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Messaggioda Alya » 23/04/2012, 11:42

[CORRIDOIO ACCANTO ALLA SALA COMUNE TASSOROSSO - Ore 12-30]

Attendeva accanto alla finestra, impassibile.
Le lezioni mattutine erano terminate da poco. Sapeva che, di lì a poco, sarebbe cominciato il pranzo.
Sembrava non importarsene nulla della gente che camminava proprio alle sue spalle. Alya faceva finta di dare un'occhiata all'esterno, ma in realtà il suo sguardo si voltava ogni qualvolta la porta della sala comune Tassorosso si apriva.
Sperava che, da un momento all'altro, da quella porta uscisse proprio chi cercava. Un Tassorosso.

Immagine

Capiva che l'avevano inquadrata. Capiva anche che non era la benvenuta, da quelle parti.
Temeva che da un momento all'altro qualcuno avrebbe potuto dirle di allontanarsi da quel corridoio.
Imperterrita, con nonchalance fissava l'esterno. Ogni tanto si lasciava catturare da un uccello che volava proprio davanti a lei e ricordava quanto le piacesse volare sul suo manico di scopa.

La porta si aprì, per la quinta volta.
Alya si voltò in sua direzione con aria speranzosa.
E quando il volto del ragazzo le fu ben chiaro, Alya non esitò: mosse un passo per farglisi più vicina.

Ciao.. Adam..

Mormorò solo, le mani dietro la schiena, lievemente imbarazzata.
Ricordava come durante il loro primo incontro lei non fosse stata l'esempio perfetto della gentilezza. Anche lui non si era dato granchè da fare, ma Alya sentiva di aver esagerato.
Non aggiunse altro.
Osservò con aria ansiosa l'oggetto che aveva tra le mani. Adam sembrava perplesso. Non rispondeva.
Alya non attese oltre.

Ho un pensiero per te.. volevo farmi perdonare per il mio comportamento molto maleducato..

Abbozzò un sorriso, e dopo abbassò di nuovo il volto, palesemente imbarazzata.
Non seppe più che dire. Avrebbe voluto parlare di tante cose, ma non ne aveva il coraggio. E non era il senso di colpa a frenarla; era il semplice motivo che non si era mai rapportata con nessuno, in nessun senso.
E, per di più, non aveva mai sentito il bisogno di confezionare da sè, con le proprio forze, un pensiero per qualcun'altro, perchè nessuno aveva mai fatto questo per lei.
Le mani legate dietro la schiena, piano si separarono. Il regalo, ora nella mano destra, si trovava esattamente a mezz'aria, a separare i loro corpi da adolescenti.

L'ho fatta per te..
Sono sicura che un giorno la riceverai per aver vinto qualche gara importante.. ma.. per me..


Ebbe un attimo di esitazione.
Ancora imbarazzata, non seppe se continuare la frase, ma lasciarla a metà le sembrava inutile.

.. per me hai già vinto..

E non aggiunse altro.
Ora stette a guardarlo, gli occhi verdi sul volto del Tassorosso.
Tra le mani.. una corona d'alloro.

Immagine

Spoiler:
Adam
Alya
 
 

Messaggioda Jorge » 18/09/2012, 18:17

[Giovedì – ore 20.30 - Di fronte all'ingresso delle Serpi]


Mi hanno fregato… sono certo che mi hanno fregato…

Si andava ripetendo Jorge, camminando con passo svelto e cospiratore per il corridoio dei sotterranei, direzione la Sala Comune dei Serpeverde. La sera precedente aveva comprato per pochi falci, decisamente pochi per quello che aveva capito di come funzionava la moneta babbana, una CaccaBomba da alcuni studenti del terzo anno.

Non conosci le Caccabombe? – gli avevano chiesto prendendolo in giro – Allora non sai cosa ti sei perso… Non puoi dire di aver fatto un vero scherzo se non hai mai provato una di queste…

Avevano rincarato, portando la sua curiosità alle stelle, per non parlare dell’umiliazione per non aver ancora provato un tale prodotto, lui che si considerava uno dei piccoli vandali della scuola. Così alla fine aveva ceduto, aveva pagato e aveva nascosto il malloppo in fondo al baule nella sua stanza e lo aveva tirato fuori solo quella sera, dopo che aveva deciso come e soprattutto dove usarlo. In origine, infatti, aveva pensato di fare un lancio di prova innocuo, in giardino, dove al massimo avrebbe corso il rischio di sporcare qualche panchina, ma l’incontro a pranzo con il solito manipolo di ragazzini verde – argento che lo avevano preso in giro per la sua uniforme non proprio nuova gli aveva fatto cambiare idea.

Gli farò vedere io a quegli snob senza cervello…

Borbottava tra sé in portoghese, svoltando l’ennesimo angolo che, si sperava, lo avrebbe condotto di fronte alla tanto agognata Sala Comune, finendo invece in una sorta di vicolo cieco.

Bè deve essere qui da qualche parte…

Commentò, voltandosi su se stesso un paio di volte come a voler valutare quali tra arazzi e pietre grezze celassero l’ingresso alla tana del serpente. Alla fine decise di mirare a caso, così presa la Caccabomba dalle pieghe del mantello, portò la mano all’indietro e, confidando nel fatto che i dormitori fossero vuoti vista l'ora di cena inoltrata, lanciò con tutta la forza che aveva nel suo corpo da dodicenne. BOOM il gioco proibito si infranse a metà tra un arazzo e un pezzo di muro spoglio.

