aveva ipotizzato: e lui sapeva essere davvero dolce, glielo stava dimostrando con quelle carezze sulle guance che le facevano venire ancora più voglia di piangere aggrappandosi al suo petto, per non scostarsi più.

Il tuo turno di ronda in biblioteca presto si concluderà.
Prendi il tuo disegno e rifletti su cosa vuoi veramente, perché nessuno ti costringe a starmi vicino se non lo desideri, nemmeno il nostro dovere, che posso svolgere guardandoti a distanza, senza indurti il malessere dell'avermi di fronte.


Il tempo era passato, lento ed inesorabile, anche se Melia aveva come la percezione che si fosse fermato: avrebbe potuto davvero stargli lontana, se avesse voluto, le sarebbe bastato dirglielo e Dylan li avrebbe comunque protetti, l'avrebbe comunque protetta, guardia del corpo silenziosa ma presente; era questo ciò che voleva?
Non potendo averlo com'era prima, preferiva non averlo affatto? Sentiva il calore propagarsi dalla sua mano, accarezzata dalle dita dell'altro, fino al centro del petto, aumentandone le pulsazioni, e non riusciva a darsi una risposta.

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Quel sorriso.
Fu come se qualcuno le avesse preso il cuore, per tutto quel tempo ferito e dilaniato, e l'avesse stretto, rimarginando così all'istante ogni ferita: quel sorriso dolce, pieno, innamorato... quello era suo.
Il sorriso del suo Dylan, del Dylan di un tempo, del Dylan che aveva amato: era sul suo viso, un volto più maturo, più consapevole, con uno sguardo più oscuro di un tempo... ma era lì.
La prova inconfutabile che non stava mentendo era, ora, di fronte a lei.

Dylan...

Sussurrò Melia, le sue parole che le rimbombavano nella mente: tirare fuori la parte migliore di lui... poteva davvero lei, una creatura corrotta, riuscire in un'impresa del genere? Assurdo a pensarsi, ma col suo sorriso davanti come poteva dubitarne?
Era cattivo, adesso, era malvagio e sadico... ma poteva essere, con lei, com'era sempre stato, o quasi.
Perché la amava.
E lei... lei lo amava.
Intensamente.
In un modo che non avrebbe mai pensato di poter concepire, anche solo nella mente.
E non le servì pensare ancora: si avvicinò a lui, gettandogli con uno scatto le braccia al collo, e cercò la sua bocca per unirla alla propria in un bacio di gioia e dolore insieme, quel dualismo assurdo che l'aveva fatta ricominciare a piangere, senza controllo; le labbra si muovevano frenetiche sulle sue, come se avesse urgenza d'incamerare quanto più ossigeno possibile, le mani gli artigliavano le spalle affondando le unghie nella carne, ed il calore incendiava i suoi sensi, facendo prendere loro fuoco.
Eppure non c'era alcuna traccia di sesso, di desiderio di quel tipo, in quel bacio, poiché era la trasposizione di un pensiero diverso, un pensiero che la Herbert sussurrò sulla sua bocca poco dopo, con lo sguardo fuso in quello dell'altro.

Ti amo...
Bentornato a casa.


E finalmente un lieve ma sincero sorriso comparve sulle labbra della Serpeverde mentre lasciava lentamente la presa sulle sue spalle e faceva un passo indietro: non se la sentiva di fare altro, per la prima volta in vita sua doveva digerire quell'insieme di notizie sconvolgenti, ma non lo stava rifiutando... al contrario, lo stava accettando così com'era perché, anche se non del tutto, era ancora il suo dolce e non più tanto ingenuo Connor.

Ah, sia chiaro fin da ora... voglio essere io la sua assistente, professore.
Non potrei sopportare l'idea di un'altra ragazza che le ronza intorno.


Ed ecco uscire, in tutto e per tutto, una nuova sfumatura del carattere della Herbert, e del sentimento che provava per Dylan... la gelosia, unita strettamente alla possessione.
Quelle parole le fecero pensare che anche quella era una novità di se stessa su cui avrebbe dovuto riflettere, ma preferiva mettere le cose in chiaro fin dall'inizio; prese il quadro e se lo strinse al petto, il sorriso che, per quanto piccolo, continuava a permanere sul suo volto.

Allora io vado... ci vediamo domani a colazione.

Un poco incerta, si risolse alla fine a dargli un piccolo bacio sulla guancia: timida, e non per volontà di finzione, per la prima volta e soprattutto con lui, che cosa assurda... ma sarebbe tornata se stessa, lo sapeva, le serviva ancora del tempo.

Buonanotte...

Mormorò infine, dandogli le spalle per, se Dylan non l'avesse fermata, allontanarsi da lui ed uscire dalla biblioteca, così da tornare nei sotterranei e successivamente in camera sua, con la mente piena di pensieri ma il cuore, finalmente, più leggero.
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