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Ingresso Giardino

Messaggioda Ethan Travis » 17/01/2012, 15:58

Probabilmente era ancora troppo presto per immaginare qualcosa di diverso da una semplice magia, ma fatto stava che Ethan sapeva sempre come far tornare il sorriso sul volto di Miyabi, qualsiasi problema ella avesse, anche di natura seria o importante.
Il bambino conosciuto da lei le stava a cuore e questo per il griondoro era sintomo di grande dolcezza e bontà, due lati della giapponesina che gli piacevano davvero da morire.
Il tempo comunque stava scorrendo forse un po' troppo velocemente come anche il dolce che si consumava a vista d'occhio sotto il palato deliziato di lei che adesso lo gustava sempre più con meraviglia non immaginando proprio che esistesse un dolce di quel genere, così buono seppur si, probabilmente un po' pesante da digerire, ma per i giovani è ancora tutto fattibile senza preoccuparsi, l'importante sarebbe stato dopo lavarsi i dentini!
Ogni volta che Miyabi sorrideva, per lui si apriva un mondo intero, una sorta di immenso e vasto universo di calore e stupore allo stesso tempo, era mai possibile tutto quello?
Si fece imboccare ancora una volta, rispondendo positivamente alla simpatia e alla serenità che Ethan riusciva sempre a farle risultare contagiosa e questo fece scaturire un ennesimo sorriso radioso sul viso di tutti e due, ma purtroppo quell'attimo di paradiso non poteva durare in eterno e il dovere stava chiamando, anche perchè prima di tutto bisognava crescere nella testa e poi anche nel cuore.

Abbiamo di nuovo lezione... andiamo in classe insieme, Ethan-kun?

Quelle parole lo sorpresero molto. Aveva quasi dimenticato di essere a scuola, di essere presto in procinto di lezione. Per lui c'era solo lei, il prato, i fiori, le foglie, le nuvole e nient'altro, forse solo quella panchina come altro dettaglio, la panchina che li stava sorreggendo mentre piccoli e innocenti si guardavano l'uno negli occhi dell'altra senza ancora smettere di sognare. I capelli della bimba che ondeggiavano al vento avevano un movimento che per Ethan le onde del mare non erano nulla al confronto.

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Tuttavia, anche se quello era un quadro bellissimo con una modella fuor di dubbio più bella fra tutte le modelle esistenti, adesso era il momento di muoversi e dunque, con un sospiro affranto appena ma comunque sincero, il ragazzino dando ad intendere che avrebbe passato volentieri forse tutto il pomeriggio lì con la giapponesina, ripose tutto il necessario per il picnik dentro il proprio zainetto, mettendosi in piedi, avanzando di qualche passo tendendole la mano come al solito, guardando ancora per un po' il cielo, prima di voltarsi e guardarla intensamente, con gli occhi più luminosi e brillanti che mai.

Da oggi in poi, ogni anno, in questo stesso giorno io preparerò il tiramisù e lo mangeremo su questa panchina, e tu mi devi promettere che mi direi la verità se sarò migliorato a prepararlo o meno, siamo d'accordo principessa-chan? Si, adesso andiamo, si è fatto tardi ed Hermione non sarebbe per nulla fiera di me se non riuscissi a seguire adeguatamente la lezione... ad avere una giratempo!

Ma gli occhi un po' stralunati e perplessi di Miyabi fecero intendere al ragazzo che non sapevo proprio di che stava parlando, così, non appena lei avesse deciso eventualmente di prendergli la mano per dirigersi insieme verso il castello, il ragazzo non avrebbe perso di sicuro occasione per insegnarle qualcosa di nuovo su Hermione ed ovviamente, per toglierle qualche curiosità e vederla ancora una volta sorridere del nuovo apprendimento di una novità magica, di quel mondo che era ancora così strano e diverso per lei, ma che grazie ad Eth sarebbe diventato presto forse ancora più magico e meraviglioso da vivere...

Adesso ti spiego io principessa-chan, in poche parole, la giratempo era un congegno magico bellissimo, usato da Hermione ovviamente, che............


{FINE}
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Messaggioda Dylan » 09/09/2012, 21:53