WOW

Esclamò sopraffatto dall’emozione, osservando il suo operato, un quadro astratto maleodorante i cui schizzi arrivavano in parte fino al soffitto.

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Messaggioda Melia » 18/09/2012, 19:25

La cena era durata poco, per lei, che non amava troppo tutta quella confusione, quell'insieme di studenti e professori che parlava e rideva tutta insieme, confondendola. E poi, a dirla tutta, non era nemmeno una di quelle persone che amava riempirsi di cibo, quindi dopo aver messo qualcosa nello stomaco e aver salutato Zephyr con un cenno del capo, Melia aveva deciso di prendere passo verso la propria sala comune per dedicarsi ad una buona lettura o a qualche riflessione sulle ultime scoperte avvenute in quel periodo, sui suoi poteri tanto per dirne una.
Scese le scale che portavano verso i sotterranei per dirigersi così verso il dormitorio di Serpeverde, ma fu chiaro piuttosto in fretta che qualcosa non andava: un odore sgradevole si era diffuso per il corridoio che portava fino all'ingresso della sala comune, puzza che presto ebbe un senso nella visione di un muro ed un arazzo per metà coperti da una qualche sostanza marrone scuro e piuttosto maleodorante; l'autore, di spalle rispetto a Melia, sembrava un ragazzino molto piccolo, forse del secondo o terzo anno, immobile davanti a quella scena e di sicuro non una Serpe, altrimenti l'avrebbe conosciuta.

Complimenti, bel lavoro.

Mormorò Melia, palesandosi al bambino che probabilmente si sarebbe voltato verso di lei: un sorriso dolce si formò a quel punto sul viso di lei, gli occhi dorati dal taglio quasi verticale che accarezzarono tutto il suo corpo per poi fermarsi sul suo viso.

Immagine


La voce della Serpe era delicata, simile ad uno scampanellio argentato, così soave e perfetta così come il suo corpo ed il suo volto che anche se chi si trovava davanti era solo un 12/13enne, anche lui - come tutti - sarebbe rimasto ammaliato da lei ( => vedere Status per maggiori info), incapace di fare altro se non lasciarsi irretire i sensi dalla Prefetta che ora fece un passo verso di lui, studiandone ancora il volto e poi "l'opera" alle sue spalle.

Sei stato tu?
Perché non mi dici il tuo nome, e di quale Casata sei?


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Messaggioda Jorge » 18/09/2012, 20:51

La cena Jorge, invece, l’aveva bellamente saltata, preferendo prepararsi un mega panino unto e bisunto, di quelli che figlia dei fiori sarebbe vomitata solo a sentirne parlare, da poter mangiare con tutta calma nella Sala Comune, magari leggendo il libro sui draghi che gli avevano dato durante la conferenza di giugno e che per adesso si trovava al sicuro dentro la sua borsa. Impegnato com’era ad ammirare il suo capolavoro non aveva sentito Meliascendere le scale e così quando la voce della nuova e per lui perfetta sconosciuta Prefetta gli giunse alle orecchie dalle sue spalle per poco non saltò in aria per lo spavento.


Complimenti, bel lavoro.

Sorrise a quel complimento, certo che lei non avrebbe potuto vederlo visto che continuava a darle le spalle, sorriso che sparì completamente nel momento in cui si voltò, sostituito da un visino angelico che ben si sposava con i lineamenti delicati del suo visino da dodicenne.

Già proprio un bel lavoro.

Ripetè con un tono di voce vago, come dire che apprezzava il risultato ma non il gesto in sé, scrollando le spalle e puntando gli occhi sul viso della ragazza pronto a rivolgerle il suo “sguardo da cucciolo innocente” che mai lo aveva tradito. Purtroppo per lui non riuscì mai a scoccare quello sguardo perchè quello che vide lo paralizzò sul posto, come se l’altra gli avesse lanciato un Pietrificus. Non era il suo sorriso dolce che probabilmente avrebbe sciolto anche i cuori più duri di uomini adulti, o il suo corpo pressocchè perfetto che avrebbe fatto ribollire il sangue dei ragazzini più grandi, ma la sua voce melodiosa e quegli occhi, così particolari e così magnetici, che lo irretirono, facendogli perdere per una manciata buoni di secondi ogni facoltà di parola.

Ti sei persa? – chiese quindi, inclinando la testa di lato, la voce persa come se parlasse da un altro mondo – Il guardiano ti ha lasciato qui quando se n’è andato?

E se quella domanda probabilmente lasciò la ragazza basita, per Jorge aveva completamente senso: per lui quella bellissima creatura non poteva che essere una fata, e nello specifico una di quelle che abitava il Labirinto in cui si era trovato invischiato a giugno.


Sei stato tu?

No. Stavo cercando la Sala Comune dei Tassi quando ho imboccato questo vicolo ceco e ho trovato questo…

Le parole uscirono automatiche dalle labbra del Delfino, come se l’altra avesse premuto con quella domanda semplice un interruttore nella sua mente. Si era ripetuto quella scusa così tante volte nell’arco delle ultime ore, per avere una sorta di alibi nel caso fosse incappato in un Prefetto che non aveva dovuto neanche pensare. Come quando da piccolo giocava con il cugino e dopo aver ripetuto uno all’infinito alla domanda due per due rispondeva in automatico uno. Quindi il tono usato non aveva particolare enfasi, ma suonava piatto.

Perché non mi dici il tuo nome, e di quale Casata sei?

Delfinoazzurro – disse, spostando la spalla sinistra in avanti per far vedere lo stemma della sua Casata perfettamente in vista sulla sua divisa. A differenza della ragazza infatti lui non si era cambiato per cena – E il nome.. bè mica lo vado a dire a tutti… occhi di gatto.

E per quanto le parole potevano sembrare scontrose, la voce risuonò triste, come se gli dispiacesse non poter rispondere ma non vedeva un buon motivo per farlo. Il sorrisetto soddisfatto che gli si dipinse in viso, invece, era dovuto al fatto che aveva trovato un soprannome anche per quella ragazzina, confondendo il taglio verticale degli occhi per quelli di un gatto, animale a lui molto conosciuto, e non di un serpente, specie invece questa che aveva visto dal vivo solo durante le lezioni di Divinazione.
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Messaggioda Melia » 18/09/2012, 21:22

Già proprio un bel lavoro.

Melia sorrise per quel commento pronunciato con aria di noncuranza, come di chi si vuole discolpare per qualcosa che potrebbe aver fatto come no: certo, si sarebbe anche potuto pensare che l'altro non avesse colpa, ma erano passati solo quindici minuti dall'arrivo della Prefetta in Sala Grande - lasciando quindi la sala comune - al suo ritorno verso al dormitorio quindi le sembrava poco credibile che lui fosse solo un semplice spettatore.
Quando il bambino si volse, comunque, l'aspetto e la voce di Melia fecero il loro dovere, lasciandolo basito e senza parole per qualche momento: d'altronde, era stata programmata per quello, no? Per togliere il fiato a chiunque la guardasse, per farsi considerare un angelo sceso in terra, una Dea in mezzo a tanti comuni mortali.

Ti sei persa?
Il guardiano ti ha lasciato qui quando se n’è andato?


E la risposta di Melia a quella domanda fu una risata, una risata cristallina, una risata piena di brio e di dolcezza, una risata argentina che avrebbe spinto chiunque - e probabilmente anche il bambino - a dire qualcosa, qualsiasi cosa, per sentirla ridere ancora.

Sei simpatico, piccolino.
Anche se non capisco perché tu abbia chiesto una cosa del genere.


Disse la Prefetta, passando poi a ciò che le premeva, ovvero sapere se fosse stato lui ad aver lanciato quella Caccabomba contro il muro: la risposta che ricevette fu ovviamente una negazione, ma pronunciata in tono piatto, quasi automatico.
E non era molto convincente, peraltro.

No. Stavo cercando la Sala Comune dei Tassi quando ho imboccato questo vicolo ceco e ho trovato questo…

Lo fissò per un lungo istante, quegli occhi dorati che lo guardavano intensamente quasi a volergli trafiggere l'anima: si avvicinò di un passo al bambino e si abbassò leggermente con la schiena, per arrivare alla sua stessa altezza, le labbra che si piegarono verso l'alto in un sorriso intimo, complice ed assolutamente disarmante.

Puoi dirmelo, se sei stato tu.
Lo capirei, sai? Il brivido di poter fare scherzi piace a tutti...


Soffiò a voce bassa, complice come il sorriso che gli stava rivolgendo, e quegli occhi color del miele che sembravano avvolgerlo, come un serpente che stringe la propria preda tra le sue spire con la differenza che il bambino non si sarebbe mai potuto accorgere della cosa, non avrebbe mai potuto fare quel paragone, troppo intorpidito nei sensi dalla Sirena ammaliatrice per ragionare lucidamente: ma in fondo, il suo obiettivo ultimo era e sarebbe sempre stato quello.

Delfinoazzurro.
E il nome.. bè mica lo vado a dire a tutti… occhi di gatto.


Perché?
Ti faccio forse paura?


Questa volta il viso di Melia cambiò, facendosi triste, sconsolato, distrutto quasi: le labbra si piegarono verso il basso questa volta, gli occhi si spensero della luce che li faceva brillare, in una scena così malinconica da straziare il cuore, anche e forse soprattutto quello del bambino di Delfinazzurro che un'anima sensibile, per quanto forse tentasse di nasconderla, ce l'aveva eccome.

O forse non ti vuoi fidare di me...
Io però mi fido, perciò voglio dirtelo. Mi chiamo Melia...


Aggiunse la Prefetta, l'espressione del viso ancora straziata dal dolore, un piccolo trucco per ottenere ciò che voleva che però funzionava alla perfezione, mille volte più di un essere umano normale perché era nata e viveva proprio per quello, con quello scopo.
L'ultima parola, il suo nome, venne pronunciato in tono così caldo ed avvolgente che sembrò quasi voler essere una freccia dritta al cuore del Delfino, per smuoverlo.
L'ipnosi era comoda, certo... ma la Herbert, per sfortuna del suo prossimo, era già parecchio ipnotica di suo.