INGRESSO GIARDINO DI HOGWARTS - ORE 22:17


Era rientrato da appena poche ore, ma non aveva parlato ancora con nessuno.
Non aveva voglia di stare a contatto con la gente, forse semplicemente si sentiva ancora piuttosto fuori luogo in quel contesto.
Molti discorsi, molte parole, molti fatti che si erano susseguiti in quella scuola lo avevano condotto a pensare che non era facile vivere a contatto con una vita del genere, con un simile susseguirsi di emozioni tutte raggruppate.
Lui era un ragazzo pacifico, tranquillo, artista, il nostro Dylan, un ragazzo tanto calmo quanto pieno in realtà di represse sensazioni che lo conducevano in un mondo uguale a quello di tutti gli altri, ma con tonalità di colore diverse, a volte misteriose, a volte incredibilmente affini.
Quella notte, quella del suo rientro, era una notte placida, con un tempo memorabilmente adeguato ai sogni e alle fantasie.
Le stelle componevano un firmamento da infarto, la luna poi, con quel suo chiaroscuro di luci soffuse, illuminava ogni filo d'erba come se fosse un piccolo faro su ogni frangente della natura.
Le sue dita sfioravano con delicatezza ogni soffice brandello di quel prato, mentre gli occhi di quel blu notte tendente ormai al nero in quel contesto particolare, andavano sempre più focalizzandosi sui fiori che con lentezza quasi calcolata oscillavano lasciandosi trasportare da zefiro.
Il nostro artista, quella notte aveva scelto di rimanere vestito con la stessa mise con la quale era tornato: una giacca di jeans classico, con sotto una maglietta attillata a maniche lunghe con sopra il logo della casata della quale era prefetto.
Sotto infine, un jeans nero con una cinta di cuoio e piedi scalzi, con le scarpe da passeggio nere al suo fianco, posate accanto allo stesso albero sul quale lui è appoggiato di schiena.

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Sospira, ancora pensando a tutto quello che si prospetterà per lui tra qualche giorno.
Già, oramai l'inizio delle lezioni era vicino e lui si trovava anche al primo giorno.
Il 10, si, il giorno dopo, nemmeno 24 ore, assurdo, eppure si ricordava di quanto era entusiasta non appena giunto.
Forse stava sbagliando tutto l'approccio, forse stava sbagliando la maniera di osservare le cose, di vivere dentro di se quell'impresa.
Forse era meglio se rimaneva quel semplice Dylan con l'incredibile voglia di imparare, come era sempre stato e come lo avevano sempre apprezzato i familiari.
Sorrise, mostrando quella dentatura perfetta e bianca che si specchiava nella luce della luna, mentre un poco si stringeva in quel giacchetto di jeans, continuando ad osservare tutto, ogni particolare, con quell'occhio da pittore che non tralasciava nulla al caso.
Ovviamente al suo fianco, nello zaino monospalla portato con se, il blocco da disegno con il fido pennello, sia mai che se ne separasse.
Una notte importante, quella, o forse una notte come tutte le altre, ma a prescindere da tutto, una notte bellissima.


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Messaggioda Melia » 09/09/2012, 22:18

Il giardino di Hogwarts era particolarmente silenzioso, la sera: forse perché gli studenti erano rientrati da poco al Castello, ed ancora dovevano riabituarsi a vivere nuovamente lì; o forse perché, semplicemente, la sera preferivano rimanere tutti insieme nelle loro stanze, a parlare.
Lei era diversa: non le piaceva stare in compagnia di molto persone, non ne era abituata; aveva sempre vissuto da sola, chiusa tra le quattro mura della sua casa in Grecia.
Hogwarts era un ambiente nuovo ed ancora sconosciuto, per lei: non aveva parlato con nessuno dopo aver conosciuto Ferdy in biblioteca, durante la ronda, perciò il numero delle persone da lei conosciute era fermo a due, ovvero il Corvonero ed il professor Vastnor, suo Caposcuola.
Camminava, Melia Herbert, senza una meta ben precisa in testa: godeva della pace che si respirava intorno a lei, e null'altro: non cercava compagnia, né voleva fare amicizia... ma il Destino per lei aveva in serbo ben altro, quella sera. Voltato l'angolo appena dietro ad un albero, gli occhi dorati e quasi felini della ragazzina di Serpeverde individuarono la presenza di qualcuno, a poca distanza da lei: un ragazzo, forse del settimo anno, sicuramente più grande di lei, in contemplazione di quella notte silenziosa e perfetta per entrambi - forse una cosa su cui erano d'accordo senza nemmeno saperlo.
Probabilmente lui, troppo concentrato, non si sarebbe accorto subito di Melia, che quindi l'avrebbe osservato per alcuni istanti, nel silenzio più totale.

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Solo poco dopo, si decise a pronunciare una sola parola, quel tanto che bastava per annunciare la sua presenza allo sconosciuto.

Buonasera.