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Messaggioda Jorge » 19/09/2012, 9:08

Jorge di suo era un bambino abbastanza strano, diffidente verso quel mondo a lui fino a pochi anni prima sconosciuto, estroverso solo all'apparenza perché si portava sempre dietro gli insegnamenti della strada secondo cui se ti mostri timido o titubante sei pezza da piedi per tutti. Cercava quindi sempre di mostrarsi sicuro e strafottente, come se avesse più anni di quelli anagrafici, ma era pur sempre un bambino e di fronte a quella strana creatura, capace di sottomettere chiunque alla propria volontà, nulla poteva. Così si lasciò cullare da quella risata melodiosa che evocava le domeniche mattina di quando era piccolo passate a giocare con la madre nel lettone. E si inbronciò infantile quando questa si spense, il suo cervellino intento a trovare il modo per risentirla di nuovo.

Sei simpatico, piccolino.
Anche se non capisco perché tu abbia chiesto una cosa del genere.


Sei una ninfa, no? Come Alfea la driade che abbiamo incontrato al Labirinto a giugno. - spiega quindi solerte. Lo avrebbe fatto in ogni caso, perché gli piace vantarsi delle stupende avventure che ha vissuto a Hogwarts, però in quel momento si sente ancora più invogliato a farlo, sperando con quel racconto di strappare alla ragazza un'altra risata. - Il guardiano aveva così fretta di partire che ti ha lasciato qui o sei tu che sei scappata?

Chiese di nuovo, con il tono di voce basso, il busto chinato in avanti verso la Serpeverde come se le stesse facendo una domanda segreta e dopotutto se lei era scappata non era il caso di urlarlo a tutti no? Subito dopo aver parlato si rialzò, ascoltando la domanda di lei e negando in automatico, senza doverci pensare neanche un attimo. La reazione della ninfa lo stupì ma invece di allontanarsi come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione si avvicinò a sua volta, pronto quasi ad alzarsi in punta di piedi per poter guardare in quei stupendi occhi da gatta. L'altra lo precedette, abbassandosi al suo livello così Jorge potè gustarsi non tanto il sorriso intimo che, a dodici anni comprendi poco, quanto gli occhi dorati che così tanto stavano colpendo la sua immaginazione.

Puoi dirmelo, se sei stato tu.
Lo capirei, sai? Il brivido di poter fare scherzi piace a tutti...


Io... - balbettò Jorge, non tanto perchè tentava di resisterle - come poteva? - ma perchè tanta era l'urgenza di rispondere sinceramente che non sapeva cosa dire - Si... sono stato io.... ma non l'ho fatto per fare uno scherzo... ma per vendetta.

Confessò quindi, sentendosi più leggero non perchè così la sua coscienza era più pulita ma perchè era sicuro che lei avrebbe premiato la sua sincerità con una bella risata cristallina.

Non c'è gusto a fare scherzi se non ti puoi gustare l'effetto che fa sugli altri...

Precisò subito dopo, non sapeva neanche lui esattamente perchè. Forse non voleva che l'altra pensasse che fosse uno di quei smidollati che fanno danni e poi corrono a nascondersi per non farsi beccare. Lui cercava si di non farsi beccare ma se non poteva vedere con i propri occhi la reazione a uno scherzo non si divertiva. E palesemente lì nei sotterranei non c'era alcun posto in cui avrebbe potuto nascondersi per osservare le serpi snob storcere il loro nasino alla francese di fronte a quello spettacolo disgustoso.
Poi le gli chiese il proprio nome e Jorge le diede un'altra risposta automatica, di quelle che si rifilano alla polizia quando ti becca a fare qualcosa di illegale, esattamente com'era capitato in quel momento, anche se la ragazza non era un poliziotto, o meglio lui ancora non sapeva che era peggio di un poliziotto babbano, era una Prefetta.

Perché?
Ti faccio forse paura?


No no no... - disse immediatamente, le mani tese in avanti come a voler bloccare delle lacrime che lui, nella sua ingenuità di fanciullo, temeva sarebbero scaturite da lì a pochi secondi da quegli occhi diventati immensamente tristi all'improvviso. - Non mi fai paura... come potresti? Sei una ninfa e le ninfe non fanno del male ai bambini.

Continuò cercando con quel riferimento al discorso di prima di tranquillizzare un po' la ragazzina. Istintivamente sollevò una mano e se la ragazza non lo avesse in qualche modo fermato, Jorge avrebbe provato ad accarezzarle delicatamente una guancia per consolarlo, come faceva con lui la madre, l'unica persona la mondo che gli aveva mai dimostrato affetto e comprensione, anche se la sua Capa ci era quasi andata vicino un paio di mesi prima.

O forse non ti vuoi fidare di me...

Ma... - pronto a negare per non vedere più quell'espressione triste su un viso angelico, ma come poteva farlo? E se poi lei capiva che era una bugia e si intristiva ancora di più? Inaccettabile far soffrire così una ninfa - Io non mi fido di nessuno.

La voce del portoghese uscì come un sussurro, triste, abbattuto, come se la tristezza di Melia lo avesse contagiato. Eppure era così, anche se forse aveva un po' estremizzato perchè l'anno precedente aveva imparato a fidarsi di un paio di persone ma in linea di principio il Delfino non si fidava di nessuno a primo impatto.

Io però mi fido, perciò voglio dirtelo. Mi chiamo Melia...

E io sono fregato...

Era questo che avrebbe risposto in qualsiasi altra circostanza perchè le voci al Castello circolano veloci e se lui poteva non prestar ascolto alle descrizione di fisiche dei nuovi Prefetti, i nomi se li mandava a memoria, proprio per evitare casini come quello in cui si era appena andato a cacciare. Anche se la sua mente da bambino faceva fatica ad associare quella ninfa che gli stava davanti con Melia Herbet, la conturbante, ammaliante ed eccitante - così l'avevano descritta alcuni studenti più grande in Sale Grande - nuovissima Prefetta dei Serpeverde.

Jorge... - fu questo quello che invece disse, spostando la manina, se mai si fosse riuscita a posare sulla sua guancia, tra i suoi stupendi capelli biondi. Non provava una particolare attrazione fisica, intesa come attrazione sessuale, quindi non c'era malizia o tentativi di seduzione nei suoi gesti, solo aveva scoperto da poco di avere una sorta di mania per i capelli femminili. Come quindi resistere alla tentazione di giocare, se l'altra glielo permetterà, con quelli di una ninfa? - ... e ora tu mi punirai, vero?

Chiese con voce bassa, titubante, come se avesse paura di intristire ancora di più l'altra. Come era un mistero visto che quello nei guai era lui.
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Messaggioda Melia » 19/09/2012, 15:19

Sei una ninfa, no? Come Alfea la driade che abbiamo incontrato al Labirinto a giugno.
Il guardiano aveva così fretta di partire che ti ha lasciato qui o sei tu che sei scappata?


Sembra una storia interessante... - commentò Melia con voce sincera e carezzevole, inclinando appena il capo e lasciando così scivolare i capelli sulla propria spalla, facendo sì che un piacevolissimo odore di muschio bianco si diffondesse nell'aria - Non so chi sia questo Guardiano ma sì... diciamo che sono scappata.

Rispose alla fine Melia, perché in fondo si poteva anche dire che fosse davvero scappata: scappata dalla prigionia delle quattro mura domestiche, scappata dall'ignoranza del non sapere chi fosse o cosa sapesse fare; una mezza verità insomma, ma tanto il bambino non l'avrebbe mai saputo, troppo rapito dal suo sguardo ora ancor più vicino al suo visto che la Herbert si era abbassata per arrivare alla sua altezza.

Io...
Si... sono stato io.... ma non l'ho fatto per fare uno scherzo... ma per vendetta.


Un lento ma luminoso sorriso si formò sulle labbra della Serpe nel sentire quelle parole, e fu come se il suo sguardo si fosse improvvisamente acceso, rendendo gli occhi dorati ancora più scintillanti, magnetici ed intensi.
La vendetta... oh sì, era una bella parola che esprimeva perfettamente un bel concetto: vendicarsi su qualcuno, averne il potere... non era forse quello che le aveva proposto Zephyr? Quel piccolo Delfino mostrava già i primi segni di un'anima ben più nera di quanto la sua Casata si potesse aspettare.

Non c'è gusto a fare scherzi se non ti puoi gustare l'effetto che fa sugli altri...

Ed è bello avere il controllo, vero?
Sapere di essere padrone della situazione, sicuro che nessuno possa metterti i piedi in testa... prenderti cura delle persone a cui tieni e punire chi fa loro del male....


Commentò Melia, la voce ancora più bassa e complice ora, le parole che come una carezza fredda e tentatrice si volevano insinuare nel suo cuore ed irretirlo, corromperlo fin da piccolo per convincere l'altro a farsi plasmare da lei, dalla sua volontà.
Ma prima doveva riuscire a farsi dire il suo nome, e quale modo migliore per farlo se non ricorrere proprio al suo sguardo e alla tristezza infinita che sapeva trasmettere quando le faceva comodo?

No no no...
Non mi fai paura... come potresti? Sei una ninfa e le ninfe non fanno del male ai bambini.


Non le dispiaceva che il piccoletto la definisse tale, se questo sarebbe servito per raggiungere i suoi scopi: in fondo, i misteriosi uomini che spesso andavano a trovarla a casa la chiamavano "la piccola Dea", quindi perché non accettare anche altri soprannomi oltre a quello?
Si lasciò accarezzare la guancia, che sarebbe risultata fredda per la mano del bambino, e mentre ciò succedeva Melia proseguì nel suo tentativo di convincere il Delfino a dirle il suo nome, il primo passo verso una corruzione ben più profonda e pericolosa, avanzando forse l'ipotesi che lui non avesse fiducia in lei.

Ma...
Io non mi fido di nessuno.


Ti puoi fidare di me...

Sussurrò in risposta la Prefetta, avvolgendo il bambino col calore della sua voce e dimostrandogli poi quanto detto, e cioè che si poteva fidare di lei, presentandosi per prima, pronunciando il suo nome con un tono che solo la più ammaliante delle Sirene sarebbe riuscita ad usare, e che avrebbe sciolto anche un cuore fatto di roccia.
E difatti fu impossibile, per il bambino, resistere a quelle parole, tanto che si ritrovò completamente disarmato ed incapace di rimanere ancora in silenzio.

Jorge...
... e ora tu mi punirai, vero?