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Messaggioda Dylan » 09/09/2012, 22:38

Ogni cosa a suo tempo, ogni cosa a suo modo, era questo che si ripeteva già da qualche tempo quel ragazzo che, come un giovane membro di quell'insieme di natura e bellezza, se ne stava placido a fissare gli anfratti tra il verde, il nero e il giallo di una notte che non smetteva di affascinare, come di rigore poi verso ogni fenomeno meravigliosamente legato alla madre terra.
Respirava silenzioso, con lentezza calcolata il nostro Connor Junior, mentre i suoi occhi si spostavano ancora: un albero, un cespuglio, qualche piccolo insetto della notte che non smetteva di cantare, forse volendo attirare qualche compagno o compagna per stringere affettuosamente un altro legame di specie e piccole razze.
Sorrise leggero, Dylan, mentre prendeva a sistemarsi meglio con la schiena sul tronco di quell'albero così vecchio, così resistente.
Di sicuro la collega di erbologia avrebbe saputo di cosa si trattava, per lui purtroppo quello era semplicemente un albero, forse una quercia o un frassino, ma senza ombra di dubbio un resistente appoggio per il suo corpo, longilineo e composto.
Ad un tratto però, una voce soave, leggera, quasi fosse quella di una fata o di una creatura oltre il tempo e lo spazio, lo sorprese, facendolo subito voltare nella direzione del suono, non spaventato, solo, tanto, troppo curioso di capire da dove provenisse una simile voce, un simile suono così placidamente soave e pacato.

Buonasera.

... Buonasera a te...

Rispose Dylan, appena incantato, qualche secondo, da quella vista.
Oh, andiamo, non dite che non ve ne siete accorti anche voi di quanto fosse bella quella ragazza.
La nuova prefetta di Serpeverde, si, peccato che lui non lo sapesse, visto che era giunta durante il periodo di chiusura della scuola.
Il prefetto dei delfini invece si mise subito in piedi, avvicinandosi a lei, o meglio, cercando di farlo, con calma, lentezza, come a non volerla spaventare.
Assurdo, forse avrebbe dovuto pensare che lei poteva essere una studentessa che stava violando il coprifuoco ed in effetti è proprio quel pensiero che balena subito nella sua mente dopo circa qualche secondo utilizzato in prevalenza per distogliere con fermezza gli occhi dalle fattezza perfetta di quella creatura che si faceva fatica a definire semplicemente umana.

... I suoi occhi, sono... Indescrivibili...

No, non c'erano parole per describer una simile peculiarità di Melia, si, Melia, un nome che lui ancora non conosceva di certo, un nome particolare, ma che chissà quando sarebbe mai riuscito a saperlo, forse molto presto o forse mai.
Ora come ora per Dylan era difficile ragionare su certe cose, il nostro ragazzo era nato per essere ipnotizzato dalla naturale bellezza dell'essere.
Si avvicinò ulteriormente, sospirando, sorridendo adesso, cercando di donarle tranquillità con il suo fare, in fondo lo notava anche lui che c'era differenza sostanziale di età tra loro, ma non per questo bisognava allarmare o spaventare la ragazza che con così tanta educata gentilezza aveva scelto di spontanea volontà di farsi notare, salutandolo.

Sei forse una studentessa giunta da poco?
Temo tu debba rientrare, è più sicuro nel castello che fuori... Misure di sicurezza.
Mi chiamo Dylan Connor comunque, se non sai chi sono, appartengo alla Casata di Delfinazzurro in veste di prefetto.


Le tese la mano, non spostando lo sguardo dai suoi occhi, un giallo intenso, dorato, che si specchiava nel blu oltremare di quelli di lui.
In quello stesso istante forse il vento decise di muoversi in modo da creare l'atmosfera giusta, carezzando appena i capelli di entrambi per poi smettere e fare in modo che non un granello di polvere potesse infastidirli.
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Messaggioda Melia » 09/09/2012, 23:01

... Buonasera a te...

Sorrise al ragazzo che si era appena alzato da quella posizione, sicuramente comoda, per la quale la sua schiena era appoggiata al tronco dell'albero di fronte a lei.
Lo osservò, facendo muovere lentamente lo sguardo sulla sua figura e notando come il suo, invece, fosse fisso su suoi occhi: Melia non ci badò né le diede fastidio, poiché i due specchi della sua anima erano davvero particolari, colorati dell'oro più puro e dal taglio verticale molto, molto simile a quello di un felino in presenza della luce. O di un serpente. Ma quella era un'altra storia.

Sei forse una studentessa giunta da poco?
Temo tu debba rientrare, è più sicuro nel castello che fuori... Misure di sicurezza.
Mi chiamo Dylan Connor comunque, se non sai chi sono, appartengo alla Casata di Delfinazzurro in veste di prefetto.


Fissò per un momento la mano del ragazzo, quasi soppesandola, ma poi lentamente allungò il braccio e andò a stringerla con la propria, quelle dita della giovane dalla pelle liscia, morbida e molto, molto fredda.

Sono Melia Herbert.
E sono la nuova Prefetta di Serpeverde. E' un piacere conoscerti.


Rispose, le labbra che si aprivano in un sorriso e la voce vellutata che apriva la strada a quella bocca incurvata ora verso l'alto nel gesto più amichevole che la ragazza, isolata per anni dal resto del mondo, conosceva.

Non ho conosciuto molte persone, qui.
Solo il prefetto di Corvonero, ed il professor Vastnor.