L'ammissione del Delfinazzurro venne premiata da Melia con un'altra risata incantevole e delicata, proprio quella che ci si aspetterebbe da una ninfa: scosse il capo mentre gli permetteva di toccarle i capelli, una massa morbida e mossa di colore castano che sarebbe apparsa come pura seta alla mano di lui e che gli avrebbe lasciato tra le dita un avvolgente profumo di muschio bianco, andando poi a prendere la bacchetta dalla tasca dei pantaloni che indossava per puntarla contro la parte sporca.

Gratta e Netta.

Mormorò, facendo così sparire le prove di quel gesto da parte di Jorge per poi tornare a guardarlo dritto negli occhi, con un sorriso dolce e complice, come quello di un'amica o di una sorella più grande.

La vendetta è qualcosa che deve essere pianificato, Jorge, altrimenti non c'è gusto.
Se al posto mio fosse arrivato qualche mio compagno di Casata più grande, non gli sarebbe importato di chiederti se fossi stato tu o meno, ti avrebbe fatto del male senza nemmeno pensarci.


Gli spiegò, ma la voce non era affatto quella di una maestrina o di una persona più grande che vuole per forza insegnare chissà cosa al bambino più piccolo: al contrario, ogni parola pronunciata dalle sue labbra era sentita e delicata, come se si stesse preoccupando per lui; in realtà sapeva bene che, grazie al suo potere, il Delfino avrebbe preso come oro colato - lo stesso dei suoi occhi - tutto ciò che gli avrebbe detto.
E come non farlo, quando forse lei stava andando a stuzzicare la parte più oscura di lui?

Devi essere calcolatore nel vendicarti di qualcuno, facendo sì di poterti godere lo sguardo impotente degli altri con la sicurezza però che nessuno potrebbe darti la colpa per ciò che è successo.
Capisci, piccolino?
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Messaggioda Jorge » 19/09/2012, 19:28

L’aveva paragonata a una delle ninfe del Labirinto, perché questo agli occhi innocenti di Jorge appariva Melia, una bellissima ninfa dall’odore inebriante, che sapeva di pane appena sfornato e acqua di colonia del padre. Non potendo ancora far leva sugli impulsi sessuali del ragazzo, le doti di ammaliatrice della ragazza infatti si concretizzavano in quello che per il bambino aveva più importanza, il calore familiare.

Sembra una storia interessante... Non so chi sia questo Guardiano ma sì... diciamo che sono scappata.

Sgranò gli occhietti celesti, belli si ma totalmente banali se paragonati a quelli dorati dell’altra, a quella risposta e poi si guardò intorno con fare guardingo, un’espressione sul viso seria e concentrata che forse un giorno sarebbe apparsa pericolosa ma che in quel momento era solo buffa, vista l’età del ragazzino. Jorge stava praticamente perlustrando i sotterranei con lo sguardo, perché se la ninfa era scappata voleva dire che da qualche parte c’era qualcuno che la stava cercando e quindi era in potenziale pericolo. E lui, mini cavaliere senza macchia e senza paura era pronto a difendere la piccola e innocente ninfa nella sua beata ingenuità. Irretito dalla risata della Prefetta e incantato dai suoi modi così dolci, Jorge finì per confessare la sua colpa, specificando anche che lo aveva fatto solo per vendetta. Se infatti quel manipolo di serpi snob non lo avesse provocato in Sala Grande lui la Caccabomba l’avrebbe lanciata in giardino contro una panchina. Temeva però con quella confessione che la ninfa scappasse via da lui, inorridita da quel suo comportamento da bambino pestifero e così, quando il viso di Melia venne illuminato da un sorriso, uno uguale ma di minor effetto comparve sul volto del portoghese, gli occhi persi nello sguardo magnetico dell’altra.


Ed è bello avere il controllo, vero?
Sapere di essere padrone della situazione, sicuro che nessuno possa metterti i piedi in testa... prenderti cura delle persone a cui tieni e punire chi fa loro del male....


Oh siiii….

Estasiata. Ecco come suonava la risposta del Delfino, ammaliato non dal tono di voce o dall’aspetto di Melia, ma dal significato delle sue parole. Controllo, forza, determinazione, per lui voleva dire una sola cosa, non dover subire mai più angherie da parte dei ragazzi babbani più grandi che quell’estate l’avevano usato come un punch ball e assicurare ai suoi genitori la vita dignitosa che si meritavano. Non doveva quindi fare molto sforzo Melia per cercare di corrompere il piccolo Delfino, visto che in maniera molto più elementare, il ragazzino aveva già riflettuto su quegli argomenti, giungendo alla conclusione che con la bontà e la disponibilità verso gli altri - caratteristiche della madre – non si andava da nessuna parte. Quell’atmosfera di complicità con la Serpeverde venne interrotta bruscamente dal suo rifiuto di dirle il suo nome e la reazione della ragazza fu tale che Jorge era disposto a tutto pur di far tornare quel sorriso stupendo a illuminarle il viso, anche e soprattutto a fidarsi di lei e dirle tutto quello che voleva, a costo di beccarsi una punizione esemplare che avrebbe fatto dare di matto alla sua CapoCasa.
Ma come pensare a cose brutte come punizioni e ramanzine quando Melia premiava la sua sincerità con quella risata incantevole che lo aveva già rapito prima? Quando gli permetteva di respirare il suo dolce profumo e immergere le sue manine piccole in quella sera morbida che erano i suoi capelli? Si attorcigliò una ciocca di quei capelli intorno a un dito, imitando i gesti che aveva visto fare mille volte nei film babbani strappalacrime che piacevano tanto a sua madre, ma non per seduzione ma perché gli piaceva la sensazione di quei capelli sulla sua pelle.