Aggiunse, quasi a voler giustificare il fatto che non sapesse chi lui fosse: il vento le accarezzò i capelli che odoravano di muschio bianco, spingendo l'odore fino a Dylan quasi in un tentativo di ipnotizzarlo, di fargli perdere anche solo per un istante la cognizione di tempo e spazio a favore di quella sirena dagli occhi dorati.

Non vorrei disturbarti... se vuoi me ne vado.
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Messaggioda Dylan » 09/09/2012, 23:43

Al termine di una riflessione un po' sostenuta, la ragazza, così gentile e leggiadra nei movimenti e nelle parole, scelse la via dell'amicizia, porgendo la mano al nostro artista stringendola appena, mentre ancora lo guardava negli occhi con molto mistero e profondità.
La mano di lei, al tatto, parve subito molto fredda, come se la pelle, seppur morbida e curata, con quelle unghie ad adornare delle dita affusolate e già da donna, fosse di una temperatura molto più bassa del normale.
Ciò comunque era impossibile, così, Dylan fu spinto a pensare che forse lei stava avendo molto freddo in quell'istante.

Sono Melia Herbert.
E sono la nuova Prefetta di Serpeverde. E' un piacere conoscerti.


Piacere mio, Melia, ma, hai freddo per caso?
Non fare complimenti, prendi pure il mio giacchetto... Non sarebbe bello che una collega si ammalasse alla vigilia dell'inizio della sua carriera importante ad Hogwarts, non credi?


Fu soltanto questione di pochi secondi, prima che il nostro Connor si togliesse quindi l'indumento di sopra porgendolo con un sorriso sostenuto e gentile alla ragazza, si, quella ragazza che adesso finalmente poteva identificare con un nome, Melia, un nome altisonante, importante, impossibile da non conoscere nel significato per una persona così profonda ed artistica come lui.
La Grecia, si, la Grecia scorreva nel sangue di quella giovane che possedeva tratti distintivi di carnagione e labbra proprio del ceppo del Peloponneso.
Subito dopo, lei, Melia, con una voce morbida, quasi ipnotica, iniziò a parlare ancora una volta facendogli presente quali fossero le persone già incontrate lì.
Dal suo canto, Dylan Connor non poté che semplicemente rimanere in placido ascolto di quella voce, di quel suono che si faceva sentire nell'immensità della natura accompagnato da un venticello sottile che trasportava con se l'aroma del muschio bianco.

Non ho conosciuto molte persone, qui.
Solo il prefetto di Corvonero, ed il professor Vastnor.


Due persone squisite immagino.
Purtroppo non ho avuto il piacere come te di conoscerle, in compenso ho stretto la mano alla docente di babbanologia, di incantesimi, di divinazione e di erbologia... Ah, oltre che alla mia collega stretta, Alexis Parker, e adesso... Te...


Quell'ultima piccola parola, quel "Te", venne pronunciato quasi sospirato.
Ma cosa gli stava prendendo, era mai possibile che sentisse un effetto tanto forte a distanza di brevi secondi?
Era meglio cercare in qualche modo di svegliarsi, andiamo Dylan, sei un poco inesperto nei rapporti interpersonali ma non stupido.
Scosse un attimo il capo, sospirando e sorridendo ancora una volta, mentre quel profumo inebriava ancora le proprie narici, facendogli sentire quanto buon gusto avesse la ragazza nei confronti degli shampoo, o almeno, ipotizzava che fosse opera di un sapone da bagno quel profumo, anche se, a dirla tutta, non escludeva tanta era la perfezione di ciò che osservava, che quello fosse il suo profumo naturale, ciò che quindi trasmetteva la pelle in maniera autonoma.

Non vorrei disturbarti... se vuoi me ne vado.

Ancora una volta sorrise, umettando le labbra e spostandosi lievemente sulla destra per permetterle di passare oltre ed osservare ciò che fino a quel momento stava osservando lui, e cioè la collina lontana, in fondo al giardino, dove proprio perpendicolarmente si adagiava la grande luna.
Qualche fiore, qualche albero a contemplare quel capolavoro di "Gaia".
Un respiro trattenuto, mentre gli occhi brillavano intensi nel guardare tutto quel ben di Merlino.
In ogni caso, scosse nuovamente il capo, tornando a fissarla, facendo una piccola risata non divertita, quanto serena, gioiosa.

Non mi disturbi affatto, ero qui soltanto a prendermi qualche attimo di universo e Paradiso assieme...
... Sono tornato oggi, solo che quando studiavo qui ero sempre molto in disparte, molto introverso, quindi ogni volta che mi capita di tornare in un luogo così pieno di persone con le quali so che dovrò relazionarmi, allora prima mi prendo del tempo per, per raccogliere nel mio spirito un poco di quel silenzio e di quella armonia vuota che desidero portarmi sempre dietro, ogni giorno...