Posso averli?

Mormorò a bassa voce, titubante, come se stesse chiedendo di fare un sacrificio umano, ma era stato più forte di lui e, vista la condizione in cui l’aveva posto Melia, probabilmente sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa pur di portare nel suo dormitorio quel piccolo trofeo.

Gratta e Netta.

Grazie.

Disse sincero, osservando a bocca aperta il muro e l’arazzo venir ripulito immediatamente dall’incantesimo della Prefetta. Nessuna prova del reato, nessuna punizione, così la sua “fedina penale” di mago rimaneva praticamente intonsa.

La vendetta è qualcosa che deve essere pianificato, Jorge, altrimenti non c'è gusto.
Se al posto mio fosse arrivato qualche mio compagno di Casata più grande, non gli sarebbe importato di chiederti se fossi stato tu o meno, ti avrebbe fatto del male senza nemmeno pensarci.


Pianificare. Qualcosa in cui il Delfino difettava ancora. Non aveva una mente propriamente strategica, come dimostrava il fatto che era trascorso un anno da quando Vastnor gli aveva regalato quella stupenda scacchiera e lui non era riuscito ad andare oltre due semplici e inutili mosse.
Sentendosi ripreso, Jorge abbassò il capo, mortificato per essersi dimostrato di fronte alla sua ninfa così inetto, la mano sinistra che andava a massaggiarsi la gamba sinistra colpita recentemente da un incantesimo pungente. Era piccolo, nato babbano, irriverente e bulletto: la vittima perfetta per qualsiasi serpe più grande di lui.

Devi essere calcolatore nel vendicarti di qualcuno, facendo sì di poterti godere lo sguardo impotente degli altri con la sicurezza però che nessuno potrebbe darti la colpa per ciò che è successo.
Capisci, piccolino?


Annuì, mordendosi il labbro inferiore sempre più mortificato.

L’alibi della Sala Comune dei Tassi era pessima, vero? – chiese quindi senza sollevare lo sguardo intento a riflettere su quanto avrebbe detto subito dopo – Mi puoi insegnare?

Una preghiera la sua, pronunciata a voce bassa, gli occhi fissi sul pavimento.
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Messaggioda Melia » 20/09/2012, 12:13

Oh siiii….

Estasiato, ecco come le sembrò il Delfino nel sentire cosa comprendesse per Melia il concetto di vendetta: e nel vederlo così entusiasta, il sorriso che aveva illuminato il viso della Serpe fino a quel momento si ampliò ulteriormente, facendo scintillare gli occhi dorati dal taglio felino/serpentesco che sarebbero potuti tranquillamente essere usati come fari nella notte, talmente erano in grado di illuminare l'ambiente intorno a loro.
Il modo in cui Jorge aveva reagito alle sue parole fu per la ragazza la conferma che c'era davvero un'anima nera da plasmare, da formare e far crescere nel Male, bisognava solo convincere il bambino a fidarsi ciecamente di lei: fortuna che, coi suoi poteri, la cosa non risultava poi così difficile.
Si lasciò toccare i capelli dal Delfino, permettendogli di affondare le sue manine calde tra quella massa setosa e morbida che profumava di muschio bianco, ed alla sua richiesta - per la gioia del bambino - una piccola risata calda, scampanellante e gioiosa le uscì dalle labbra.

Posso averli?

D'accordo, ma solo se non li mostri a nessuno...

Ecco come si poteva cominciare, con un patto semplice ma chiaro: e se Jorge avesse accettato, Melia avrebbe preso la bacchetta ed usando un banale "Diffindo" si sarebbe tagliata una ciocca di capelli che poi avrebbe consegnato al bambino.

Mi raccomando, conservala bene.

Sussurrò in tono complice, facendogli l'occhiolino mentre gliela porgeva: così, il Delfino avrebbe potuto avere sempre con sé quel ricordo di lei, quell'odore di muschio bianco che mai si sarebbe esaurito, quella morbidezza e quella lucentezza che mai lo sporco o il tempo sarebbero riusciti ad intaccare. Un regalo prezioso, dunque, che si sperava avrebbe permesso ad Jorge di avvicinarsi ulteriormente a lei.
Subito dopo, la Prefetta tornò in posizione eretta e sempre con la bacchetta in mano ripulì velocemente ciò che il bambino aveva fatto, eliminando così ogni prova della sua colpevolezza e soprattutto del suo misfatto.

Grazie.

Prego piccolo.

Ancora un occhiolino in sua direzione, quell'aggettivo con cui lo soprannominava che non voleva essere un modo per sminuirlo, ma anzi veniva pronunciato con un calore così percepibile e complice da sembrare in qualche modo intimo, come se davvero lei si considerasse una sorta di famiglia, per lui: e se avesse deciso di seguire le sue orme, non era escluso che si formasse realmente un legame del genere.