Chissà se anche quella volta aveva usato troppe parole, chissà se anche quella volta si era dilungato troppo e aveva sfruttato più concetti per descriverne uno solo che poteva tranquillamente essere espresso con molti meno giri e frasi inutili.
Gli sembrò quasi di sentire ancora una volta la collega e docente Vilvarin, nonché la Samyliak, entrambe della stessa identica idea: lui parlava decisamente troppo, ma quella era una loro idea e Dylan dentro di se sperava proprio che non fosse un'opinione generale o che magari in quel piccolo frangente di tempo dell'Estate caldissima di quell'anno, qualcosa in lui fosse cambiato e chissà, magari l'avesse anche migliorato e reso più gradevole.

Mi piace sai... Intendo, il tuo nome... Melia... Mi piace.
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Messaggioda Melia » 09/09/2012, 23:59

Piacere mio, Melia, ma, hai freddo per caso?
Non fare complimenti, prendi pure il mio giacchetto... Non sarebbe bello che una collega si ammalasse alla vigilia dell'inizio della sua carriera importante ad Hogwarts, non credi?


Non rispose nulla alla domanda di lui, lasciando che semplicemente Dylan le posasse sulle spalle la propria giacca di jeans con un sorriso riconoscente che volò fino a lui, quasi fosse una carezza trasportata dal vento: sarebbe stato troppo complicato spiegargli perché era fredda così, sempre e con qualsiasi temperatura, e poi c'erano così tante altre cose di cui potevano parlare...

Due persone squisite immagino.
Purtroppo non ho avuto il piacere come te di conoscerle, in compenso ho stretto la mano alla docente di babbanologia, di incantesimi, di divinazione e di erbologia... Ah, oltre che alla mia collega stretta, Alexis Parker, e adesso... Te...


Alexis Parker.
Il nome venne assimilato da Melia con un lieve cenno di assenso del capo, non badando troppo agli altri professori perché tanto li avrebbe conosciuti nel corso delle loro lezioni, e dunque di cosa preoccuparsi?
La collega Prefetta, invece, sarebbe potuto essere un ottimo punto di riferimento per lei.
Intanto, comunque, Melia si sentì in dovere di chiedere al Delfino se la sua presenza gli procurasse fastidio e lui, in tutta risposta, si scostò appena per mostrarle il bellissimo paesaggio che si era fermato ad ammirare.

Non mi disturbi affatto, ero qui soltanto a prendermi qualche attimo di universo e Paradiso assieme...
... Sono tornato oggi, solo che quando studiavo qui ero sempre molto in disparte, molto introverso, quindi ogni volta che mi capita di tornare in un luogo così pieno di persone con le quali so che dovrò relazionarmi, allora prima mi prendo del tempo per raccogliere nel mio spirito un poco di quel silenzio e di quella armonia vuota che desidero portarmi sempre dietro, ogni giorno...


Annuì lentamente alle sue parole, spostando lo sguardo dalla Luna che aveva preso ad ammirare mentre lui parlava per posarlo sulla sua figura, come a volerlo studiare, silenziosa e misteriosa, aggraziata ed ipnotica anche nel più totale silenzio. Ma anche quando la sua voce ruppe quell'assenza di suono, essa fu talmente melodiosa e soave da sembrare quasi un tutt'uno con la natura che li circondava.

Anche a me piace molto il silenzio.
Ho studiato sempre a casa non sono mai stata a contatto con tante persone tutte insieme... questo luogo per me è rassicurante.


Due spiriti dunque che, per motivi diversi, si ritrovavano ad essere molto affini e simili nella solitudine del loro mondo interiore, bisognosi ogni tanto - come quella sera - di una piccola porzione di silenzio per sentirsi completi.

Mi piace sai... Intendo, il tuo nome... Melia... Mi piace.

Sbatté le palpebre un paio di volte, lentamente, e sempre lentamente incurvò le labbra in un sorriso di ringraziamento, dolce come dolce era l'espressione del suo viso dai lineamenti pressoché perfetti.

Ti ringrazio.
Anche il tuo mi piace molto.


Pronunciò in sua direzione: sincera? In tutta onestà sembrava impossibile che una figura così perfetta potesse contemplare qualcosa di così sporco come la menzogna, perciò perché non dover credere alle sue gentili e dolci parole, pronunciate con una voce simile ad una nenia fiabesca?

Prima hai detto "quando studiavo qui" ... perciò hai già terminato i tuoi studi e ti sei diplomato?

Domandò ancora la Serpina, ignorando che lui fosse un suo docente: e forse era meglio così, poiché cercava sempre di mantenere un rapporto di freddo distacco coi suoi insegnanti e dunque, se l'avesse saputo, c'era la possibilità che non fosse più così calda ed amichevole verso il ragazzo che ora le stava davanti, ammaliato da lei come chiunque altro.
Succedeva, quando si aveva del sangue di Veela nelle vene.
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Messaggioda Dylan » 10/09/2012, 12:00

Condividere quello spettacolo fu il minimo che il ragazzo si sentì di fare con lei.
Una tale grazie nel non voler disturbare quel momento e allo stesso tempo sopratutto, il modo con il quale aveva salutato e si era posta avanti, intriso di una leggerezza gentile che pareva in qualche maniera non scostarsi per niente dai vari suoni della natura.
La voce di Melia non disturbava affatto, sembrava quasi fatta apposta per non recare fastidio e niente e nessuno, eppure aveva dentro di se tutta l'umanità necessaria a distribuire calore e attenzione.
Entrambi fissavano quel paesaggio, mentre la luna durante il suo percorso illuminava i loro visi e rendeva più chiaro qualche angolo della notte, mentre i due prefetti e colleghi adesso si scambiavano qualche piccola confessione riguardo le proprie abitudini e riguardo i propri modi con i quali trovavano positivo vivere la loro esistenza.
Un collegamento con il silenzio che li accomunava, anche se ognuno con una motivazione nettamente differente.

Anche a me piace molto il silenzio.
Ho studiato sempre a casa non sono mai stata a contatto con tante persone tutte insieme... questo luogo per me è rassicurante.


Quando nasciamo siamo avvolti in un involucro protetto, siamo da soli ed ogni rumore esterno è ovattato dalla placenta...
L'essere umano nasce nel silenzio, ci è abituato fin da quando non è altro che un piccolo accenno di quello che sarà un giorno.
Credo sia normale che a prescindere il silenzio sia la casa della tranquillità per ognuno di noi, anche per quelli che non credono sia così.


Si assicurò che quella giacca di jeans si appoggiasse a lei e non cadesse, così da essere in grado di proteggerla in modo adeguato.
Nessun tentativo strano in mente, di certo non intendeva importunarla, il nostro Connor era un ragazzo che sapeva perfettamente comportarsi senza avere dei secondi fini di alcun genere, per quanto si, lo ammetto anche io, quella ragazza, Melia, era davvero uno splendido esemplare di fiore femminile.
Dylan fu felice poi, quando si rese noto che per entrambi il nome dell'altro era bello.
Ora, ad essere sinceri, nessuno/a gli aveva mai detto che il suo nome lo trovava bello, madre, padre o parenti esclusi, quindi sicuramente per lui fu una piacevole sensazione sentire quel commento, che lo fece sorridere, sereno, sinceramente sorpreso,voltandosi infine per osservarla meglio ancora una volta quando si accorse che come uno sbadato non aveva fatto presente il suo ulteriore ruolo lì dentro oltre l'essere collega prefetto.

Prima hai detto "quando studiavo qui" ... perciò hai già terminato i tuoi studi e ti sei diplomato?

Si, scusami, a volte mi sento ancora così ragazzo, così studente in continuo apprendimento, che mi scordo anche che non lo sono più.
Non sono qui solo in veste di prefetto ma anche di professore di alchimia, però sono molto giovane, per questo a volte mi ritrovo a dimenticarmi del tutto della mia dimensione qui... Spesso quando mi sveglio la mattina devo riflettere attentamente se devo andare in classe seduto al banco o alla cattedra!


Sorrise abbastanza divertito a quella sua affermazione, ricordando quei primi giorni, quando relazionarsi con gli studenti era quasi più difficile che relazionarsi con Monique, la datrice di lavoro, per quanto si sentisse vicino generazionalmente a loro ma allo stesso tempo dovesse cercare di creare quel giusto distacco per far si di poter ricevere un poco di rispetto.
Lui non sarebbe mai stato un professore come tutti gli altri, oramai lo aveva capito, e non poteva sottrarsi a questa realtà.
Poteva apprendere come migliorarsi, quello era vero, ma c'era si molta differenza tra il migliorarsi e il cambiare, ed ogni volta che si guardava allo specchio o rimaneva in quella dimensione di silenzio puro e filosofico, si accorgeva come era chiaro al 100% che lui, no, non sarebbe cambiato mai.

La domanda reale però è... Si, non cambierò... Ma adesso cosa sono?

Inspirò profondamente, avanzando solo di un passo, poggiando la destra sul tronco dell'albero sul quale stava appoggiato prima.
I piedi nudi che carezzavano l'erba fresca della notte, gli occhi che riflettevano il buio di mille domande, le solite che si poneva ogni giorno.
Riprese a guardarla, con instistenza, non solo negli occhi, ma anche le guance, le labbra, il taglio delle sopracciglia ed infine le mani, così fredde ma così eleganti e curate, da sembrar quasi che la ragazza dovesse perderci tempo almeno mezza giornata, eppure non ne aveva tempo, con tutte le mansioni da prefetta e studentessa che si trovava sempre ad affrontare.
Stupefacenti, come un po' tutto di lei, ad essere sinceri, ma al momento certi pensieri, li nascondeva in se, limitandosi solo ad ammirarla in quello stesso calcolato silenzio dove sapeva che lei probabilmente, per affinità, lo avrebbe accolto.