L’alibi della Sala Comune dei Tassi era pessimo, vero?
Mi puoi insegnare?


Si era sentito mortificato, Jorge, quando Melia gli aveva fatto presente i suoi sbagli: d'altronde era ancora un bambino, aveva 12 anni, che altro si sarebbe potuto pretendere? Ma forse con un po' di addestramento, magari anche con l'aiuto di Zephyr... chissà che il Delfino non potesse diventare non solo un alleato prezioso e fedele, ma anche un mago potenzialmente letale.

Non ho mai insegnato a nessuno... ma forse potrei fare un'eccezione, per te... - commentò, picchiettandosi appena l'indice sulle labbra in un gesto di riflessione e calcando l'accento su ogni parola pronunciata, col chiaro intento di farlo sentire speciale, unico, diverso dagli altri al punto da spingerla a fare qualcosa mai fatta prima - Sempre che tu sia pronto a seguire ciò che ti dirò...

Aggiunse, abbassando lentamente lo sguardo su di lui come a volerlo soppesare, come a voler comprendere quale reazione il bambino potesse avere alle sue parole: alla fine, gli allungò la mano come in un invito a volerla stringere, gesto accompagnato ovviamente da un sorriso dolce e dallo scintillìo degli occhi dorati.

Perché intanto non ti lasci riaccompagnare al tuo dormitorio?
Così pensi a quello che ti ho detto e io penso se accettare d'insegnarti.
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Messaggioda Jorge » 20/09/2012, 14:11

Aveva avanzato quella richiesta, che sarebbe suonata assurda alle orecchie di molte, senza troppa convinzione, spinto dalla sensazione di benessere che il contatto con quella consistenza morbida e setosa e quell'odore di muschio bianco gli dava. Era pronto quindi a incassare un rifiuto nello stesso modo in cui stava metabolizzando tutto quello che Melia gli diceva, con un sorrisino ebete su quel visino infantile. Invece la Prefetta lo stupì per l'ennesima volta, facendo riecheggiare nei sotterranei quella sua risata calda e gioiosa, che Jorge avrebbe voluto tanto registrare con un uno di quei registratori babbani per poter riascoltare a piacimento nei momenti tristi,

D'accordo, ma solo se non li mostri a nessuno...

A nessuno, promesso.

Disse con aria seria, come se stesse facendo il giuramento più importante della sua vita. Fece quindi un passetto indietro, una smorfia di sofferenza quando lasciò la presa sui capelli della ragazza, e osservò rapito quel semplice incantesimo redicedere una piccola ciocca.

Mi raccomando, conservala bene.

Tese le manine, un po' tremanti per l'onore che gli stava venendo concesso, e, una volta entrato in possesso di quell'inestimabile tesoro, prima lo portò al nasino per sincerarsi che non avesse perso il suo caratteristico odore e poi lo sistemò con cura, provvisoriamente, tra le pagine del libro di Alchimia che aveva nella borsa.

Certo. Troverò un piccolo scrigno che faccia al caso suo.

La rassicurò con quel tono serio che aveva iniziato a usare in presenza della Serpeverde, per poi ringraziarla del suo aiuto nel far sparire le traccia della sua marachella.

Prego piccolo.

Sorrise, arricciando il naso per la contentezza, sentendosi appellare di nuovo in quel modo, convinto nella sua beata ingenuità che lui sarebbe stato l'unico a cui Melia si sarebbe rivolto in quel modo. Perchè lui era speciale, perchè pendeva letteralmente dalle sue labbra e avrebbe fatto qualsiasi cosa per farla contenta - come praticamente qualsiasi uomo la ragazza incontrava, ma questo lui non lo poteva sapere - e perchè sarebbe stato un ottimo allievo, anche migliore di quello che si era dimostrato essere l'anno precedente a scuola e che gli era valso il premio come uno dei migliori studenti di Hogwarts. E infatti fu quella la proposta che fece alla ragazzina, di insegnargli a diventare più abile nell'arte della vendetta.


Non ho mai insegnato a nessuno... ma forse potrei fare un'eccezione, per te... Sempre che tu sia pronto a seguire ciò che ti dirò...

Farò qualsiasi cosa tu mi dirai di fare - promise il portoghese, sollevando i suoi occhi celesti e affogando in quelli dorati di lei. Era determinato, sicuro di sè, e pronto a fare qualsiasi cosa pur di poter perseguire i propri scopi che, per un bambino di dodici anni si concretizzavano nel vendicarsi delle angherie subite dai ragazzi più grandi.

E lei potrebbe aiutarmi a realizzare il progetto che mi è venuto in mente durante l'ora di Pozioni.

Quel pensiero fu, per così dire, la ciliegina sulla torta, il piccolo tassello mancante per assicurare a Mellia la totale dedizione del Delfino. La ragazza quindi avrebbe potuto cogliere nel suo sguardo la sua determinazione e forse anche uno strano bagliore, conseguenza di quella riflessione personale.

Perché intanto non ti lasci riaccompagnare al tuo dormitorio?
Così pensi a quello che ti ho detto e io penso se accettare d'insegnarti.


Va bene...

Acconsentì, stringendo la manina intorno a quella di Melia e avviandosi verso le scale che lo avrebbero riportato al suo Dormitorio.

[FINE]
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