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Messaggioda Melia » 10/09/2012, 17:07

Quando nasciamo siamo avvolti in un involucro protetto, siamo da soli ed ogni rumore esterno è ovattato dalla placenta...
L'essere umano nasce nel silenzio, ci è abituato fin da quando non è altro che un piccolo accenno di quello che sarà un giorno.
Credo sia normale che a prescindere il silenzio sia la casa della tranquillità per ognuno di noi, anche per quelli che non credono sia così.


Io invece penso che la maggior parte delle persone non voglia mai stare da sola, perché nel silenzio si è obbligati a pensare.
E alla gente non piace troppo concentrarsi su se stessa, perché facendolo è costretta a scontrarsi con la realtà delle cose. Meglio il caos allora, che sommerge i pensieri... ma nonostante tutto, a volte si deve rimanere soli, a volte si deve pensare. E' inevitabile.


Due pensieri diametralmente opposti, chissà se ci sarebbe mai stato un punto d'incontro: di sicuro Melia non voleva imporre il proprio modo di vedere le cose, lo si intuiva dalla dolcezza con cui la voce di lei aveva pronunciato quelle parole, dalla morbidezza del tono che non avrebbe mai potuto essere tradotto come un voler prevalere sull'altro... anzi, sembrava quasi timida ed indifesa mentre così parlava, guardando Dylan dritto negli occhi ed incurvando alla fine le labbra verso l'alto in un piccolo sorriso che sembrava quasi essere un modo per scusarsi dell'aver parlato esprimendo un pensiero diverso dal suo.
Tuttavia un particolare aveva attirato l'attenzione della Serpeverde, un particolare riguardante ciò che prima il Delfino aveva detto, e per questo chiese delucidazioni al diretto interessato attendendo con leggera curiosità - o almeno era questo che sembrava trapelare dal suo sguardo - una sua risposta.

Si, scusami, a volte mi sento ancora così ragazzo, così studente in continuo apprendimento, che mi scordo anche che non lo sono più.
Non sono qui solo in veste di prefetto ma anche di professore di alchimia, però sono molto giovane, per questo a volte mi ritrovo a dimenticarmi del tutto della mia dimensione qui... Spesso quando mi sveglio la mattina devo riflettere attentamente se devo andare in classe seduto al banco o alla cattedra!


A quelle parole, lo sguardo della ragazza si sgranò leggermente, mentre faceva istintivamente un passo indietro ed abbassava lo sguardo con aria mortificata.

Vi chiedo perdono, professore, per la mia mancanza di rispetto.
Se avessi saputo del Vostro ruolo all'interno della scuola, mai mi sarei permessa così tanta confidenza con Voi.


Mormorò Melia, e tutto in lei, dall'espressione degli occhi alla voce melodiosa ed ora immensamente triste alla postura, faceva intendere quanto davvero si sentisse in difetto nei confronti di lui: un atteggiamento dunque così contrito e mortificato da riuscire a smuovere anche il più gelido dei cuori dalla tenerezza, figuriamoci quello di un ragazzo sensibile quando Dylan, che sicuramente avrebbe detto qualcosa per tranquillizzarla.
E qualora ci fosse riuscito, avrebbero così potuto riprendere la loro chiacchierata da dove era stata interrotta.

Che anno frequenti?
... Ti piace l'arte?
Intendo, qualsiasi tipologia, non una specifica.


Quest'anno devo frequentare il quarto.
E mi piace molto cantare, se per Voi si può definire arte. Ed anche ballare la danza del ventre.


Due tipi di attività a cui Melia era stata avvicinata fin da piccola, dai genitori e dagli uomini misteriosi che spesso erano venuti a trovarla a casa.

E Voi?
Dipingete?
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Messaggioda Dylan » 10/09/2012, 21:01

Io invece penso che la maggior parte delle persone non voglia mai stare da sola, perché nel silenzio si è obbligati a pensare.
E alla gente non piace troppo concentrarsi su se stessa, perché facendolo è costretta a scontrarsi con la realtà delle cose. Meglio il caos allora, che sommerge i pensieri... ma nonostante tutto, a volte si deve rimanere soli, a volte si deve pensare. E' inevitabile.


Credo che, sostanzialmente, questo sia il binomio di indecisione più assoluto dell'essere umano...
... Una parte si vuole rifugiare dove non c'è altro che lei, l'altra ha paura di rimanerci perché spesso e volentieri, siamo noi i più grandi nemici di noi stessi... E dunque scappa...


No, nessun ragionamento opposto, anzi, Dylan condivideva pienamente quella visione, accostandola poi alla propria, rendendo proprio quel punto di incontro forse giusto, forse sbagliato, dove il silenzio poteva essere sia un nemico che un amico, dipendeva molto da ciò che uno si trovava alla mente giorno per giorno, istante dopo istante.
Melia era una ragazza così giovane, eppure nel suo essere una persona con ancora così tanta esperienza davanti da fare, sapeva bene e conosceva ampiamente un aspetto dell'essere umano così fondamentalmente difficile da comprendere subito.
Forse rispecchiava quelle stesse sensazioni in lei, forse le aveva riscontrate in qualche persona vicina, fatto stava che di certo lui non avrebbe chiesto nulla, per il semplice desiderio di non invadere la sua privacy; in fondo, si conoscevano da appena pochi minuti.

Vi chiedo perdono, professore, per la mia mancanza di rispetto.
Se avessi saputo del Vostro ruolo all'interno della scuola, mai mi sarei permessa così tanta confidenza con Voi.


Queste furono le parole di Melia non appena compreso che Dylan era un suo professore, un superiore quindi, per quanto in realtà avessero la stessa spilla come prefetti.
Il ragazzo, il nostro Connor, si prese qualche secondo per osservare quella reazione di lei, lasciando che il suo cuore si sciogliesse davanti a cotanta delicata timidezza, nel relazionarsi con una persona che rappresentava una figura di rilievo all'interno del mondo scolastico.
Sperando che lei non andasse ulteriormente indietro, Dylan si avvicinò, coprendo nuovamente quella distanza tra loro, sorridendole in modo affabile, semplice, adolescenziale quasi, si perché comunque 21 anni cosa potevano essere?
Uomo? No, non poteva ancora definirsi tale, così tante cose da apprendere ancora, così tanti anni ancora per non essere chiamato "signore".

Confidenza?
Tu puoi permetterti tutta la confidenza che preferisci...
... Si, lo so che non dovrei darti una simile libertà, sono stato avvertito in merito, ma se vorrai, questo potrebbe essere il nostro piccolo segreto, cosa ne dici?
Non voglio essere una figura irraggiungibile o superiore per te... Voglio che ti senta tranquilla nello starmi accanto...


Non era semplice esprimere un tale concetto.
Con tutti gli studenti aveva cercato di specificare che, nonostante fosse un ragazzo molto giovane, essi dovevano rispettarlo e come tale considerarlo una figura di spicco, una figura alla quale rendere conto.
Con lei però, esattamente come avvenuto con l'altra collega prefetta Parker, era molto diverso.
Non riusciva a considerarsi non alla pari con loro, perché semplicemente le vedeva già così intelligenti, diverse da normali studentesse, intente a possedere un ruolo di responsabilità grande dentro la scuola, con le quali quindi potersi sentire in libertà di avere un'amicizia.
A lui mancava sentire qualcuno vicino, come un amico, perché non poter trovare un accordo? In fondo i segreti esistevano proprio per celare al mondo qualcosa di invece prezioso ed importante per qualcuno in particolare.

Quest'anno devo frequentare il quarto.
E mi piace molto cantare, se per Voi si può definire arte. Ed anche ballare la danza del ventre.
E Voi?


Il quarto anno...

Così bella, affascinante... E così giovane?
Impossibile...


Non era facile adesso entrare in quell'ottica, adesso che finalmente sapeva in linea generica quanti anni avesse.
Alexis adesso aveva circa sedici anni, un'età comunque prossima a quella per la quale le ragazze venivano chiamate tranquillamente signorine, ma Melia, doveva possedere forse quattordici, se non tredici anni, eppure, come mai il suo aspetto era così ingannevole e seducente come quello appartenente ad una femmina di anche tre anni di più, quindi prossima alla maggiore età?
Dylan sgranò appena gli occhi nel sentire un dettaglio simile, il nostro ragazzo pareva quasi ogni secondo di più stupito da quello che la collega delle serpi rappresentava, ma nonostante tutto, era piacevole conversare con lei, anzi, sperava davvero che non si fermasse all'apparenza e che proseguisse a voler stare con lui, lì, per ancora un po', non lasciandosi prendere dal disagio dell'essere di fronte ad un docente.

Per me l'arte è anche parlare, pensare, figurarsi per il canto o per la danza.
Io?
Dipingo, sono ormai anni che mi dedico a questa passione, una fedele alleata che non mi abbandona mai.
La danza del ventre, credo di non averla mai vista in vita mia... E' un'arte prevalentemente babbana, non è così?


Chiese quindi curioso, mentre silenziosamente prendeva il suo zaino monospalla, estraendo il blocco da disegno, porgendolo a Melia, in maniera da mostrarle un piccolo accenno di quello che per lui era stato il più grande e gentile, affidabile amico di tutti e sette gli anni di Hogwarts.

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